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giovedì 27 agosto 2015

Di denti, amicizie, Marte e Venere

Al paesino Ieie ha un'amichetta della sua stessa età con la quale si diverte a giocare. A dire il vero si vedono anche in inverno, poiché non abitiamo distanti, ma con una minore frequenza dovuta alla scuola e ai molteplici impegni di tutti noi. Fatto sta che vanno molto d'accordo e per entrambi passare il tempo insieme è una festa. Sempre che non arrivi qualche amico maschio...
L'altro giorno la mamma della bimba, che per inciso è un'amica di vecchia data, mi ha confessato che la figlia le ha detto con stupore che Ieie, quando c'è P., un loro amichetto comune, "è diverso". Sì, insomma, la trascura.
"E - ho risposto io - dovresti dirle che questa è solo la prima verità che scoprirà sugli uomini. Ne seguiranno molte altre".
A onor del vero, e per dovere di cronaca, anche l'amichetta, con la quale quest'inverno frequentava un corso di basket, durante gli allenamenti lo trascurava a vantaggio della sua amica del cuore. Ma tant'è, lui non se n'è mai fatto un problema. E anche questo dimostra come maschi e femmine siano diversi.


Dopo un paio di giorni poi, sempre la mia amica nonché mamma della bimba, mi ha detto di aver sottoposto la figlia a un piccolo interrogatorio.
"Chi preferisci tra Ieie e G.?", le ha chiesto.
"Ieie", ha risposto lei senza esitazioni.
"E tra Ieie e P?".
"Sempre Ieie".
"E tra Ieie e la Lolla?".
"La Lolla".
Eccola, come la giri e come la volti, lo frega sempre. Non basta che il suo essere più piccola, vezzosa, smorfiosa e ruffianamente affettuosa (e femmina, of course), attiri su di lei tutte le attenzioni. Non basta che sia spuntata come un fungo tra lui e i genitori, i nonni e gli zii e che si appropri indebitamente dei suoi giochi. No. Lei è anche insinuante. Ovunque Ieie poggi il suo piede per primo, che sia un'amicizia, un gioco nuovo (ma anche vecchio), un libro, una chiacchierata con qualcuno, ecco che arriva la Lolla. Prima ficcanasa, poi sgomita per farsi un po' di spazio, quindi lo costringe a condividere e infine s'impossessa della preda lasciandolo a mani vuote.
A volte penso a quanto deve essere difficile avere una sorella come lei.


Martedì, infine, è caduto il terzo dentino, un incisivo superiore, e finalmente si è aperta una finestrella nel sorriso di Ieie, ché le altre volte c'era già un dente nuovo di zecca a sostituire il deciduo. Senonché, lavandosi i denti deve essersi guardato allo specchio perché ha cominciato a piangere. Gli è stato chiesto il motivo. "Sono brutto", ha esclamato tra le lacrime indicando il buco.

Un sorriso sdentato, l'autostima estetica un po' barcollante e le prime incomprensioni con l'altro sesso. Tutte cose che ti fanno capire che tuo figlio sta crescendo.

martedì 25 agosto 2015

Dal barbiere

"Nonna non c'è bisogno che vieni anche tu dal barbiere. Quando finisco posso aspettare il nonno, io non mi annoio, leggo qualcosa. Anche quando vado con papà faccio così, mi guardo i giornali con le automobili".
E così Ieie ieri è andato a tagliarsi i capelli col nonno, come quando era piccino. Solo che al suo arrivo, ha scoperto che il barbiere del paesino non disponeva di riviste.
"Nonno, ma non ci sono giornali?" ha chiesto un po' deluso. Il nonno prontamente ha sollecitato il titolare.
"No bello mio, mi dispiace, non ne abbiamo".
"Nemmeno un libricino?".

