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venerdì 22 maggio 2020

Perfect

In fuga per sfuggire al capo della Gilda Bosco Crevan, Celestine  North comprende che l'unico modo per salvare se stessa e porre fine al sistema iniquo dei flawed, i fallati, costretti a pagare per tutta la vita con l'apartheid e l'ignominia un unico errore morale commesso, è recuperare il filmato che incastra Crevan e dimostra che anche lui è fallato, avendo sottoposto Celestine a una pena non autorizzata dalla Gilda.
Mr Berry, il suo avvocato, le ha fatto sapere di averle già consegnato il filmato, ma Celestine non ha la minima idea di dove sia, tanto più che Mr Berry sembra sparito nel nulla e con lui i pochi testimoni del gesto criminale di Crevan.
L'unico scampato è Carrick, un ragazzo che Celestine ha conosciuto durante i suoi giorni di prigionia sotto la Gilda, che come lei è stato giudicato fallato e ha assistito al gesto di Crevan. Aveva giurato che l'avrebbe trovata ed è proprio lui ad accompagnarla in questa fuga rocambolesca che li vede passare da un sito di ricerca allo studio di un originale avvocato, da una sorta di prigione-ospedale alla casa di un whistleblower, le guardie dei fallati, fino al lussuoso appartamento di uno dei membri della Gilda. Scenari dall'aspetto spesso misterioso e surreale, sfondi perfetti per il continuo capovolgimento di fronti con cui Celestine è costretta a confrontarsi. Fino alla conclusione che metterà sotto gli occhi di tutti, perfetti compresi, la bugia del sistema politico sostenuto fino ad allora che, come spesso accade, ha come fine il mero potere.
Degna continuazione del libro precedente, Perfect riprende la narrazione proprio dove si era interrotto Flawed, ma a differenza di quest'ultimo lo fa con un ritmo incalzante che, come promette la copertina, trascina il lettore dall'inizio alla fine. Si fugge insieme a Celestine e Carrick, alla ricerca della prova che potrà liberare non solo la protagonista, ma tutti coloro che, come lei, sono vittime del sistema.
Rispetto al primo capitolo, troviamo una Celestine più matura, la ragazzina indottrinata di Flawed lascia il posto a una giovane donna in grado di guardare al mondo con disincanto, ma senza perdere l'umanità e il coraggio che la contraddistinguono. In più Perfect ha il pregio di catturare il lettore sin da subito, perché lo stesso sistema della Gilda, che come avevo sottolineato nella prima recensione mi appariva un po' roba da sognatori, nello sviluppo della storia acquista spessore e credibilità, se non altro perché dimostra che cercare di moralizzare la società può rivelarsi pericoloso e dar vita inoltre a enormi ingiustizie.

