Oggi è la Giornata nazionale del libro. Non credo molto nelle giornate della memoria o dedicate a qualcuno&qualcosa, forse perché ce ne sono troppe, una al giorno direi, così che viene meno quella straordinarietà che si vuole sottolineare. Però è vero che gli italiani sono un popolo di analfabeti della lettura e se parlarne può servire a vincere questa resistenza, allora ben venga.
Si dice che la scuola dovrebbe fare di più. Non so. Alle medie nella mia classe c'era una piccola biblioteca e avevamo l'obbligo di leggere un libro a scelta, uno al mese. Nonostante questo, non tutti i miei compagni svilupparono un interesse per la lettura. Anzi, posso dire senza tema di smentita che la maggior parte riprese tranquillamente a non leggere una volta finite le scuole medie. E del resto conosco adulti per cui la lettura è un fastidio, un obbligo strettamente connesso con i ricordi di scuola.
La verità è che leggere è una passione, e le passioni non si trasmettono con le coercizioni. Bisogna svelare il loro aspetto più divertente, bisogna coinvolgere e soprattutto bisogna dare l'esempio. Bisogna mostrare che leggendo ci si diverte.
A casa mia i libri non sono mai mancati, anche se poi il mio modo di essere lettrice (ognuno ne ha uno) è solo mio. Io sono una che si informa, seleziona e porta a casa il suo bottino di amici. Alcuni attesi da tempo, altri frutto di un innamoramento improvviso. Io accumulo libri, che leggo eh!, e che porto avanti anche quando vorrei dire basta. Perché un bel libro a volte è come un buon amico che al primo incontro ti stava antipatico. Qualche volta, invece, l'antipatia si conferma, ma come potevi saperlo prima di arrivare alla fine?
La mia passione, credo, è anche genetica. Lo faceva mio nonno, che ha lasciato in ogni casa in cui ha abitato, vecchie librerie rigurgitanti volumi di ogni genere. Da bambina scorrevo con la testa inclinata tutte le coste, per capire se i suoi gusti coincidevano con i miei. Guardavo quella firma con cui li aveva incisi, e amati, uno a uno. E mi sembrava di conoscerlo un po', quel nonno mai incontrato.
Lo fa mio zio, che tomi sparsi per tutta la casa, e mia cugina che dal suo piccolo bilocale nel Nord, spedisce scatoloni di libri senza dimora ai genitori dotati di una di quelle spaziose abitazioni del Sud.
Ma leggere è anche una malattia. Se finora non ci ha colpito, non vuol dire che si è immuni, è solo che il virus non ha trovato il modo di trasmettersi. Allora cerchiamo di contagiare chi ci sta più vicino, i figli, il coniuge, gli amici più stretti. Mostriamo loro che un libro può essere più appassionante di una serie tv, più coinvolgente dell'ultimo videogame, più rilassante di un massaggio, più adrenalinico del bungee jumping. Chissà che non diventi un'epidemia.
IOLEGGOPERCHE' è l'unico modo che ho per smentire chi dice che abbiamo solo una vita da vivere.
Si dice che la scuola dovrebbe fare di più. Non so. Alle medie nella mia classe c'era una piccola biblioteca e avevamo l'obbligo di leggere un libro a scelta, uno al mese. Nonostante questo, non tutti i miei compagni svilupparono un interesse per la lettura. Anzi, posso dire senza tema di smentita che la maggior parte riprese tranquillamente a non leggere una volta finite le scuole medie. E del resto conosco adulti per cui la lettura è un fastidio, un obbligo strettamente connesso con i ricordi di scuola.
La verità è che leggere è una passione, e le passioni non si trasmettono con le coercizioni. Bisogna svelare il loro aspetto più divertente, bisogna coinvolgere e soprattutto bisogna dare l'esempio. Bisogna mostrare che leggendo ci si diverte.
A casa mia i libri non sono mai mancati, anche se poi il mio modo di essere lettrice (ognuno ne ha uno) è solo mio. Io sono una che si informa, seleziona e porta a casa il suo bottino di amici. Alcuni attesi da tempo, altri frutto di un innamoramento improvviso. Io accumulo libri, che leggo eh!, e che porto avanti anche quando vorrei dire basta. Perché un bel libro a volte è come un buon amico che al primo incontro ti stava antipatico. Qualche volta, invece, l'antipatia si conferma, ma come potevi saperlo prima di arrivare alla fine?
La mia passione, credo, è anche genetica. Lo faceva mio nonno, che ha lasciato in ogni casa in cui ha abitato, vecchie librerie rigurgitanti volumi di ogni genere. Da bambina scorrevo con la testa inclinata tutte le coste, per capire se i suoi gusti coincidevano con i miei. Guardavo quella firma con cui li aveva incisi, e amati, uno a uno. E mi sembrava di conoscerlo un po', quel nonno mai incontrato.
Lo fa mio zio, che tomi sparsi per tutta la casa, e mia cugina che dal suo piccolo bilocale nel Nord, spedisce scatoloni di libri senza dimora ai genitori dotati di una di quelle spaziose abitazioni del Sud.
Ma leggere è anche una malattia. Se finora non ci ha colpito, non vuol dire che si è immuni, è solo che il virus non ha trovato il modo di trasmettersi. Allora cerchiamo di contagiare chi ci sta più vicino, i figli, il coniuge, gli amici più stretti. Mostriamo loro che un libro può essere più appassionante di una serie tv, più coinvolgente dell'ultimo videogame, più rilassante di un massaggio, più adrenalinico del bungee jumping. Chissà che non diventi un'epidemia.
IOLEGGOPERCHE' è l'unico modo che ho per smentire chi dice che abbiamo solo una vita da vivere.
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