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martedì 11 giugno 2019

L'ultimo chiuda la porta

E così è arrivato, il giorno tanto temuto e agognato, quello che a guardarlo dal principio, sembrava lontano.
E così è arrivato, ancora qualche ora e si romperanno le righe, ognuno per la sua strada, dove ti portano cuore e gambe.
Nella vita con i figli ci sono fasi. Quando ci sei dentro sembra esista solo quello e non ne vedi la fine.
C'è stata la fase Peter Pan, con una videocassetta mandata avanti e indietro talmente tante volte da consumarsi e un piccolo Ieie che si nascondeva dietro la porta ogni volta che Capitan Uncino e i suoi catturavano i bimbi sperduti.
C'è stata la fase delle macchine, con quel "Ieie e il nonno" seguito da un "tacicicin" che doveva simulare il rumore dell'accensione del motore, proprio come quando lui riusciva a salire in braccio al nonno, sul sedile del guidatore, e a girare con lui la chiave della macchina (è da un po' di anni, ormai, che è diventato troppo grosso per questo rituale).
Poi c'è stato il calcio: le squadre, i giocatori, le classifiche e i campionati.
Cosa ci riserva il futuro, non è dato sapere.
Le fasi vanno e vengono. Al momento pensi che non finiranno mai e vedrai Peppa Pig per il resto dei tuoi giorni o combatterai con tuo figlio perché non invecchi davanti alla Playstation. Poi, non sai neanche tu come, a un certo punto ne sei fuori. Nemmeno te ne accorgi, un bel giorno ti chiedi "Ma le macchinine, che fine hanno fatto? E' da un po' che non le vedo".
E' successo così anche per le elementari. Pomeriggi di compiti, mattinate di bombe a mano per tirarlo giù dal letto, avvisi da firmare, compagni da invitare e all'improvviso, dopo tanta fatica, ti accorgi che è finita.
Come è successo? Quando? Ma, soprattutto, chi è questo ragazzino che mi chiama mamma?
Sono stati giorni intensi, questi ultimi, giorni di prime volte. Di cene in pizzeria solo con gli amici, di saggi di musica emozionanti, di esami. Di crescita.
Quando, dopo la sua prima uscita solo con i compagni, gli ho chiesto cosa avessero fatto, lui mi ha offerto un breve resoconto aggiungendo, a margine, che non mi poteva dire tutto. E allora mi sono resa conto che sarà così d'ora in poi. Il  tempo solo "suo", al di fuori di casa e della famiglia, in cui noi genitori non possiamo ficcare il naso, aumenterà sempre di più. Ci saranno silenzi e segreti, e amici il cui parere conterà più di quello della mamma. Ci saranno sguardi più intensi che cominceranno a osservare il mondo e lo vedranno come non l'avevano mai visto prima.

Domani per Ieie finirà una fase importante. E sarà impossibile non accorgersene. Anche se non faccio che chiedermi com'è che siamo già qui, perché, nonostante siano stati anni densi e faticosi, in un certo modo sono anche volati. Era un pulcino tremante che non sapeva ancora se usare la destra e la sinistra, che disegnava male e teneva il rigo anche peggio. Ha lavorato, studiato e sudato un bel po' di carte e, non posso negarlo, anche io con lui, pomeriggio dopo pomeriggio.
E' diventato grande.
Domani, oltre alla scuola elementare, Ieie saluterà il bambino che è stato, le maestre che l'hanno visto crescere, la scuola del paesello e gran parte dei compagni che con lui hanno percorso un cammino di sette lunghi anni.
Fanno male gli addii, io me la ricordo bene la sera della fine degli esami di quinta, abbracciata a mia madre su una sdraio in balcone, piangendo perché non avrei rivisto i miei compagni. Quello che non sapevo era che il futuro pronto ad attendermi mi sarebbe piaciuto ancora di più.
Domani sarà un addio anche per me. Alle mamme con cui ho condiviso la pioggia e il caldo nelle attese davanti ai gradini della scuola. Alle discussioni in chat. Ai volti ormai familiari delle maestre e dei compagni. A rituali, luoghi e orari.
Domani sarà una giornata di lacrime e fazzoletti.
Domani i grandi accolti dall'ultima campanella in un botto di coriandoli saranno Ieie e i suoi compagni, dopo che per quattro anni ho visto altri ragazzini salutati così nell'ultimo giorno di scuola, chiedendomi con paura e trepidazione, quando sarebbe toccato a loro.
Per cui buon viaggio ragazzi. Salutate le vostre maestre, abbandonate l'aula che vi ha ospitato, cambiando nome, per cinque anni e mi raccomando, l'ultimo chiuda la porta. Senza guardarsi indietro.
La giovinezza vi attende a braccia aperte.

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