Quando me l'hanno raccontato, ho pensato due cose: che mio figlio mi ricorda me da piccola (e anche da grande), e che ho creato un mostro. E sono stata perversamente felice.

sabato 22 agosto 2015

Amarcord

Accade che dopo un numero imprecisato di anni che hai paura a contare ché il numero a due cifre che cresce ti fa impressione, ti ritrovi a giocare a beach volley con gli amici di una vita. Non nel solito campetto dove un tempo trascorrevate gli spensierati pomeriggi estivi dell'adolescenza, e dove da anni ormai non montate più la rete, non per colpa dei bambini (stavolta), ma per motivi che nemmeno più ricordi (il lavoro? le vacanze più corte? le ferie in periodi diversi? o il porto che, chiudendo la spiaggia alle mareggiate, ha fatto sì che vi crescesse una foresta selvatica?), ma in una struttura a noleggio.
Accade che di tanti che eravate, solo alcuni rispondono all'appello poiché gli altri si sentono troppo vecchi per rinverdire i fasti del tempo che fu. Così con uno sparuto gruppo di amici, rinforzato da qualche coniuge sopraggiunto negli anni, ti lanci, è proprio il caso di dirlo, nell'avventura. E' solo un'ora, e vola via veloce, ma sul corpo lascia i segni di un intero campionato di serie A perché sì, i temerari avevano ragione, non siamo più quelli di un tempo, e il polso che ti duole per due giorni ne è la prova.
Però quell'ora di gioco, che entusiasmo!
E poi, rifare una cosa che non facevi da quando eri giovane, e rifarla esattamente come allora, ti fa capire quanto sei cresciuta, e cambiata. E, nell'ordine, ti accorgi
a) di muscoli del tuo corpo che avevi dimenticato di avere;
b) che la mente arriva alla palla, il corpo un po' meno;
c) che il tuo cuore non aveva mai avuto una frequenza così alta, nemmeno quando t'innamoravi;
d) che ci sono cose che un tempo non avresti avuto il coraggio di dire, e adesso lo fai, senza remore;
e) che sei un'adulta, perché, pur trovandoti nella stessa situazione di quando eri ragazza, vedi tutto in una prospettiva diversa.
E che ci sono amicizie che possono durare una vita.
Poi, finita la partita, raggiungi i tuoi figli alla Lega Navale del paesino, dove è in corso una festa per bambini.
E anche questo ti fa pensare. Perché in quella Lega Navale ci sei cresciuta. E' lì che hai conosciuto gran parte dei tuoi amici che hai appena lasciato, lì trascorrevi le mattinate di mare, i pomeriggi dell'infanzia a giocare a nascondino o strega comanda colori e le prime serate fuori casa da sola a raccontare barzellette e a fare il gioco della bottiglia. Poi il porto ha eliminato lo scalo per canoe e vele, ha ridotto i posti barca disponibili per i soci, ha cancellato la discesa a mare. Così, svuotata di senso e di iscritti, la Lega si è ridotta a un circolo serale per adulti di mezza età. Le giovani famiglie sono rimaste senza un posto comodo per andare a mare, senza un punto di aggregazione per le nuove generazioni.
Eppure, alla festa, t'imbatti in una cinquantina di pargoli, da 0 a 10 anni e pensi: ma dov'erano fino a oggi? Alcuni li conosci bene, altri scopri con sorpresa essere i figli di amici che hai perso di vista. Altri ancora non li hai mai visti, ma un dettaglio (un taglio degli occhi, una frangetta) ti fa capire subito chi sono i loro genitori, adulti che sono stati bambini insieme a te. 
E pensi che il cemento non si è mangiato solo il mare, la costa e i fondali con la loro flora e fauna.
S'è mangiato anche i legami umani.
La spiaggia dove giocavamo tanti anni fa
La spiaggia com'è oggi

