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venerdì 8 marzo 2019

Lettera a un bambino mai nato

Quando da bambina lo vedevo occhieggiare dalle vetrine delle librerie, mi suscitava sempre un po' di riluttanza. Non sapevo bene di cosa parlasse, però con quelle parole così strane per una bambina già nata (conoscevo il significato di aborto? Boh) sin da allora non mi lasciava indifferente.
Poi l'anno scorso, in occasione del 40° compleanno di una vecchia amica, la sua mamma ha realizzato un bel video che diceva, tra le altre cose, che una donna che aspetta un figlio senza essere sposata è vista il più delle volte come una irresponsabile. Nel migliore dei casi, come una stravagante, una provocatrice. O un'eroina. Mai come una mamma uguale alle altre.
Frasi dense di significato se si pensa che la mia amica è nata che la sua mamma aveva appena 16 anni. Ho così scoperto che provenivano da Lettera a un bambino mai nato ed ho capito che era arrivato il momento di affrontare questa lettura.
Quello che colpisce sin dalle prime pagine, è quanto questo libro parli un linguaggio ancestrale, comprensibile da tutte le donne: il linguaggio della maternità. Chiunque sia madre, o abbia sfiorato o agognato questa esperienza, si ritroverà nei pensieri della protagonista, una donna single lavoratrice di cui la Fallaci non dice di più, proprio perché ogni donna possa riconoscersi in lei. 
Consapevole sin dall'inizio di essere incinta, prima ancora che i medici possano esprimersi al riguardo, è colta da paura per un'esperienza che non aveva programmato e che vivrebbe in solitudine vista la fine della relazione amorosa. Eppure è una paura passeggera, perché subito, in questo monologo/dialogo col bambino che porta in grembo, la donna non può fare a meno di scegliere la vita.
Ho deciso per te: nascerai. L'ho deciso dopo averti visto in fotografia. Non era proprio la tua fotografia, evidente: era quella di un qualsiasi embrione di tre settimane [...] E, mentre la guardavo, la paura m'è passata.
Così, mentre le settimane si succedono, la gravidanza va avanti, ostacolata per diversi motivi dalle persone che la futura madre ha intorno e gravata anche da difficoltà di carattere naturale. Costretta a letto, la protagonista si dibatte tra dubbi, angosce, ripensamenti continui e si pone l'interrogativo cardine del libro: si può conciliare quell'istinto atavico che è la maternità, con il bisogno di affermare se stesse e vivere la propria vita?
Decisa a non annullarsi per un altro essere umano, riprende il suo lavoro. Immediatamente anche il suo umore rifiorisce e ricomincia a guardare con ottimismo e speranza alla nascita del figlio.
Ma sarà la natura a decidere il destino, tragico, di questa gravidanza, con un urlo che, anche questo, non potrà lasciare indifferente nessuna lettrice.
Devo ammettere che, a libro terminato, sono stata preda di sensazioni altalenanti: se la prima parte, con le sue riflessioni sull'essere madre, sull'attesa (bellissimi i capitoli in cui la donna si interroga se quel bambino sarà un maschio o una femmina) mi ha incantata, sono rimasta un po' perplessa dalla seconda, arrivando a dirmi che forse non ne ho colto la vera essenza. E se per anni pubblico e critica si sono interrogati se questo fosse un testo pro o contro l'aborto (nel 1975, anno di pubblicazione, l'Ivg non era ancora legale in Italia), è la stessa Fallaci a spiegare, in un'intervista di qualche anno dopo, che il libro non si occupa di questo "Io sono sempre dalla parte della vita [...]sono pronta ad andare anche in galera per difendere, per tutti, la libertà d'aborto nei casi necessari. Personalmente però non ho mai abortito; forse, chissà, non abortirei mai".
Né è lei, altro interrogativo che in molti si sono posti, la protagonista che narra in prima persona, sebbene l'idea del racconto nasca da un'esperienza personale.
Quindi, se devo dare un giudizio, penso che valga ancora la pena di leggere questo libro anche se, a mio avviso, risente molto del periodo storico in cui è stato concepito, ovvero quello dell'emancipazione femminile e di una nuova consapevolezza del ruolo delle donne. Oggi, epoca in cui ho conosciuto più donne affermate che lottano e hanno lottato per esaudire il desidero di diventare madri, che donne che si sono interrogate sull'opportunità di diventarlo, ci sarebbe bisogno di una nuova Lettera che sappia farsi portavoce dello spirito, e delle angosce, di questi tempi.

Lettera a un bambino mai nato di Oriana Fallaci, Bur Rizzoli

Questo post partecipa al Venerdì del libro di HomaMadeMamma

10 commenti:

  1. E' stato il primo romanzo che ho letto di questa scrittrice. Indimenticabile e soggetto a varie interpretazioni anche a seconda dell'età in cui viene letto

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    1. Io invece sono approdata a questo titolo dopo aver affrontato altri suoi libri.
      In effetti non ci avevo pensato, probabilmente è come dici tu, l'età e le esperienze personali contano molto nell'assimilazione di questo libro. Chissà, dovrei riprenderlo tra una decina d'anni e (ri)vedere cosa ne penso.

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  2. Il mio libro preferito.
    Non occorre che aggiunga altro. Grazie.

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    1. Grazie a te Claudia. Io invece non sapevo che questo libro fosse uno dei più letti, tradotti e venduti della Fallaci, anche a distanza di anni dalla sua pubblicazione: 45 ristampe rilegate fino al 1998 e 35 in edizione tascabile dal 1997 al 2009. Immaginavo fosse un titolo famoso, ma non immaginavo fino a questo punto.

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  3. Non l'ho mai letto perchè non mi piace l'autrice. Penso che non verrà mai il tempo per me di aprirlo.

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    1. Succede Mariella, ci sono libri, e scrittori, che non sono "nelle nostre corde", e nessuno ce ne può fare una colpa.
      Io la Fallaci l'ho scoperta da un paio d'anni, da quel che ho letto non doveva avere un carattere facile, era una donna che le cose "non te le mandava a dire" e soprattutto aveva un modo di dirle che poteva facilmente dare fastidio. Io ne ammiro la lucidità di analisi e la capacità di pensare con la propria testa, senza farsi condizionare da ideologie di alcun tipo. Poi, certo, non sempre si può essere d'accordo con lei, però apprezzo il suo spirito libero, il suo essere se stessa e non seguire le correnti per così dire mainstream.

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  4. L'ho letto tanti anni fa e forse ero troppo giovane, un'adolescente. Non ero in grado di capire la magia del diventare madre. Mi lasciò solo una gran tristezza per il finale che non capivo.

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    1. Ciao Manu, come ho scritto, anche io sono rimasta spiazzata dalla seconda parte e non credo di averla compresa del tutto. Anche il significato della morte della protagonista non è che lo abbia afferrato. Mi sentirei comunque di consigliarne la lettura, perché ci sono delle riflessioni, soprattutto all'inizio, che trovo profonde e che mostrano con estrema precisione l'animo di una donna in attesa.

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  5. Un libro che non si può dimenticare. Grande Oriana Fallaci.
    sinforosa

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    1. Già, una donna fuori dal comune che non lascia indifferenti.

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