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venerdì 16 novembre 2018

Il libro dei Baltimore

Incontriamo i Baltimore, brillante avvocato lui, bellissimo medico lei, un figlio, Hillel, che è un concentrato di intelligenza e sagacia; residenza nell'esclusivo quartiere di Oak park, vacanze negli Hamptons: tutto questo non ha fatto che alimentare nel giovane nipote Marcus Goldman (sì, proprio lui, il protagonista de La verità sul caso Harry Quebert!) una sorta di venerazione. I Baltimore altro non sono che i Goldman di Baltimora, ovvero il ramo più fortunato e facoltoso della famiglia di Marcus, che appartiene invece ai Goldman di Montclair, alias comuni mortali.
Sin da ragazzino, affascinato dal tenore di vita, ma soprattutto dal carisma dei parenti del Maryland, Marcus ha dedicato ogni festività e ogni vacanza scolastica ad andare a trovare zii e cugini. Cugini, sì, perché per tutti, i Goldman erano quattro. Con loro viveva anche l'orfanello Woody che, dopo aver aiutato Hillel ad affrontare un gruppo di bulli particolarmente aggressivi, si era legato a quest'ultimo ed era stato accolto come uno di famiglia.
Anche Marcus entra subito in sintonia con Woody e tutti e tre, a ogni vacanza, ricostituiscono la gang dei Goldman. La storia di questa amicizia Marcus ce la racconta partendo a ritroso dal 1989 e subito intuiamo che qualcosa, nel tempo, è cambiato. C'è lo spettro di una Tragedia che è entrata nelle loro vite e il racconto è un conto alla rovescia, inframmezzato da squarci di presente e passato prossimo, fino a questo avvenimento. C'è anche una donna, Alexandra, che Marcus ritrova per caso dopo tanto tempo e che è stata una delle poche cose che i tre ragazzi non hanno potuto condividere.
E' un libro che si legge tutto d'un fiato, Il libro dei Baltimore, perché le sue 500 e più pagine vanno giù che è una bellezza. Oltre che dotato di una scrittura piacevole, Dicker si dimostra maestro nell'arte di tener desta l'attenzione del lettore con piccoli trucchi e stratagemmi. Il conto alla rovescia sulla Tragedia, il cui fantasma aleggia per tutto il romanzo, il racconto di fatti che, ci dice, prepararono il terreno a questo fatidico evento e altre domande e dubbi disseminati qua e là. Gli si perdona persino di non aver approfondito alcuni legami tra i personaggi, che forse avrebbero meritato qualche spiegazione in più, e di non aver fornito descrizioni più precise dei protagonisti. La storia, comunque, va avanti e intriga con un finale che, più che un colpo di scena, invita a riflettere. Perché le cose (e le persone) non  sono sempre come appaiono, anche quando crediamo di conoscerle come noi stessi. Perché il giudizio degli estranei, per quanto carente di indulgenza, può essere più azzeccato di quello di chi ci vuole bene. Perché la forma, per essere perfetta, deve avere una sostanza che le corrisponda e la famiglia rimane una delle principali risorse e anche dei più grandi misteri della nostra società.

Il libro dei Baltimore di Joel Dicker, La nave di Teseo, traduzione di Vincenzo Vega