mercoledì 12 agosto 2015

Via col vento

Non sono per i romanzi d'amore. Non che non mi piacciano, ma credo creino assuefazione e, in più, portano a una visione distorta della vita. Alla fine di queste storie, infatti, ti rimane sempre un senso di inadeguatezza, - perché a me non succede mai, ti chiedi (ma neanche alla tua amica, alla collega d'ufficio o alla vicina di casa, eh) di incontrare uno bello e impossibile che perde la brocca per me al punto da arrampicarsi sui ponti come Manolo, ghiacciarsi nel mare o scalare una scala antincendio a Los Angeles? - del tutto ingiustificato, come se dopo aver letto Harry Potter rimpiangessi di non essere andato a studiare a Hogwarts.
Invece amo i classici della letteratura perché raramente tradiscono (le aspettative) e raccontano storie senza tempo che lasciano il segno.
Via col vento, di Margaret Mitchell, è appunto un classicone che molti, me per prima, conoscono per aver visto l'omonimo film con Vivian Leigh e Clark Gable. Da tempo mi ero proposta di leggere il libro, solo ora l'ho fatto e, dopo aver consumato rapidamente le sue 1.100 pagine mi sono chiesta perché ho aspettato tanto. L'ho trovato appassionante, avvincente, interessante, una storia d'amore, ma non solo e non tanto, perché il tema d'amore è diluito all'interno del racconto storico e della saga familiare e la scena è retta da una serie di personaggi che danno spessore a un racconto vivo e palpitante. 
La trama è abbastanza nota. Rossella O'Hara, giovane rampolla di una ricca famiglia di piantatori di cotone della Georgia, è bella, egoista e spregiudicata. Non si fa remore, con la sua civetteria, a mietere cuori fra i giovanotti della contea, solo per il gusto di vederli cadere ai suoi piedi. L'unico che le interessi veramente, Ashley Wilkes, è però destinato a sposare l'insignificante Melania, sebbene Rossella, che sa di essere da lui riamata, non voglia arrendersi a questo matrimonio. Lo scoppio improvviso della guerra di secessione getta nello scompiglio il loro mondo fatto di abbondanza, feste e balli. Rossella si ritroverà sposata a Carlo, un uomo che non ama e che ben presto morirà. Ad Atlanta, dove dovrà convivere proprio con Melania, passerà dall'illusione della vittoria del Sud, alle tragedie della sconfitta. La guerra, la fame, la disperazione, induriranno il suo cuore e accentueranno il suo egoismo, al punto che, pur di risalire la china, Rossella non guarderà in faccia a niente e a nessuno, mettendo a tacere la coscienza con la famosa frase "ci penserò domani".
Negli alti e bassi della sua vita, fa capolino Rhett Butler, l'uomo dagli occhi neri e dal sorriso cinico, audace, sardonico, spudorato, esuberante, malizioso e malfido. Un avventuriero che con le sue frecciatine è l'unico a leggere nel cuore di Rossella e a saperle tenere testa. Il personaggio è finemente cesellato dalla Mitchell che, attraverso sguardi sapientemente descritti e dialoghi magistrali, crea un perfetto mascalzone rubacuori (insomma datemi un Rhett Butler e vi solleverò il mondo) e punteggia il romanzo con una storia d'amore che in realtà si dispiegherà solo nella parte finale del libro, riuscendo ad essere appassionante ma non scontata, con un fitto sottotesto psicologico.
La bravura della Mitchell sta nell'aver saputo costruire personaggi credibili, nell'aver dato loro un'anima e averteli fatti amare, anche contro la tua volontà. Perché, diciamoci la verità, nella realtà a una come Rossella come minimo le strapperesti i capelli, e invece sei lì a fare il tifo per lei nonostante non se lo meriti proprio. E dopo esserti chiesta per pagine e pagine 'Ma che ci troverà in quello scipito di Ashley?', ecco che alla fine ti appare pure il primo amore, tuo o di qualche amica, quello su cui spesso ci si fissa contro ogni logica (nel senso che tutte ti avevano avvisato dell'abbaglio, ma solo tu continuavi a non vedere la realtà) e che qualche donna, dopo anni, continua a conservare nel cuore rivestendolo dell'ideale dell'uomo (e dell'amore) perfetto.
Molto bella è infine la ricostruzione storica della guerra che offre un punto di vista diverso al riguardo, mettendo in crisi le quattro nozioni che di solito impariamo sui libri di scuola. Il conflitto è visto dalla parte dei Confederati sconfitti e il racconto fa riflettere su come spesso vincitori e vinti siano fatti delle stesse meschinità. Anche lo schiavismo viene trattato fuori dai soliti luoghi comuni e dalla trama si intuisce come mai, dopo una guerra vittoriosa nata per liberare i neri, ci sia stato quasi un secolo di segregazione razziale.
Che dire altro? Via col vento è stato una vera sorpresa, uno dei libri più belli che ho letto negli ultimi tempi, di quelli che ti fanno fare pace con la letteratura. Io avrei voluto che non finisse mai e posso solo invidiare chi ancora deve leggerlo. Anche se gli consiglieri di non aspettare troppo.


