martedì 4 giugno 2019

Di cosa parliamo quando parliamo di privacy

All'incirca un anno fa la mia casella di posta elettronica si riempì di mail provenienti da diversi mittenti, ma aventi tutte le stesso oggetto. Era entrata in vigore la nuova normativa sulla privacy e chiunque avesse in archivio i miei dati personali mi chiedeva il consenso al trattamento.
Da allora è stato uno sciorinare firme per la qualunque: da quando rinnovi un contratto a quando fai un'operazione in banca, per non parlare degli odiosi pop up che compaiono all'apertura di una qualsiasi pagina Internet per avvertire dei cookies.
A quanto pare, secondo il Regolamento Ue che ha introdotto queste nuove norme, il trattamento dei dati personali non può più essere illimitato, ma funzionale agli scopi della raccolta e il consenso va richiesto dietro esposizione di informazioni chiare e semplici. Ora, alzi la mano chi si sofferma a leggere ogni volta l'informativa prima di dare il consenso. Io no, mi ci vorrebbe un'altra vita e del resto anche quando te lo chiedono, questo benedetto consenso, nessuno si prodiga più di tanto a spiegarti il perché e il per come, "una firma, è per la privacy" mi ripetono sempre.
Sono certa, comunque, che questa rivoluzione garantirà maggiori tutele, a vantaggio di chi, però, non l'ho ancora capito.
Non troppi giorni or sono ho dato una sbirciata on line alle tariffe di tre compagnie telefoniche. Tempo poche ore e tutte e tre mi hanno contattata per propormi di passare con loro. Poi uno dice la privacy, ma vuoi mettere i miracoli della telepatia?
Sabato, invece, ho usato il tablet di mia madre e la rete wifi di casa dei miei per cercare informazioni su di un libro. Non era un titolo nuovo, tantomeno famoso, almeno per me, e figurarsi la mia sorpresa quando, tornata a casa, mentre col mio smartphone navigavo sulla mia rete wifi, si  è aperto un banner con la copertina del libro di poche ore prima. Be' dai, mi son detta, ci sarà una spiegazione, d'altronde lo smartphone era agganciato alla rete dei miei. Già, ma, insomma, il tablet non era mio, come ha fatto l'"algoritmo" a capire che fossi io l'autrice della googlata? Misteri della privacy.
Come quando mia madre, contattando l'azienda che le fornisce luce e gas per fare l'autolettura, si è sentita chiedere dalla telefonista, ex abrupto, se voleva passare a loro per la fornitura elettrica di un'altra casa, in un'altra località, che risultava intestata a mia madre ma con un'altra azienda.
E quindi la domanda è d'obbligo: a cosa acconsentiamo esattamente quando mettiamo "una firma per la privacy"? A che la nostra privacy venga violata a ogni ora del giorno in maniera importuna e fraudolenta?
Perché per me non è normale essere contatta da persone che si spacciano per i miei fornitori di luce, gas o telefono (a volte in maniera ambigua, altre volte facendo proprio il nome delle aziende) che poi si rivelano lavorare per altre compagnie che cercano di farmi cambiare contratto in maniera truffaldina. Dove sta la privacy in questi casi, e, soprattutto, chi ha fornito loro informazioni su di me? Posso io aver dato il consenso a tutto questo?
Dov'è sta benedetta tutela della privacy che la normativa Ue avrebbe dovuto garantire? Io piuttosto, da tutto questo ho imparato tre cose, tutt'altro che positive.
La prima è che, per quanto cerchi sempre di essere gentile con gli addetti ai call center perché penso svolgano un lavoro ingrato al quale sono spesso costretti loro malgrado, non c'è giustificazione per chi usa la truffa e l'inganno e quindi d'ora in poi mi sentirò autorizzata a mettere da parte gentilezza e rispetto anche con chi magari non ha colpe, poiché i precedenti non sono a loro favore;
la seconda è che questo modo di operare meschino e gretto, alla faccia della privacy, ci ha resi tutti peggiori;
la terza è più che altro un interrogativo: ma non è che quando diamo il nostro consenso per la privacy, più che tutelare noi stessi, acconsentiamo a che gli altri ce la rompano legalmente, questa privacy?

6 commenti:

  1. Io ho l'impressione che con sta cosa della privacy ci vogliano illudere di avere tutto sotto controllo, ma poi è così complicato che alla fine non controlli niente e tutti sanno tutto di te, cose che tra un po' manco tu sai.
    Per la storia del tablet dei tuoi, forse hai fatto la ricerca essendo loggata con il tuo account google? Anche se penso sia difficile visto che non era il tuo tablet.

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    1. Da quel che ricordo, in teoria, molto in teoria, il regolamento prevede delle sanzioni, ma credo che sia rimasto tutto sulla carta. Alla fine, come spesso succede, è una facciata dietro la quale c'è l'impossibilità di regolare una situazione ingarbugliata.
      Per quanto riguarda il tablet io mi sono limitata ad aprire una finestra di ricerca e scrivere il titolo, non credo ci fosse il mio account.

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  2. Nel preciso istante in cui sono nati gli smartphone e, molti anni dopo, i social network, abbiamo smesso ufficialmente di avere una qualsiasi forma di privacy.
    E niente, dovremmo rassegnarci.
    Ma le truffe dei call center mi fanno arrabbiare un sacco.

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    1. Concordo, infatti quel che mi indigna è l'ipocrisia di certi provvedimenti che sanno di vecchia burocrazia.
      Tuttavia sui call center mi chiedo se sia possibile, in una Paese che si dichiara civile, che una persona venga tormentata da chiamate inopportune, insistenti, fraudolente e fatte anche da persone maleducate. Come può essere legale tutto questo?

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  3. Parto dal terzo punto finale: penso anch'io che sia così d'altronde, per restare in tema, quando a volte ti chiedono se vuoi acconsentire ad entrare in una mailing list, questo comporta che ti arriveranno delle mail da quell'indirizzo e non che non riceverai nulla. Così per la Privacy tu acconsenti fino ad un certo punto che le società anche terze ti possano disturbare. Inoltre aggiungiamo che molti soggetti commerciali se ne fregano di rispettare le norme e quindi agiscono in modo vergognosamente selvaggio.

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    1. Vero, verissimo, la domanda è: fino a che punto può spingersi questo sfruttamento dei dati a cui acconsentiamo? C'è un limite oltre il quale non possono andare, oppure tutto è lecito, anche raccogliere dati su di noi per poi usarli per trarci in inganno? E se questo ci venisse detto con chiarezza, saremmo ancora disposti a dare il nostro consenso?

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