lunedì 8 giugno 2020

Buone vacanze

Diciamo la verità: la fine dell'anno ce l'eravamo immaginata in un modo molto diverso. Un momento che di solito fa rima con malinconia, bilanci, bisogno di ricaricare le pile per poi ritrovarsi dopo le vacanze.
Ma come salutare qualcuno che non vedi da mesi? Come si può chiudere un anno che a dire il vero si è interrotto molti mesi or sono? A cosa stiamo veramente dicendo addio, all'odiata Dad, a un anno da dimenticare o alla nostra  normalità che salutiamo in maniera formale senza sapere se mai ce ne riapproprieremo?
Per i miei figli la scuola è un ricordo sbiadito da ormai troppo tempo. Me ne sono resa conto ogni volta che raccontavano aneddoti della vita di classe come se parlassero di un'epoca lontana, con quel tono di nostalgia che posso avere io, ma che non dovrebbe appartenere a un bambino della loro età.
Le insegnati e le presidi ci hanno fatto sentire sin dall'inizio la loro vicinanza con messaggi di incoraggiamento che, devo ammetterlo, in principio mi hanno commossa. Dopo svariate settimane di messaggi melensi e niente di più, però, la commozione ha lasciato il posto all'indignazione. La mancata prosecuzione delle lezioni non è dipesa dalla nostra volontà, hanno continuato a ripetere, la solita excusatio non petita della burocrazia italiana, il classico scaricabarile in cui le colpe non son mai di nessuno e i cocci di chi se li ritrova tra le mani. E' vero, non sono stati i docenti a volere la chiusura, ma certo avrebbero potuto impegnarsi per darci un poco di più della miseria che abbiamo ricevuto. Miseria che ha lasciato tanti indietro, che ha punito chi non ha avuto una famiglia a puntellare, spiegare, spronare.
Miseria che ora si avvia all'epilogo tragicomico, la votazione finale, con il registro elettronico di Ieie che si è riempito all'improvviso di voti. Voti basati sulla consegna puntuale dei compiti, voti di scritti, voti addirittura di interrogazioni orali. "Figlio sei mai stato interrogato?" "No, mai". Amen.
Calerà il sipario anche su questa farsa, su questo anno zoppo. Finirà così la quarta della Lolla e la prima media di Ieie.
Un anno che doveva essere di grandi cambiamenti (be' in effetti su questo non possiamo lamentarci), di nuove amicizie, di crescita. Un anno che era cominciato in salita, non solo e non tanto per la mole di lavoro che sin da subito ha richiesto, ma soprattutto perché del ritrovarsi in una scuola di città, lontano dal paesello, con tante facce nuove e senza il suo migliore amico, Ieie ha accusato il colpo. Non è stato facile, abbiamo avuto addirittura qualche attacco di panico e relativa chiamata da parte della scuola, ma proprio quando la strada giusta sembrava essere stata imboccata, un troncamento netto ha lasciato tutto in sospeso. In attesa di vedere cosa succederà con il nuovo anno scolastico.
Già. Ci vediamo a settembre, trillano gioiose le prime circolari di fine d'anno. Ma ormai i toni melensi non mi incantano più. Solo una domanda rimane. Cioè, son tre mesi che ci ripetete che ci riabbracceremo presto e il presto si sposta sempre più in là, per cui, è sicuro che a settembre ci rivediamo?
L'anno trascorso secondo la Lolla