Via col vento di Margaret Mitchell, Oscar Mondadori, trad. Di Ada Salvatore ed Enrico Piceni

lunedì 10 agosto 2015

Cugini

Una sera d'estate di circa un anno fa, a poche settimane dal matrimonio della zia. Su di un dondolo affacciato sul mare e illuminato da una grande luna, Ieie a colloquio con la nonna paterna.
"Nonna, ma io so che quando due si sposano, poi arrivano i bambini".
"Eh, speriamo!".
"..."
"..."
"Bè, ma poi se lo tengono loro*, eh, che qui ci siamo già noi**!".


Per me, figlia unica, le mie cugine sono state come sorelle.  A parte per la più piccola, del cui arrivo ho un vago ricordo, delle altre non rammento una fase in cui 'non c'erano'. Per me ci sono sempre state. E con loro, a parte i ragazzi, ho condiviso tutto. Le estati a mare al paesino, tutte insieme a casa della nonna, la loro compagnia nei sabati e nei pomeriggi invernali, in città, a casa della nonna.
Ci siamo spartite i pasti, il sonno, le amicizie, i viaggi, le confidenze, i vestiti dismessi che le nostre mamme si passavano l'un l'altra e persino i libri usati, poiché frequentavamo la stessa scuola.
Non ho avuto sorelle, ma ho avuto loro, e non sono state un contentino.


Domani, nel pomeriggio, nascerà il primo cuginetto di Ieie e della Lolla. So che ci sarà una differenza d'età maggiore di quella esistente tra me e le mie cugine, e che loro non son figli unici, ma spero comunque che questo nuovo legame li arricchisca come è stato per me,
A dispetto di quel che diceva Ieie un anno fa, la pancia che è cresciuta davanti ai loro occhi, i racconti di quel che faceva il cuginetto al suo interno e le 'foto del bimbo che sta sempre con gli occhi chiusi' che hanno visto, hanno suscitato stupore e attesa e adesso i due non stanno più nella pelle.
Forse ci sarà un'iniziale gelosia dovuta al calo di attenzioni, ma con un po' di accortezze spero che colgano solo gli aspetti positivi dell'ingresso di una nuova personcina nella loro giovane vita.
Perché domani non nasceranno solo un bebè, una mamma o un papà. Nasceranno anche due cuginetti.



*la zia e lo zio
**Ieie e la Lolla

domenica 9 agosto 2015

Sroria da 4 euro

Un po ' di anni fa, a Roma, andai a vedere uno spettacolo di Enrico Montesano dal titolo Beati voi! Fra una battuta e l'altra il comico parlò dei furbi, malapiaga d'Italia, ed elogiò i poveri fessi perché "se non ci fossero i fessi, i furbi a chi farebbero fessi?".