Perfect di Cecelia Ahern, Harper Collins

Questo post partecipa al Venerdì del libro di HomeMadeMamma

venerdì 15 maggio 2020

Dalla parte dei bambini

Non possono protestare.
Non pagano le tasse.
Non votano. 
Sarà per questo che in oltre due mesi sono stati gli ultimi tra gli ultimi. 
Si sono previste misure per tutti (financo i detenuti in 41 bis hanno avuto un occhio di riguardo!), tranne che per loro, convinti che siano quelli meno danneggiati, perché a loro basta l'amore di mamma e papà e poco altro.
Sono loro che hanno perso tutto. Come quegli imprenditori che non sanno se riapriranno. Privati della scuola, delle attività sportive e ricreative, degli amici, dei nonni, di tutto ciò che componeva la loro quotidianità. Privati di una quotidianità.
In questi due mesi nessuno (a parte qualche mamma) si è interrogato su come le misure stringenti della quarantena abbiano impattato sulla vita dei bambini. Noi adulti siamo usciti per lavorare, per fare la spesa, per fare jogging pure, mentre loro languivano tra quattro mura, confortati da uno schermo e da programmi ad hoc sulle reti nazionali, in barba a tutti gli studi che consigliano di ridurre l'esposizione dei bambini agli schermi di Tv e tablet.
Anche il tema della scuola è stato trattato sinora in un'ottica adultocentrica. Riaprire le scuole perché i genitori devono lavorare (problema sacrosanto, per carità, e nessuno più di me, incatenata a casa da due mesi, lo può capire), riaprire le scuole garantendo la sicurezza della classe insegnante che è per lo più agée. Vero, certo, ma ricordiamoci anche che la scuola non è solo un diritto costituzionalmente garantito, se il costituzionalmente, in questi mesi, ha ancora un significato, è soprattutto la palestra dei nostri figli, quel luogo dove dovrebbero imparare ad affrontare la vita, a costruire relazioni, a formare la propria personalità. E uno schermo e dei compiti non sono per nulla la stessa cosa.
I bambini hanno uno spasmodico bisogno di confrontarsi con i loro coetanei in un posto che non sia il confortante nido di casa. Ci sono migliaia di figli unici costretti a frequentare ormai solo adulti, ci sono bambini che si intristiscono guardando i compagni di asilo da uno schermo, che possono incontrare i nonni restando a distanza e senza abbracciarli.
Cosa è rimasto a questi bambini della loro quotidianità a parte l'abbraccio di mamma e papà? Li abbiamo privati di tutto e ancora non sappiamo quando potranno recuperare un briciolo di normalità. Trattati come piccoli untori, quando invece sono solo vittime degli errori dei grandi.
Vorrei che uno dei tanti esperti avesse visto oggi mia figlia dopo mezz'ora di incontro virtuale con la classe. Come le brillavano gli occhi per quei pochi minuti trascorsi assieme, sebbene non avesse potuto chiacchierare con i compagni, né scambiarsi uno sguardo d'intesa con l'amica del cuore. Tutto il suo mondo ridotto nel francobollo dello schermo di un cellulare.
Ma ecco che ormai la scuola si avvia al termine e si appresta un'estate piena di incognite, in cui non sappiamo se potremo portare i bambini in spiaggia e a quali condizioni. Se potranno tuffarsi in acqua o se dovranno limitarsi a salutare da lontano l'amico che non vedono da un anno.
Per poi tornare a un nuovo anno scolastico ancor più carico di punti interrogativi.
Fate qualcosa per i nostri ragazzi, per carità. Qualcosa che vada al di là dei battibecchi ministero-sindacati che ho ascoltato sinora. Ricordatevi che i bambini e i ragazzi sono PERSONE, che la scuola non è solo un importantissimo diritto (che la Dad per altro non ha garantito), ma è anche una maestra di vita. E imparare a vivere chiusi tra le quattro mura di casa, spiando il mondo da uno schermo, è un po' difficile.

