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lunedì 26 aprile 2021

La Dad e i Coretti del ventunesimo secolo


Stamattina, dopo oltre due mesi, questa casa è tornata vuota col ritorno a scuola del figlio grande.
Un tempo interminabile, che l'ha segregato nella sua tana prima per l'ennesima ordinanza regionale che chiudeva le scuole a dispetto della zona gialla, poi, dopo la sospensiva del Tar, perché la scuola ci chiedeva di tenere i ragazzi a casa fino alla vaccinazione dei professori, poi perché i prof dovevano riprendersi dalla vaccinazione e infine per l'arrivo della zona rossa.
Non sappiamo quanto durerà, ché qua in Puglia pare che la scuola sia il vaso di Pandora dei contagi, ma ci godiamo quel briciolo di normalità che ci viene concesso e accantoniamo per quel che si può l'odiata Dad/Did o comesichiama.
Preferisco non pensare a tutto il male che questo strumento (per alcuni grande pancea di tutti i mali) ha creato nei nostri ragazzi. Mi fumano le orecchie quando sento "eh ma pensa che fortuna, se fosse successo vent'anni fa avrebbero perso mesi di scuola" (come se questo non fosse successo!) perché chi parla di fortuna evidentemente non sa a cosa siano stati sottoposti i nostri figli in questo lungo anno.
E non parlo delle lacune didattiche, che quelle le do ormai per assodate, un po' come la conoscenza delle tabelline in quarta elementare, ma del solco che la Dad/Did ha creato.
Ho solo due figli (una in quinta elementare, l'altro in seconda media), ma i loro racconti hanno tracciato un ritratto impietoso della scuola di quest'ultimo anno.
C'è il bambino solo a casa (uno? diciamo quasi tutti) che deve controllare anche il fratellino che fa la prima.
C'è quello che non sente e non può parlare perché ha il microfono rotto.
C'è quello che fa lezione in un'unica stanza con i fratelli e "mamma, sai quando apre il microfono si sente il brusio degli altri collegamenti in sottofondo".
C'è quello che è dai nonni e nella pausa va a casa a prendere i libri che ha dimenticato.
C'è quello che questa settimana sta col padre e lì non ha nulla per studiare.
C'è quello che il collegamento non  gli funziona mai.
Ci sono i bambini che "quando siamo tornati a scuola e la maestra ha voluto vedere i quaderni, non avevano scritto nulla di quello che aveva dettato durante la Dad".
Alle medie la trama non cambia.
C'è quello che salta la prima ora perché nonostante la madre lo chiami dall'ufficio, lui si riaddormenta.
C'è quello cha fa lezione in pigiama, con la briochina, (nonostante le millemila circolari della preside a rammentare che la Dad è scuola a tutti gli effetti).
C'è quello che il collegamento gli cade sempre quando la prof lo interroga.
C'è la prof  che "non mi interroga più, mamma. Adesso fa domande solo a quelli che sa che in Dad non studiano" "Certo, per motivarli a studiare" "Ma tanto loro cominciano a dire che non sentono e si disconnettono".
C'è la prof che fa fare lavori di gruppo on line "così almeno quelli che non studiano sono costretti a lavorare. Anche se poi di solito fanno fare tutto agli altri".
E poi c'è quello, uno a caso eh, che si lamenta se il cane abbaia, il postino suona alla porta o la madre entra a chiedere se ha finito, perché le prof non vogliono che nessuno disturbi durante la lezione.
La Dad ha evidenziato la piccolezza delle nostre case, ha messo in mostra l'intonaco che cade e le macchie di muffa alle pareti, ha sottolineato la solitudine dei ragazzi e le miserie di tante famiglie, ha usato i litigi come sottofondo alle spiegazioni, ha fatto sentire noi genitori importuni nell'unico posto dove la legge ci permetteva di stare: a casa nostra. Siamo diventati tanti Coretti nella loro stanzuccia/bottega, osservati dal compagno Enrico capitato lì per caso.
A ben pensarci forse è questo il danno maggiore. La Dad ha permesso che venissero a galla tutte quelle differenze che i ragazzi non erano costretti a portarsi nello zaino. Di più. Ha infierito sui deboli.
Che la scuola non potesse garantire uguaglianza si sapeva da tempo, però quantomeno ci provava e, soprattutto, era il luogo dove a tutti veniva data una possibilità. La Dad/Did ha cambiato le carte in tavola: ha abbandonato chi già era in difficoltà, ha lasciato indietro chi avrebbe voluto proseguire la corsa, ma non aveva i mezzi per farlo.
Veramente vogliamo parlare di fortuna? A me sembra piuttosto il più grande tradimento cha abbiamo perpetrato contro i nostri ragazzi. Quelli motivati e con una famiglia nelle condizioni di aiutarli sono andati avanti, per gli altri non c'è stato nulla. A volte neanche un tablet fornito dalla scuola, che anche quelli erano inferiori alle richieste.
E poi c'è l'errore più grande, l'aver ridotto la scuola a mera didattica.

"la scuola, per un bambino, non è tanto apprendimento di materie curricolari quanto, piuttosto, occasione unica per sperimentare relazioni, riconoscere negli altri le proprie emozioni, scoprire se stessi. (...) In questo periodo di isolamento, che sia lockdown o la dad, il non avere un confronto reale con i coetanei porta i ragazzi a non aver mediazione rispetto alle loro pulsioni e ai loro pensieri e a vivere moltissimo la noia. La noia rinforza alcuni pensieri e circuiti viziosi, facilita l’umore depresso".

Sono parole di Stefano Vicari, neuropsichiatra alla Cattolica, che nei mesi scorsi ha lanciato l'allarme sull'aumento dei casi di autolesionismo e suicidio tra i giovani. Mi viene in mente un'intervista di qualche tempo fa ad un'insegnante che sorridendo ricordava che i ragazzi vanno a scuola soprattutto per stare con i coetanei.
Ecco, per favore, ricordiamocelo.

1 commento:

  1. Ciao Valeria, non sai quanto mi faccia piacere sentire che tua figlia ha potuto frequentare in presenza, seppure solo per l'ultimo mese. Qui in Puglia, dove la Regione ha lasciato facoltà ai genitori di decidere se proseguire con la Dad per ogni ordine e grado di scuola, tutti i ragazzi delle superiori di mia conoscenza hanno optato per restare a casa. A volte la scelta è stata dettata dai genitori per motivi di precauzione, altre dagli stessi ragazzi che non sono voluti rientrare in classe perché tanto gli amici non c'erano. Mi è capitato di parlare con la mamma di un ragazzo coetaneo di Michelle che mi ha raccontato che il figlio ha frequntato in presenza solo per una settimana. Non ha conosciuto nessuno dei compagni e da ormai un anno le uniche persone che frequenta sono i genitori. Mi si è stretto il cuore perché, come giustamente scrivi, non si è pensato a sufficienza ai ragazzi. I giovani sono il nostro domani: trascurarli equivale a non pensare al futuro.

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