Qualche settimana fa il mio operatore di telefonia mobile, uno dei più longevi del nostro Paese, mi ha tolto 4 euro di credito. Ora. Io ho un abbonamento che si rinnova ogni 30 giorni a 10 euro e comprende telefonate, Sms e 1 giga di Internet. Raramente, in quasi due anni, ho superato la mia soglia traffico (forse un paio di volte in tutto), per cui non riuscivo a capacitarmi di questi 4 euro che, per altro, non mi erano stati addebitati con un messaggio, ma dei quali mi sono accorta dopo aver fatto il riepilogo del credito residuo. Così, tramite Internet, sono andata a consultare i miei dati personali per visualizzare il dettaglio del traffico. La pagina non si caricava.
Ieri ci ho riprovato e finalmente ho scoperto che i 4 euro mi erano stati addebitati nottetempo per il traffico Internet con la dicitura New flat day free. Ora, vai a capire che è sta roba. Chiamo il servizio clienti della compagnia telefonica, ben sapendo, per altri precedenti, che non avrei potuto parlare con un operatore. Ho selezionato tutti i numeri e le opzioni previste, configurazione cellulare, credito residuo, financo assistenza commerciale a costo di sentirmi propinare le loro offerte, ma niente, in nessun caso mi è stato proposto di parlare con un operatore (ho tralasciato solo 'blocco Sim in seguito a smarrimento o furto', un tentativo troppo estremo per la mia coscienza così ligia alle regole).
E niente, alla fine ci siamo messi in macchina per raggiungere il centro assistenza più vicino, dato che al paesino, dove fino a tre anni fa gli smartphone non riuscivano a connettersi a Internet, non ce n'è nemmeno uno.
Il tipo del negozio ascolta la mia storia, formula un'ipotesi e poi prova a chiamare il servizio clienti dal mio cellulare. Anche lui prova tutti i numeri, fa anche delle combinazioni strane di 3333 seguiti da # (un codice segreto noto solo ai centri assistenza?) e alla fine prende il telefono fisso del negozio e, non so come, riesce a parlare con un operatore.
Per farla breve, questi mi spiega che alla mezzanotte in cui dovrebbe scattare il rinnovo mensile del mio abbonamento, sono momentaneamente scoperta da Internet fino alle quattro del mattino. Per cui se malauguratamente mi connetto, o semplicemente ricevo mail o messaggi whatsapp in quell'orario, mi addebitano un costo Internet a parte. 
Ovviamente, quando scelsi il piano telefonico nessuno si premunì di avvisarmi, né su Internet, guardando il mio piano tariffario, c'è un qualsiasi accenno a 'sta storia. Evidentemente sono stata molto fortunata perché, in quasi due anni, alla mezzanotte del rinnovo non mi era mai capitato niente del genere. Per evitare il ripetersi della truf, dell'inconveniente in futuro, l'operatore mi consiglia di disconnettermi da Internet la sera in cui è previsto il rinnovo. A saperlo, dico io, ogni mese mi devo fare i conti perché, essendo previsto ogni 30 giorni, non cade mai nella stessa data.
"A luglio il rinnovo è stato il 21, ad agosto sarà tra il 19 e il 20" quasi a dire, poi per il resto so ***zi tuoi.
"Ehm - ribatto - ma a me il messaggio del rinnovo me l'avete mandato il 22" come per dire, qui non c'è certezza di niente.
"Eh sì, perché il messaggio arriva nelle 24 ore successive". Appunto.
L'operatore mi ha salutata dicendo di aver segnalato il problema e che, ai piani alti della cara compagnia, stabiliranno se ho diritto a un rimborso. Se, va be.


E' che a me mi pare che in Italia, nonostante il proliferare di (costose) Agenzie e Authority che dovrebbero tutelarci, siamo ostaggio di pratiche truffaldine e disoneste operate da grandi e piccole compagnie, nell'indifferenza generale e, soprattutto, degli organi dello Stato pagati per difenderci.
Montesano c'aveva ragione, c'è una bella fetta del Paese che ci campa, sulle spalle di noi fessi. Io, impotente che sono, posso solo augurare ai furbi che mi hanno fregato 4 euro, e a tutti gli altri che ne intascano anche di più, di essere costretti a spenderseli in loperamide cloridrato.