giovedì 7 maggio 2020

Nella didattica a distanza la grande assente è la didattica

Giorni fa è arrivata la valutazione della Lolla che dovrebbe sostituire il colloquio scuola-famiglia di metà quadrimestre. Da quanto inviato leggo che l'alunna partecipa assiduamente alle attività, collabora con le insegnanti, consegna  puntualmente i compiti assegnati, mostra capacità di problem solving e curiosità per le attività svolte.
Sarebbe interessante capire come hanno dedotto tutto questo giacché, (fatta eccezione per un breve incontro on line allo scopo di augurarsi buone "vacanze" di Pasqua), le maestre non vedono e non sentono la bambina da due mesi e immaginare che abbiano tratto tante belle considerazioni dai pochi compiti che, a partire solo da una ventina di giorni, le è stato chiesto di consegnare (e che IO allego con puntualità sulla piattaforma, per cui, sì, lo so che consegna con puntualità) ha quasi del miracoloso.
So bene che ci sono tante insegnanti e tante scuole impegnate nelle lezioni on line, ma ogni volta che sento la ministra dai variopinti rossetti snocciolare le sue percentuali da plebiscito sui ragazzi raggiunti dalla didattica a distanza, mi viene l'ulcera a pensare che su due figli, in due scuole di ordine, grado e comune diversi (uno in prima media, l'altra in quarta elementare), manco uno rientra nelle sue percentuali fantasmagoriche.
Da due mesi a questa parte la scuola si è trasformata in un compitificio: svanita la vita di e in classe, le insegnanti e gli amici, quello che è rimasto ai miei figli è la parte più noiosa e pesante della scuola. Compiti appiccicati a un registro virtuale sul quale le insegnanti appuntano pedissequamente gli argomenti trattati dei quali, però, nessuno ha mai veramente parlato al ragazzo, postando video di You tube per spiegare la nascita della borghesia o cosa sono gli organismi unicellulari. E ci va ancora di lusso, perché in altri casi vengono postati solo i numeri delle pagine da studiare, lasciando alla volontà degli alunni l'onere della comprensione (e alla buona volontà dei genitori disponibili quello della spiegazione). Ho trovato Ieie in video chiamata con l'insegnante del corso di musica che frequentava prima della fine della "vita reale" (come dice lui), per chiederle di insegnarli a suonare alcune note del flauto che l'insegnante di scuola gli aveva assegnato lasciandogli come guida il solo libro di testo. E di esempi simili ne ho tanti, roba da far pensare che a insegnare così siamo capaci tutti.
Questo per quanto riguarda Ieie che comunque, seppur con estrema lentezza, sta andando avanti col programma e che, dopo l'insistenza di alcuni genitori (me compresa) presso una riottosa preside, usufruisce di una barra due ore al giorno di lezioni on line su Skype, purché, ha stabilito la preside nei numerosi paletti che ha posto concedendoci questo privilegio, queste ore non si usassero per fare lezione (ma sì, che si raccontassero barzellette piuttosto) e i genitori non assistessero alle lezioni garantendo però il corretto comportamento dei figli durante lo svolgimento (ma come, con la forza del pensiero?). Per la Lolla le cose sono addirittura peggiori.
Arresesi all'impossibilità di spiegare qualcosa di nuovo in mancanza di interazione (le lezioni on line non si possono fare per non meglio definiti problemi organizzativi di insegnanti e alunni), le maestre hanno quasi del tutto abbandonato il povero programma ministeriale, fatta eccezione per radi, improvvisi guizzi in cui pare si tenti di far fare qualcosa di nuovo ai bambini, salvo pentirsi e ritornare sulle rodate strade del già fatto.
"Mamma basta con le divisioni, che la maestra ci dia qualcosa di nuovo!", ha sbottato l'altro giorno mia figlia e stava quasi per propormi una diserzione, quando le ho detto che stavolta le divisioni andavano consegnate. Sì perché, solo una parte dei compiti assegnati va restituita alle maestre (e anche qui ci va di lusso, perché per il primo mese la politica adottata era stata quella di non chiedere i compiti indietro, ma di inviarci le "soluzioni" lasciando l'onere della correzione a noi genitori), l'altra ce la possiamo tenere nel cassetto, come mero esercizio di stile. Il risultato di queste scelte è che mia figlia, quella stessa bambina che si sedeva da sola dopo pranzo a fare i compiti con rapidità ed efficienza (asserendo puntigliosa, davanti a qualche mio dubbio, che la maestra aveva spiegato di fare così), adesso langue svogliata su pagine di cui le sfugge l'utilità perché, come mi ha detto sfiduciata "tanto la maestra neanche li corregge".
Purtroppo per noi la didattica a distanza si è rivelata un fallimento su tutta la linea. Ai ragazzi si chiede un senso di responsabilità al di là delle loro capacità. Da questo momento tutto sarebbe dipeso da loro, ha detto il prof di inglese di Ieie alla chiusura della scuola trattando i suoi alunni come studenti universitari. Peccato che se all'università ci si va a 19 anni ci sarà un motivo. Perché sforzarsi a studiare storia se al posto dell'interrogazione verrà fornito un questionario da fare a casa (magari col libro aperto davanti) da restituire con comodo in una settimana? Qualunque ragazzo, anche lo studente universitario, sarà tentato dal non studiare.
Come madre, ciò che mi ha deluso di più è stato constatare come la maggior parte dei genitori non sia minimamente turbata dalla situazione. Ci ha visto giusto la summenzionata ministra quando ha per prima cosa rassicurato gli insegnanti sulla tutela dei loro stipendi e i genitori sul superamento assicurato dell'anno scolastico, ha dato al suo pubblico ciò che stava più a cuore, "panem et circensem". Perché a molti genitori non importa il diritto all'istruzione dei figli, ma il pezzo di carta, e vuoi mettere quanti sbattimenti in meno nel sapere che a prescindere da impegno e rendimento, l'anno sarà comunque assicurato? Bisognerebbe essere pazzi a richiedere verifiche serie e proseguimento del programma.
E così l'anno scolastico scivola verso la fine con questa irrecuperabile zoppia, tutti felici per lo scampato pericolo e senza certezze per il prossimo. Anzi, con un sinistro presagio, di arrivare a settembre ancora in attesa di capire dove  e come studieranno i nostri figli, quando finalmente, alla vigilia del nuovo anno scolastico, una conferenza stampa dell'ultimo minuto ci svelerà l'arcano. O ci assesterà l'ennesima mazzata.