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venerdì 7 dicembre 2018

Natale senza Natale

Anche per queste festività, come ogni anno, i bambini stanno preparando con la scuola i canti natalizi che verranno proposti ai genitori la mattina dell'ultimo giorno prima delle vacanze.
Ora, non è che queste canzoni in genere parlino tanto di nascita, presepe, né di Gesù, probabilmente per avere un tono politically correct, tuttavia quanto meno fino allo scorso anno erano a tema natalizio (che poi cosa sia il tema natalizio senza Gesù, sarebbe argomento da discettare a lungo). Comunque.
Quest'anno, però, abbiamo raggiunto il top, perché le canzoni in rassegna...non parlano nemmeno di Natale. Cioè, a parte la prima in cui si dice che Natale è pace, amore e festa di tutti, per il resto il concetto sembra essere evaporato in testi su fratellanza, amicizia e pace. Ora, tutte cose bellissime, non lo nego, ma che si sarebbero potute cantare anche per la fine dell'anno scolastico o, perché no, in occasione del 25 aprile, per dire.
A cambiare il solito copione, immagino, il fatto che quest'anno, per la prima volta, la scuola ospita due alunne straniere, figlie di famiglie di rifugiati accolte al paesello.
Probabilmente, immagino di nuovo, non sono cattoliche, né cristiane, e per non farle sentire a disagio, i canti natalizi sono stati trasformati in un concerto sulla fratellanza, dove si parla di accogliere chi viene da lontano, di nostalgia per il Paese che si è lasciato, di un albero, che solo un accenno veloce fa intuire sia di Natale, fatto di chicchi di caffé, sombreri e koala, insomma, multiculturale, perché la globalizzazione ormai investe pure gli abeti.
Ora, io non mi ritengo una fanatica, non sono una che vuole imporre le sue tradizioni agli altri, non mi straccerei le vesti neppure se togliessero l'ora di religione da scuola, però se i canti di Natale s'hanno da fare, quanto meno che parlino di Natale. Sono io quella in difficoltà, adesso, perché da credente vedo la scuola propinare ai miei figli, infiocchettato come un pacco regalo, qualcosa che col Natale non c'entra un bel niente. Che piaccia o no, il Natale è la nascita di Gesù, del Dio fatto uomo, e so che ormai il marketing spinto ne ha fatto una festa commerciale, ma vedere che anche la scuola insegna questo ai miei figli, mi offende profondamente.

Avrei preferito che i canti non si fossero fatti, tanto le occasioni non mancano e i bambini possono rimediare con quelli organizzati dalla parrocchia. E, direbbe qualcuno, ma poi avrebbero dato la colpa agli stranieri, avrebbero detto che per loro dobbiamo cambiare le nostre tradizioni.
Ma il punto è proprio questo: dubito che i genitori delle nuove alunne abbiano chiesto di modificare i canti e non penso nemmeno che si sarebbero offesi se i bambini avessero cantato le solite canzoni che (ripeto) tra Jingle bells e We wish you a merry Christmas, non è che parlassero tanto di Gesù: la verità è che i primi a vergognarci di quel che siamo, i primi pronti a cambiare le tradizioni, siamo proprio noi.
E, se devo essere sincera, dubito che l'integrazione possa passare dal mistificare noi stessi. Non è giusto chiederlo a chi cerca accoglienza in Italia. E non dovremmo farlo neppure noi.

6 commenti:

  1. Anch'io credo che alle due bambine non avrebbe creato problemi cantare ritornelli natalizi.
    Non vedo perché si debba sempre cambiare le cose nascondendosi dietro al concetto di integrazione.
    Se io andassi a vivere in Germania, ad esempio, pur rimanendo astemia, parteciperei alla festa della birra, e imparerei le loro canzoni.
    Ovviamente il paragone è moooooolto simbolico, ma credo che dovrebbe valere la stessa cosa anche nel campo della religione..
    Paese che vai, usanza che trovi..

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    1. Ma infatti, se andassi a vivere, che so, negli Usa, probabilmente non mi importerebbe né molto né poco di festeggiare Halloween o il Ringraziamento, però vorrei conoscere e capire le le tradizioni del Paese che mi ospita e, soprattutto, vorrei che le conoscessero i miei figli, visto che ho deciso di farli crescere lì e sarei grata se la scuola desse loro l'opportunità di apprendere gli usi del Paese in cui vivranno, lo vedrei come un'opportunità di integrazione. Poi, certo, mi piacerebbe che conservassero anche le nostre di tradizioni, ma quello sarebbe compito mio, non certo della scuola o del Paese che mi accoglie.

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  2. Io penso che le nostre tradizioni dovrebbero essere rispettate e perpetuate, come avviene in ogni paese del mondo.Per cui non posso condividere la scelta della scuola "politicamente corretta" che le disperde abbracciando il vento della generalizzazione. Che poi tutti "sti problemi" ce li facciamo solo noi.

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    1. Guarda l'ho pensato anche io. Dubito che dei genitori in fuga dalla propria terra, che arrivano in un posto straniero dove non conoscono nessuno, abbiano come primo pensiero quello di fare le pulci ai canti di Natale della scuola. Immagino abbiano ben altri problemi.

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  3. No, ma no! Davvero non è possibile che a Natale nelle nostre scuole non si cantino le canzoni natalizie. Lo dico non solo da credente, come te, ma anche proprio da italiana. Perchè tener fede alla nostra tradizione non è mancanza di rispetto per nessuno. E' la bellezza, anzi, della diversità che c'è nel mondo: paese che vai usanza che trovi, no? Dovrebbe essere un momento di arricchimento per tutti, italiani e stranieri, perchè loro conoscerebbero così le nostre tradizioni giacchè son venuti a vivere qui, ma non certo poi sarebbero costretti a seguirle, ci mancherebbe.
    Un peccato, insomma.

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    1. La verità è che i primi a vergognarsi delle proprie tradizioni siamo noi. Abbiamo una fede "tiepida" e non parlo solo di quella religiosa, ma della capacità di credere in quello che siamo, di apprezzare, trasmettere e sostenere le nostre peculiarità.
      Fossi uno straniero che vede la questione da fuori, non è che avrei molta stima di un comportamento simile.

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