Questo post partecipa al Venerdì del libro di HomeMadeMamma

lunedì 12 novembre 2018

Make up for dummies

Non so se succede solo a me, ma ogni qualvolta vado a ricomprare un prodotto per il make-up, che sia un rossetto o un fondotinta, mi imbatto in un restyling di tutta la gamma che mi costringe a cambiare colore e modello.
E' la legge del mercato, bellezza, se non t'inventi qualcosa di nuovo, perdi clienti.
Mah, sarà. Comunque, questa  non è storia recente, che adesso mi trucco poco e un prodotto mi dura mesi e anni e ci sta che poi non lo ritrovo più, anche quando da ggiovane mi truccavo ogni giorno, il finale non cambiava.
Ricordo quando scoprii con orrore che l'azienda dalla quale mi rifornivo di fodotinta&cipria aveva rifatto tutto: packaging, linee, colori.
"Non si preoccupi - mi disse la commessa - prenda il numero 2 come prima, tanto la numerazione non è cambiata". Fu così che dopo il trucco sembravo essere appena uscita da una seduta di lampada. Quarantamila lire buttate e la scelta, da allora, di ripiegare su prodotti poco costosi, ché non ne valeva la pena. Quindi, a conti fatti, l'azienda perse ugualmente una cliente.
Poi, a tutto questo, si aggiunge il fatto che ormai sono vecchia dentro. Di novità non ne capisco nulla e vado in cerca delle solite quattro cose che adoperavo anche vent'anni fa.
Tipo che qualche settimana fa cercavo una semplice matita per gli occhi e la commessa deve avermi vista in difficoltà tra matite morbide, resistenti all'acqua, sfumabili, interno occhio, esterno occhio, kajal e compagnia cantante, e dopo dieci minuti che me le rigiravo tra le mani è venuta a chiedermi se avevo bisogno d'aiuto (o così o forse ero una ladra). Quasi trattenendo le lacrime le ho spiegato che volevo una semplice matita nera per le palpebre, possibilmente che non si sciogliesse dopo due minuti (che quella che avevo, super professionale consigliatami da un'altra commessa, mi faceva questo effetto panda triste così avvilente).
E niente io mi guardo pure i tutorial su Internet cercando di farmi una ragione della modernità. Di solito digito trucco acqua e sapone o trucco veloce, ma ho capito che dovrei scrivere piuttosto truccarsi con meno di dieci prodotti o trucco senza ipotecare la casa, perché oggi il numero di roba che devi stratificarti in viso per essere minimamente decente si può misurare solo con i numeri periodici.
Blush, primer, BB cream, foundation, face base, face fluid, ma che è? mi chiedo, cosa ne è stato del semplice (e comprensibile) binomio cipria e fondotinta? Guardo stordita tutta sta mercanzia e mi sento come quando qualcuno parla del suo lavoro spiegando di essere un account manager un consultant o un controller (magari con un bel junior davanti a mo' di titolo nobiliare) e mi chiedo perplessa "cioè in pratica che fai?" (che poi, diciamocelo, ancora oggi i nostri bambini alla domanda "che vuoi fare da grande?" è più probabile rispondano l'astronauta o il parrucchiere che il junior consultant, e mi sa che loro hanno capito tutto). Comunque, tornando al make up, dopo essermi aggiornata capisco appieno perché adesso mi trucco molto meno che da giovane, nonostante forse necessiterei di qualche mano di intonaco in più rispetto al passato.
Non è una questione di tempo che manca, di figli che non ti concedono qualche minuto per te, no, la verità è un'altra. Dopo aver capito che non sarò mai in grado di stendere tutti quei prodotti nell'ordine e nel modo giusto, dopo che constato che il mio miglior risultato sarà sempre ben al di sotto del minimo sindacale oggidì richiesto, dopo che mi rendo conto di aver sempre e comunque un aspetto un po' retrò e un po' vintage col mio trucco stile fine anni '90, ripiego sul vero e unico maquillage acqua e sapone: quello che non ha traccia di make up.



venerdì 2 novembre 2018

2 novembre

"Chi è questa mamma?".
"Una zia del nonno, una sorella di mio nonno".
"E quella?".
"E' la zia L. non te la ricordi Ieie?".
"Me la ricordavo diversa".
"Perché negli ultimi anni era malata, ma io la ricordo così".
"E quest'altra signora che ha il suo stesso nome?".
"La mamma del nonno, mia nonna".
"E chi sono questi tre che si chiamano tutti Vito?".
"Uno è il nonno del nonno. L'altro è mio nonno...".
"Si chiamavano allo stesso modo?".
"Sì".
"Il papà del nonno è nato...nel '98!?".
"Nel 1898".
"Milleottocento!!!??? E l'ultimo Vito?".
"Era mia fratello".
"Perché non c'è la foto?".
"Perché è morto appena nato".
"Appena nato?".
"E certo Lolla guarda: 24 marzo 1980-11 aprile 1980 nemmeno un anno".
"A dire il vero, Ieie, nemmeno un mese".
"Se non fosse morto avrei uno zio".
"Già".