sabato 8 agosto 2015

Principessa

L'altra sera a un certo punto tu e un'amichetta più piccola di te, vi siete abbracciate. Non so chi abbia stretto l'altra per prima, se tu, la piccina di appena un anno o se sia stato un gesto di entrambe. Fatto sta che noi adulti abbiam tirato fuori gli smartphone per immortalare il gesto e al grido di "checcarine" vi invitavamo a non muovervi.
Anch'io ho fatto le mie foto, venute male perché troppo di sbieco rispetto a voi, eppure nel rimirarle ho avuto un tuffo al cuore. Ti ho vista, con i capelli che ti ricadevano sugli occhi dallo sguardo un po' contrariato, forse perché costretta in quell'abbraccio che ormai aveva perso la sua spontaneità, e il mento che, inquadrato di tre quarti, sembrava allungarsi abbandonando le forme rotonde dell'infanzia. E d'un tratto è stato come se ti avessi osservata con altri occhi, come se io non fossi più la tua mamma, ma un'estranea pronta a coglierti in un'altra luce. E così a dispetto dei tuoi quattro anni e della voce da cartone animato, in quella foto ho avuto una rivelazione, un presagio, un'anticipazione di quello che sarai. Mi è sembrato di vederti tra qualche anno, le spalle strette nel fisico segaligno, i capelli lunghi e scarmigliati, non per qualche nuova moda ma perché c'è sempre una fase selvaggia che fa seguito ai premurosi spazzolamenti materni, il visino allungato in cui luccicano due occhioni imbronciati, perché a una certa età essere scontrosi è normale, lo so perché ci sono passata anch'io e dopotutto, nonostante il tuo perenne sorriso, sei pur sempre mia figlia. Ti ho visto e mi sei sembrata bella. Bellissima. Ho visto la crisalide, il bocciolo della donna che diventerai e davanti a questa fugace anteprima, seppur felice, è stato come se il mio cuore percosso andasse in frantumi.

venerdì 7 agosto 2015

Il subacqueo

Al paesino l'acqua è alta. Non solo perché qui i fondali diventano subito profondi, ma soprattutto perché essendo di roccia, l'unico modo per evitare di prendersi un riccio di mare sotto i piedi, è spingersi dove non si tocca. Ok, questo era vero soprattutto in passato, oggi i ricci scarseggiano, ma forse sarà stato per questo che noi cuginette abbiamo imparato presto a nuotare, e per nuotare intendo né ciambelle, né braccioli, né altri supporti. Solo noi e il mare. E un costume da bagno, of course. Ogni "nuova" cugina imparava a destreggiarsi tra le onde, prima di quella che l'aveva preceduta. Sarà per questo che la più giovane di noi quattro è anche la più brava a immergersi.
Comunque, per me, che i miei figli imparassero a nuotare come la loro mamma, senza passare per piscine, corsi e così via, ma solo grazie al mare del paesino, è sempre stato un punto d'onore. E invece Ieie e la Lolla si son mostrati da subito un po' frenati, un po' timorosi davanti all'acqua. L'anno scorso la Lolla, buttatasi con troppo entusiasmo in mare il primo giorno di vacanza, e andata giù sotto un cavallone, non volle farsi il bagno per quasi metà vacanza. Anche il piccolo Ieie guardava quella massa blu con diffidenza, preferendo arrostirsi al sole piuttosto che tuffarvicisi. Col tempo, per fortuna, le cose sono migliorate. La diffidenza è rimasta e l'acqua in faccia, specie per la Lolla, rappresenta ancora uno spauracchio, ma i passi avanti ci sono stati.
Quest'anno Ieie ha abbandonato definitivamente i braccioli, ma senza pinne continua a nuotare contratto come in preda a un attacco di artrosi, il che gli impedisce di rimanere per bene a galla, la testa che emerge con difficoltà. Con le pinne, e la maschera, è un altro bambino. Mantiene la posizione orizzontale, mena qualche bracciata e oggi, bé oggi in quattro e quattr'otto, ha imparato ad andare sott'acqua.
Ha sempre guardato le mie capriole e le mie "immersioni" (per carità non sono Pellizzari, quando vado giù di un metro è pure troppo) con gli occhi sgranati, chiedendomi come facessi. Oggi si è spinto più in là. Ha voluto osservarmi con la maschera mentre mi immergevo, mi ha chiesto istruzioni, ha accettato di andare sott'acqua guidato dalle mie mani che prima lo hanno spinto verso il basso e poi lo hanno fatto risalire. Normalmente, dopo questi esperimenti, si riserva di ripeterli per molto tempo. Invece, dopo il primo tentativo ha voluto continuare da solo. Testa in acqua, spinta di piedi, sedere in su e poi sotto, fino a risalire. Una, due, tre volte, all'infinito. Ha abbozzato anche alcune capriole. Ogni volta riemergeva sorridente, soddisfatto per non aver bevuto, divertito, sempre più a suo agio. E che dire, son rimasta a bocca aperta, fuori dall'acqua, eh, che se no bevevo.
Ora, magari non sa stare a galla, ma almeno adesso so che se Ieie andrà giù riuscirà a nuotare!

