Nel 1960 a Oriana Fallaci, giornalista dell'Europeo, viene proposto un reportage sulla condizione delle donne nel mondo. In un primo momento rifiuta, la cosa la mette a disagio poiché "le donne non sono una fauna speciale" e non capisce perché "debbano costituire, specialmente sui giornali, un argomento a parte: come lo sport, la politica e il bollettino meteorologico". Sarà un incontro con una sua conoscente, giovane, carina e di successo, ma profondamente infelice e convinta che quello femminile sia il sesso inutile, la stessa che ispirerà il personaggio di Giovanna in Penelope alla guerra, a farla ritornare sui suoi passi.
Mi venne in mente che i problemi fondamentali degli uomini nascono da questioni economiche, razziali, sociali, ma i problemi fondamentali delle donne nascono anche e soprattutto da questo: il fatto d'essere donne.
E' l'origine de Il sesso inutile, un reportage le cui tappe sono le stesse di Phileas Fogg ne Il giro del mondo in 80 giorni, e che tocca quindi diversi Paesi asiatici (Pakistan, India, Malesia, Cina e Giappone) le Hawaii e gli Stati Uniti. Il resoconto lascia scoperta una buona fetta di mondo, ma investe Paesi percorsi da venti di cambiamento: l'India post Gandhi, la Cina di Mao e il Giappone ricostruito sotto l'egida del generale Mc Arthur. Anche per questo molte situazioni parrebbero oggi già superate e nel lettore resta il dubbio su quale sia, attualmente, la condizione della donna in quei contesti. Il libro tuttavia, oltre ad essere un ulteriore esempio dell'acume e della capacità di analisi della Fallaci, mai banale nelle sue osservazioni, ci illumina sul passato di molti popoli e, si sa, la storia è essenziale per comprendere il presente,
Il concetto del matrimonio come contratto sociale anziché come atto d'amore è un concetto asiatico che resiste da millenni sull'intero continente e che gli europei comprendono poco.
e ci presenta cambiamenti le cui conseguenze possiamo individuare nelle nostre società. Basti pensare a quell'omologazione che aveva investito, fino a far perdere loro ogni peculiarità, le isole hawaiane e che rappresenta i primordi dell'odierna globalizzazione. O quella corsa alla limitazione delle nascite che faceva giubilare il Giappone perché finalmente, nel 1957, la percentuale delle morti era pari alle nascite.
C'è spazio anche per la condizione della donna nell'Islam, un tema che, all'epoca, non si immaginava sarebbe divenuto di scottante attualità.
C'è molto sole sui Paesi dell'Islam: un sole bianco, violento, che accieca. Ma le donne mussulmane non lo vedono mai: i loro occhi sono abituati all'ombra. Dal buio del ventre materno esse passano al buio della casa paterna, da questa al buio della casa coniugale, da questa al buio della tomba. (...)Sono dunque le donne più infelici del mondo, queste donne col velo, e il paradosso è che spesso non sanno di esserlo perché non sanno ciò che esiste al di là del lenzuolo che le imprigiona.
Ma, in definitiva, c'è qualcosa che accomuna le donne a qualsiasi latitudine vivano? Un aspetto c'è, e la Fallaci ce lo rivela, come un'illuminazione, nel finale, mentre discorre con un'annoiata newyorkese, il prototipo della donna realizzata. E' una conclusione amara, spiazzante, che pone a ognuna di noi più di un interrogativo.
Ma questo è un capitolo a parte. E prima di affrontarlo, la lettura del libro è ampiamente consigliata.
Oriana Fallaci, Il sesso inutile, Bur
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