La settimana scorsa, sul blog nonsolomamma una lettrice italiana che vive in Francia parlando della riapertura delle scuole Oltralpe scriveva: "in questo Paese il diritto allo studio è essenziale, culturale".
Tempo qualche giorno e al Tg mi imbatto in un parlamentare che, elencando i meriti del nostro Governo, annovera tra questi il fatto di aver riaperto le scuole.
Ora. Sarò anche puntigliosa e rompiscatole, ma a me sembra che finora non sia stato riaperto un bel niente (se pensiamo poi che nella mia Regione, la Puglia, la fantomatica data del 14 settembre è già slittata al 24, io la riapertura la vedo col lanternino), ma che addirittura il Governo si glori di aver riaperto le scuole, mi sembra la dica lunga su come invece da noi l'istruzione non sia considerata neppure un diritto.
Devo essere sincera: avrei voluto vedere gli insegnanti invadere le piazze chiedendo offesi di poter fare degnamente il proprio lavoro, invece ho letto solo messaggini smielati, tutti intrisi di "ci mancate, speriamo di rivederci presto". Poi però siamo state noi mamme, sia nella scuola media di città di Ieie, che nella primaria della Lolla qui al paesello, a pretendere le lezioni on line che le presidi erano restie a concedere (già una concessione, proprio come la riapertura delle scuole, sarà un caso?).
Viviamo in un paese di 2.400 abitanti, bene o male ci si conosce tutti, le maestre vivono per la maggioranza qui e i loro figli giocano con i miei nei guardini della scuola sin da quando sono stati riaperti. Mi sarei aspettata che, almeno per le pagelle, o terminate le "lezioni", le maestre proponessero ai bambini di incontrarsi in quei giardini (cosa che per altro in città hanno fatto tante altre insegnanti, per lo più di scuole private). Invece no, ligi alle regole fino alla fine. Una squallida scheda on line che la Lolla ha disdegnato al punto che il giorno dopo neanche ricordava più che voti avesse preso.
C'è un disegno dietro questa sciatteria delle politiche dell'istruzione?
Io so una cosa. Da quando, a settembre, Ieie ha avuto il suo cellulare, gli abbiamo imposto orari (un tempo massimo per ogni giorno, che generalmente non esauriva mai) e regole (no al telefono mentre si studia). Tutto è andato bene fino al lockdown, ma da lì in poi non s'è capito più nulla. Intanto come si fa a vietare l'uso del telefono durante lo studio, se i compiti stanno sul telefono? E come limitare le ore di utilizzo, se per seguire le lezioni serve lo smartphone (purtroppo il nostro Pc e tablet si sono rivelati troppo vecchi per le applicazioni necessarie)? Certo, è anche vero che a volte Ieie diceva di aver bisogno del telefono per seguire la lezione e poi lo trovavo a seguire YouTube, ma, si sa, l'occasione fa l'uomo ladro, né si può pretendere che un genitore piantoni i propri figli come una guardia carceraria.
Quello che posso dire è che da marzo in poi, senza scuola, amici, attività sportive, corsi di musica e di lingua, il tempo libero di Ieie si è moltiplicato e non ha trovato di meglio che riempirlo con gli schermi, che fossero della Tv o del cellulare poco importa, imbesuendosi davanti a partite di Fortnite o video di TikTok. Se la scuola non dovesse riaprire ho il terrore di quello che potrebbe succedere a lui, come alla maggior parte dei ragazzi.
Istruirli dovrebbe essere una priorità per tutti...e se invece una pletora di ignoranti persi dietro a uno schermo fosse, per chi ci governa, molto più comoda e gestibile?
Mi viene in mente proprio un capitolo di storia che ho spiegato qualche mese fa a Ieie, quello sulla nascita dei comuni e della borghesia quel ceto che, sebbene non ricco come i signori, aveva un minimo di istruzione, sapeva leggere, scrivere, far di conto, e svolgeva lavori che necessitavano di competenze e specializzazione. Questo li rendeva meno ricattabili dei poveri contadini e, soprattutto, più propensi a far valere i loro diritti contro i soprusi dei signori feudali.
Di pari passo, in quello stesso periodo, nacquero le università, la prima a casa di un certo Irnerio, a Bologna, dove egli insegnava diritto a un gruppo di giovani. Neanche a dirlo, i signori e la Chiesa cercarono di ostacolare questa diffusione del sapere che vedevano come un limite all'esercizio del loro smisurato potere.
Ecco, ricordiamocelo sempre, a cosa serve l'istruzione, e a quanta strada hanno fatto i nostri antenati affinché questo diritto fosse per tutti.
Perché è vero che la storia è fatta di corsi e ricorsi, ma ci sono battaglie che non possiamo rischiare di dover ripetere. Ne va dei nostri ragazzi, ma anche del futuro del Paese.