lunedì 3 agosto 2015

The year I met you

Un quartiere, una strada, il vicinato, una casa, un giardino come metafora della vita. Come scenario e simbolo del cambiamento, obbligato e necessario, quando tutto quello che credevi essere il tuo mondo a un tratto non c'è più.
The year I met you, l'ultimo romanzo di Cecelia Ahern, ci fa conoscere Jasmine, trentenne di successo la cui vita è scandita febbrilmente dal lavoro. La sua routine collaudata si spezza quando la società che ha contribuito a fondare decide di licenziarla costringendola, come previsto dalle clausole contrattuali, a prendersi un anno sabbatico prima di poter cercare un nuovo impiego. Per Jasmine, abituata a gestire il tempo in base agli appuntamenti lavorativi e a inserire ogni altro impegno negli interstizi rimasti, trovarsi improvvisamente a casa, senza niente da fare, diventa un incubo a occhi aperti, ma talmente aperti..che non riesce nemmeno più a dormire e si ritrova spesso a sbirciare dalla finestra le vite dei vicini e in particolare di Matt, odiato dirimpettaio, che con le sue notti brave tiene in subbuglio tutta la strada.
D'improvviso il microcosmo che la circonda, totalmente ignorato per anni, diventa un palcoscenico che la distrae e allo stesso tempo la aiuta a dare un nuovo senso alla sua esistenza, partendo proprio dal giardino di casa, che Jasmine aveva fatto ricoprire da una più pratica pavimentazione, che diventerà un laboratorio per dare sfogo alle energie represse, un pensatoio per liberare la mente fino a tornare a rifiorire di nuova vita. E anche la vita di Jasmine prenderà strade mai battute e le sue giornate, e notti, si intrecceranno con quelle dei vicini e in particolare di Matt, che con lei si troverà a condividere un comune destino.
Come molti romanzi di Cecelia Ahern, anche The year I met you pone la protagonista di fronte a un cambiamento imprevisto. Che sia la morte prematura del marito in P.S. I love you (da cui è stato tratto l'omonimo film con Hillary Swank, Gerald Butler e Jeffrey Dean Morgan), le giravolte della vita in Love, Rosie o uno sbaglio sul lavoro come in I cento nomi, i personaggi della Ahern si trovano a fare i conti con i propri errori, a esaminare la propria vita e a esaminarsi fino ad abbracciare il cambiamento come passaggio obbligato per stare bene con se stesse. Il tutto attraverso trame originali, a volte bizzarre, per giungere a un finale lieto ma non prevedibile, con le protagoniste che dovranno cercare e perseguire la felicità giorno per giorno.
The year I met you è una letture fresca, adatta all'estate. Purtroppo da quel che ho capito non è stato ancora tradotto in italiano come altre opere della Ahern, ma è comunque godibile in lingua originale anche per chi, come me, non è esattamente un madrelingua inglese. In quel caso, diventerà anche un ottimo modo per esercitarsi!

