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mercoledì 27 gennaio 2016

I limiti della maternità

Più o meno cinque anni fa, mentre ero in attesa di mia figlia, i media esaltavano Gianna Nannini che, cinquantenne, incinta anche lei, infrangeva i limiti d'età aprendo nuove prospettive di maternità per tutte le donne.
Per tutte le donne? Suvvia. Ora, ammesso che io a cinquant'anni sia ancora fertile, ammesso, nel caso contrario, che abbia congelato i miei ovociti o, ancora, che ricorra all'ovodonazione, ammesso che nel frattempo la legge consenta alle over 50 di ricorrere alla fecondazione. Ammesse tutte queste cose, insomma, veramente avrei qualche chance di diventare mamma? Diventare mamma in breve tempo, senza dover fare millemila tentativi, senza affidarmi a cliniche di fama mondiale e senza azzerare il mio conto in banca? No perché io, per togliermi un neo che il dermatologo riteneva fosse da asportare, ho devoluto al caro Ssn la bellezza di 250 euro. Non oso immaginare quanto dovrei spendere se mi imbarcassi in un'impresa del genere.
Ma il punto non è solo questo.
Ieri, al termine della giornata, mi sentivo un po' stanchina. Un po' tanto, a dire il vero.
Dopo aver sistemato i bambini e averli portati a scuola. Dopo aver studiato, fatto ginnastica, doccia e preparato da mangiare. Dopo aver ripreso i bambini, averli fatti mangiare, controllato che si lavassero i denti e facessero gli esercizi di inglese, aver mangiato a mia volta e lavato i piatti. Dopo aver aiutato mio figlio coi compiti e portato mia figlia a danza, averla ripresa, fatto il bagno a entrambi, dato una sistemata al bagno, smistato i vestiti da lavare, caricato la lavatrice e steso e infornato la focaccia che, dimenticavo, avevo impastato dopo pranzo. Dopo tutte queste cose, insomma, avvertivo come una sensazione di cedimento muscolare, unita a un desiderio impellente di sfrangermi sul divano. E' stato in quel momento che Gianna mi è venuta in mente, perché ha una bambina dell'età della mia.
Va bene che ha una figlia sola, mi sono detta, va bene che lei è più rock di me e dispone di certo di qualche tata, ma ha anche più di 60 anni, mentre io ne ho 38 e alla nostra età vent'anni in più hanno un certo peso. Allora, come mi sentirei se i figli li avessi fatti dopo i 50 anni? E, soprattutto, come cavolo fa la Gianna nazionale?
Decisamente la maternità over 50 non è per tutte. Sicuramente non lo è per me.

lunedì 11 gennaio 2016

I lavoretti

Non ha la precisione di un Caravaggio o la pennellata luminosa di Monet. Si fa fatica a cercare un nesso, un significato tra i suoi segni sui fogli, ma non ha niente a che vedere con Magritte. I suoi disegni suscitano domande, ma son ben lontani dall'enigmaticità di un Della Francesca. Non hanno nemmeno la gioiosità di Mirò o l'estro inquietante di Picasso, che pure ambiva a dipingere come un bambino.
Che mio figlio non sia portato per il disegno, o meglio che lo detesti del tutto (due lati della stessa medaglia che si alimentano a vicenda), è un fatto che ho accettato da tempo. Credo che una manualità maldestra, supportata da una lateralizzazione tardiva, abbiano contribuito a tale risultato, ma tant'è, nessuno se ne rammarica. Saper disegnare è una capacità bellissima, ma alla fin fine se ne può fare a meno.
Certo, quando a scuola qualche compagna sottolinea la bruttezza dei suoi disegni, un po' ci rimane male (e c'ha ragione, ci rimarrei male anch'io), ma gli ho spiegato che quelle stesse persone che lo prendono  in giro, probabilmente riescono peggio in attività per cui lui è più portato (ok, è vero, conoscendo i soggetti, io già lo immaginavo, ma dovevo dargli un'iniezione di fiducia, e come mamma mi son sentita in diritto di farlo gioire dei difetti altrui) perché nella vita è così, non si può essere bravi in tutto, e ognuno ha i suoi talenti. L'importante è dare il meglio di sé in ciò che si fa.
Ecco, appunto. Ma quando il libro di scuola sembra scritto da Giovanni Mucciaccia e ogni tre per due propone qualche lavoretto da fare a casa, opzione peraltro accolta dalla maestra, il problema potrebbe essere un po' più grave del previsto.
Sin dall'anno scorso, ho sempre cercato di affiancare Ieie in queste situazioni. Volevo limitare i danni (tra cui dita tagliate, pagine di libri incollati e mobili dipinti) e garantirgli un risultato decente, senza farmi prendere da quella sindrome della maestrina che sfocia spesso in un facciottuttoio. Volevo, soprattutto, che il lavoretto parlasse di lui, mostrandone limiti e imperfezioni, che sembrasse, insomma, il frutto del lavoro di un bambino e non di un adulto.
Evidentemente mi sbagliavo.
L'ho capito il giorno in cui portarono a scuola una casetta in cartoncino tridimensionale. Non so perché, ma solo quella di Ieie, con le finestre sghembe disegnate da lui e i contorni ritagliati imprecisi, non sembrava uscita direttamente dalla studio di Renzo Piano. Le altre avevano la facciata a mattoni, perfetti e squadrati, magnifici rampicanti che correvano sul muro, comignoli, persiane intarsiate e chi più ne ha più ne metta.
"Abbiamo fatto il villaggio - mi ha detto Ieie demoralizzato al ritorno da scuola -  la mia casetta è stata messa in ultima fila".
Poi ho visto le maschere di Carnevale ricavate dalle buste del pane esposte nei corridoi della scuola, e là ho avuto la certezza di quel che pensavo. Il nostro (nel senso che io ho avuto l'idea e Ieie l'ha realizzata) pirata con la benda poteva, doveva, reggere il confronto, ma ahimé era miserrimo e triste se rapportato ai pagliacci dalla massa di riccioli colorati, a quelle buste del pane che sembravano appena uscite dalla fabbrica, tant'erano lisce e piatte come se non avessero mai contenuto pane in vita loro.
Eh sì, insomma, quel che ho capito è che o tutti i compagni di Ieie sono figli illegittimi di Mucciaccia, o qualcuno li deve aiutare, e non poco.
Il secondo elemento che mi è balzato agli occhi è che sono una tirchia senza speranza, che va raccattando per casa il materiale necessario ai lavoretti anziché comprarlo nuovo di zecca. A questo, almeno, ho cercato di rimediare. Così adesso abbiamo un cartoncino Bristol rosa, privato di un angolo e una risma di fogli A4 colorati, il cui prezzo di 8 euro (che mio marito ancora mi rinfaccia) non è giustificato dall'uso di quattro, dico quattro, dei cento fogli contenuti. Da tale risma abbiamo recentemente prelevato il foglio blu per fare il pipistrello di Halloween (comprarne un'altra di fogli neri era fuori discussione, bisognava ottimizzare il precedente acquisto) e pare che anche questo abbia generato ilarità tra i compagni.
La verità è che adesso, ogni qual volta che Ieie mi dice che c'è un lavoretto da fare, sento il sudore corrermi lungo la schiena. Non è solo il timore di dover girare per cartolerie a generarlo. E' la paura di non essere all'altezza, perché, sarò incapace, c'avrò poca voglia o sarò troppo ligia a mantenermi al mio posto, ma so che per quanto aiuterò mio figlio, il suo mio lavoretto non reggerà il confronto con quello degli altri.
Un disegno di Ieie a 4 anni. Finalmente riusciva a delineare un volto