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mercoledì 14 ottobre 2015

La forma dell'acqua

Non avevo mai letto Camilleri. Non è una rivendicazione d'orgoglio, né una giustificazione, solo un dato di fatto.
E' che io sono sempre stata un po' diffidente per tutto ciò che piace al grande pubblico. Come quando, adolescente, ero l'unica della classe a non portare l'Henri Lloyd. Mi ricordo che ci riversavamo fuori dalla scuola, una fiumana di giacche multicolori rigide come cartapesta, tutte uguali. Tranne la mia. Non lo facevo per snobismo o anticonformismo, solo che ho sempre voluto ciò che piaceva a me, e non ciò che piaceva agli altri. Per questo ho atteso tanto tempo prima di leggere Harry Potter (poi l'ho adorato, però) e per questo, pur avendo visto più di uno sceneggiato di Montalbano e averli trovati carini, ci son voluti anni prima di approdare a uno dei suoi libri.
Son partita dall'inizio, però, da quel La forma dell'acqua, in cui il commissario siculo più famoso d'Italia fa la sua apparizione in maniera diretta e senza troppe presentazioni: "era di Catania (...) e quando voleva capire una cosa la capiva". E' così che troviamo Salvo Montalbano alle prese con la morte di un influente uomo politico locale, una morte per cause naturali ma che, per il contesto in cui è avvenuta, dà adito a perplessità e pettegolezzi a iosa, che, dopotutto, siamo in un paesino del Sud Italia. A farne le spese una vichinga, bionda e spregiudicata, quella Ingrid che ritornerà in altre indagini Montalbanesche, che in quanto bella e straniera è il capro espiatorio perfetto. Ma Montalbano lo sa che all'acqua si può dare qualsiasi forma, e riuscirà a sbrogliare una matassa in cui quello che è, quello che sembra e quel che si vuol far credere, si intrecciano e si confondono per molteplici motivazioni.
No, in questo primo romanzo non sentiremo "Montalbano sono", Camilleri non ci dice se il nostro commissario è calvo, alto o magro. Se è bello o perché tutte le donne cadono ai suoi piedi. Troveremo solo personaggi che parlano, perché La forma dell'acqua è un romanzo di dialoghi, più che di fatti, e i protagonisti danno corpo alla loro personalità muovendosi sotto i nostri occhi.
D'altronde la scrittura di Camilleri è profondamente musicale (ricordo che in un'intervista di qualche anno fa, lo scrittore spiegava che completata una pagina, deve rileggerla ad alta voce per sentire se "suona bene"), pregna di quel dialetto siculo che è stato, tra l'altro, una delle cause che per tanto tempo mi hanno tenuta lontana dai suoi lavori. Devo dire che invece La forma dell'acqua scorre con estrema facilità e basta poco per padroneggiare la lingua di Camilleri come un abitante di Vigàta. Ma è anche vero che, sbirciando in lavori successivi, ho notato che le difficoltà del testo (e del dialetto) aumentano. Vedremo. Che, come capita quando mi ricredo, ho già pronte altre indagini sul comodino.

La forma dell'acqua, Andrea Camilleri, Sellerio editore

2 commenti:

  1. Io ne ho letto qualcuno dei successivi (non molti) e ti posso garantire che la lingua rimane sorprendentemente comprensibile anche se contiene un sacco di parole in "camillerese". Buona lettura!

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    1. Sì, è vero, però l'uso del dialetto aumenta in maniera considerevole rispetto al primo. In ogni caso ho notato che basta solo farci l'abitudine perché, a furia di leggere, il testo "suona" familiare anche al lettore!

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