sabato 1 agosto 2015

Lavori in corso

È il primo agosto, e qui al paesino c'è ancora un silenzio irreale, da fine estate, al punto che il vento che mugghia nella baia e fa tintinnare le drizze delle barche a vela è l'unico rumore di sottofondo. Sarà perché, negli ultimi anni, le vacanze si sono concentrate in un periodo sempre più ristretto. Ai miei tempi (sigh) era il mese di agosto il clou della stagione, quello che attirava folle di vacanzieri. Oggi bisogna aspettare ferragosto per vedere il movimento, o meglio il marasma che, all'improvviso, spezza la tranquillità e ci traghetta per dieci giorni in un girone dantesco di caos, gas di scarico, motoscafi rombanti e liti per i parcheggi.
Che si sappia: io non sono per nulla scontenta di questa tranquillità. Per la prima volta da non ricordo quando, non ho perso nemmeno una notte di sonno a causa della musica a tutto volume proveniente dai locali che si affacciano sulla baia (ma ne ho perse molte altre a causa del caldo stratosferico), tutto questo, però, avalla la politica locale dei lavori a estate inoltrata.
Sì perché da un po' di anni al paesino va di moda fare i lavori pubblici a estate avanzata, e non parlo di interventi urgenti dell'ultim'ora, ma di progetti programmabili che però, vai a capire perché, il Comune e il porto in primis si ricordano di realizzare quando luglio segna il primo giro di boa. Forse per farci vedere che si danno da fare, dico io.
Fatto sta che due anni fa è stato il periodo della dragaggio sabbia. La chiatta San Martino, stazionata all'imboccatura del porto, sbuffando e chincagliando tirava su vagonate di sabbia che un bel tubo nero, attraversando il tratto di costa balneabile, depositava nell'unica spiaggia sabbiosa della marina. Finalmente l'arenile veniva rimpolpato con la sabbia! gioì il Comune. Bello, bellissimo, peccato che fossimo a cavallo tra luglio e agosto e i bagnanti rimasero senza lido per un po', senza parlare della puzza che la sabbia tirata su dal fondale portava con sé (avete presente?).
Nel 2009, il primo anno di Ieie al paesino, fu la volta delle ruspe sotto casa per costruire alcune banchine del porto. Erano i primi di agosto, il bambino aveva sette mesi e da poco aveva preso a dormire la notte, ed ecco che alle sette del mattino partiva il concerto delle macchine movimento terra. Chi scavava, chi martellava i piloni metallici per fissarli negli scogli. Fu in quell'estate che realizzai che il sonno non sarebbe più stato un mio caro amico.
7 agosto 2009

24 luglio 2009
Quest'anno la chiatta San Martino, sempre lei, ci ha dilettato con la posa dei frangiflutti, anche detti treppiedi, ovvero solidi geometrici in cemento armato che hanno il compito di proteggere il molo dalle mareggiate che ogni anno danneggiano il porto ora qui ora là. Le ultime settimane di luglio sono state così allietate dal rombo della chiatta che caricava sferragliando i frangiflutti a bordo per poi scaricarli in vari punti, esterni e interni, del porto. 'Na goduria. Accompagnamento: alcune ruspe, che, con le loro melodie, lavoravano sul molo a non-si-capisce-bene-cosa.
La chicca di quest'anno, però, è stato il parco giochi per i bambini. Intorno al 20 di luglio ruspe solerti hanno iniziato a scavare intorno alle giostre per eliminare la scomoda ghiaia che sta lì da almeno sei anni (per quel che ricordo io, eh, che prima di Ieie mica ci andavo al parco giochi) e sostituirla, udite udite, col prato.
Ora. A parte che 'sto lavoro ha richiesto dieci giorni in cui il parchetto è stato chiuso. A parte che mi chiedo cosa rimarrà del prato se tutti ci camminano sopra, se, essendo vicino al mare, l'inverno sarà spruzzato dalle mareggiate, e se, esperimenti analoghi fatti nelle vicinanze con aiuole e alberi si son conclusi con il disseccamento degli stessi. Ma soprattutto mi chiedo: perché a fine luglio?
I beneinformati sostengono che i lavori all'ultimo minuto sono la conseguenza di una denuncia che una famiglia straniera ha fatto contro il Comune, dopo che il figlio si è scorticato sulla brecciolina, e ci sta, ché qui in Italia mica li facciamo i lavori, se prima non ci scappa il morto. Però mi domando se non ci fosse una soluzione più pratica, tipo l’ormai diffuso pavimento anti shock che non richiede irrigazione né potatura. No perché, secondo me, mica ci hanno pensato che col caldo l'erba cresce a vista d'occhio.
29 luglio 2015, il parchetto terminato aspetta la riapertura