sabato 19 maggio 2018

In gita

Prima della gita
"Mamma le maestre hanno detto che in gita possiamo portare i telefonini".
"Ah sì, e perché?".
"Per fare le foto".
"Scordati che ti dia un telefonino".
Aria delusa, ma tutto sommato non troppo stupita.
"Comunque se l'obiettivo è fare le foto, ti presto la mia vecchia macchina fotografica".
Un sorriso si riaccende "però mi raccomando trattala bene".
Dopo la gita
"Mamma lo sai, le maestre hanno detto che la prossima volta non ci faranno portare i cellulari".
"Come mai?".
"Perché oggi, al momento della merenda, tutti si sono messi a giocare col telefono".
"Quindi tutti avevano il cellulare?".
"I maschi tutti, tranne me e un mio amico. Un mio compagno aveva il telefono ma senza scheda telefonica".
"E le femmine?".
"Mmmh, alcune avevano il telefono. Comunque lo hanno usato solo per le foto, poi lo hanno messo via".
"E tutti i maschi invece hanno giocato con il telefonino?".
"Mmmh, sì".
"E voi che non l'avevate, che avete fatto?".
"Abbiamo fatto i giochi tradizionali".
"...".
"Ah, a proposito, ho finito lo spazio sulla scheda della macchinetta fotografica".

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venerdì 18 maggio 2018

Canne al vento

Pare proprio di conoscerla quella valle, con le rovine del castello, il ruscello di un azzurro scintillante, le montagne che si stagliano bianche e Nuoro che appare in lontananza. E le canne, le canne che sussurrano a Efix parole rilasciate nel vento, le canne che sono come gli uomini, si piegano davanti alle intemperie della vita, si rialzano. A volte si spezzano.
Canne al vento è il romanzo  più famoso di Grazia Deledda, scrittrice controversa, dalla produzione vastissima ma sulla quale la critica non ha espresso un'opinione unanime.
Eppure è stata una delle prime donne a vincere un premio Nobel per la letteratura e se sulle antologie delle scuole superiori le pagine dedicate (a buona ragione, per carità) a Pirandello, Quasimodo e Montale non si contano, Grazia viene relegata tra gli autori minori e spesso, come nel mio caso, nemmeno studiata.
Sarà per le opinioni della critica, perché la sua opera alla fine è imperniata sulla Sardegna o forse, semplicemente, perché era una donna, per di più di scarsa formazione culturale?
Per rispondere a questi interrogativi e per colmare le mie lacune sulla Deledda e sulla sua isola, ho deciso di immergermi nella storia di Efix, umile e anziano servitore, che ha passato la vita coltivando il poderetto delle sue tre padrone, Ruth, Ester e Noemi. Bersaglio delle battute dei compaesani che non comprendono la fedeltà con cui accudisce le nobildonne decadute, incapaci di retribuirlo adeguatamente, Efix sopporta anche questo fardello con la stessa mansuetudine con cui ha accettato tutte le miserie della sua vita.
Sarà l'arrivo del nipote delle donne, Giacinto, cresciuto lontano dalla famiglia, sul continente, e figlio di una quarta sorella scappata di casa, a riaprire vecchie ferite, a spiegare i misteri di Efix e a scombussolare il monotono tran tran di esistenze condotte su ritmi antichi e immutabili.
Per noi lettori moderni Canne al vento può forse rappresentare un mondo sorpassato e difficile da apprezzare o comprendere, eppure, anche se non conosco la Sardegna, leggerlo mi ha aiutata a comprendere questa terra. La Deledda, poi, è maestra nel rendere perfettamente l'atmosfera rude e assieme dolce dell'isola. Le sue descrizioni sono impregnate di lirismo, sprigionano luce e  bellezza e dipingono un territorio dove religione e credenze, colori e suggestioni si incontrano per dare vita a un mondo a parte rispetto al "continente".
Fatti salvi i capitoli finali, più cupi e difficili da digerire, ho apprezzato molto questo romanzo che mi ha fatto venire una gran voglia di visitare la Sardegna. Ho come l'impressione che nonostante un bel po' di anni siano passati dall'uscita di Canne al vento, sia ancora possibile rintracciarvi quelle atmosfere e quei luoghi protagonisti del romanzo.

Canne al vento, Grazia Deledda, Giunti Demetra

Questo post partecipa al Venerdì del libro di HomeMadeMamma