venerdì 5 giugno 2020

Leggiamolo insieme - Harry Potter e l'Ordine della Fenice

Colui che non deve essere nominato è tornato, la seconda battaglia è cominciata.
Anzi, no, perché il ministero della Magia sostiene che il racconto di Harry Potter sul ritorno di Voldemort sia solo la bugia di un ragazzo desideroso di attenzioni. Quando poi Harry usa la magia fuori dalla scuola per allontanare un improbabile attacco di Dissennatori, la sua credibilità finisce sotto le scarpe e rischia persino di essere espulso se non fosse per Silente pronto a prenderne le difese, salvo poi lasciarlo solo e senza consigli in un anno scolastico tra i più difficili della sua carriera da studente. Eh sì che Harry di imprevisti ne ha incontrati nei cinque anni di Hogwarts, ma il ministero farà di tutto per metterlo in cattiva luce e creargli difficoltà, potendo contare su una nuova professoressa, Dolores Umbridge, piacevole come un gesso che stride sulla lavagna.
Con Harry Potter e l'Ordine della Fenice siamo a un vero e proprio salto narrativo. Se il capitolo precedente, con i suoi toni più cupi aveva segnato il passaggio dalla spensieratezza dell'infanzia ai problemi della maturità, adesso è la volta delle rivelazioni che rispondono a vecchi interrogativi accennati e poi sopiti, dei sentimenti e dei legami forti, dell'ennesima perdita che sarà, di libro in libro, sempre più drammatica e pesante per Harry.
E' il capitolo in cui la Rowling svela come la storia di Harry sia stata costruita, sin dall'inizio, come un unico racconto articolato e complesso e che i sassolini gettati nei capitoli precedenti non erano trascurabili dettagli, ma indizi preziosi.
Una complessità che l'omonimo film non riesce a riprodurre, tagliando diverse scene, accorpandone altre, spiegando un fatto in maniera più sbrigativa del libro, ma soprattutto riducendo a brevi parentesi alcuni dei passaggi più intensi del racconto, come la visita al San Mungo e la scoperta della fine toccata ai genitori di Neville. Un momento che regala profondità e completezza al personaggio di Neville, ma che nel film merita solo un accenno en passant.
Di buono c'è che i bambini, resisi conto della quantità di tagli e di cambiamenti apportati al racconto, hanno convenuto che non solo il libro è più bello del film, ma soprattutto che la lettura è indispensabile per apprezzare appieno la storia.
E ora non vedono l'ora di sapere sempre di più sui segreti di Harry. Non so quanto tempo ci prenderà la lettura del prossimo volume, per questo abbiamo impiegato quasi un anno e se non fosse stato per la reclusione forzata penso che non l'avremmo ancora terminato, comunque non abbiamo fretta. Se la condizione per leggerlo velocemente è essere di nuovo confinati dentro casa, ammetto che preferisco una lettura a lunghissimo termine.

Harry Potter e l'Ordine della Fenice di J.K.Rowling, Salani, trad. di Beatrice Masini in collaborazione con Valentina Daniele e Angela Ragusa

Questo post partecipa al Venerdì del libro di HomeMadeMamma

lunedì 1 giugno 2020

Roba da mamme

E così anche il campionato di calcio riaprirà i battenti. Evidentemente disponeva di una task force autorevole. Tre mesi e il più che si è saputo partorire sulla scuola, invece, è stato il tutto chiuso, che non è che ci voleva un comitato scientifico per pensarci, glielo potevo suggerire pure io. Meglio tacere, poi, sul balletto delle modalità di svolgimento della maturità o sulle improbabili soluzioni messe in campo per la "riapertura" di settembre (implementare le attività di laboratorio, usare teatri, palestre e spazi aperti) che dimostrano che gli esimi membri della task force le scuole pubbliche italiane le hanno viste solo nelle serie tv statunitensi.
Una settimana o poco più e la farsa chiamata scuola chiuderà i battenti per prolungare la vacanza inaugurata tre mesi or sono. Perché al di là delle percentuali superiori al 90% con cui la ministra ci rassicurava sul numero di alunni raggiunti dalla Dad, adesso finalmente più di qualche voce comincia ad ammettere che la didattica a distanza è stata una gran presa per i fondelli, che ha scaricato sulle famiglie, madri in primis, l'onere dell'insegnamento e abbandonato a se stessi un gran numero di bambini.
Lo comprendo ormai da tre settimane a questa parte, da quando la Lolla fa i due incontri pomeridiani settimanali da "ben" 30 minuti con la sua quarta elementare. Gilberto non può leggere il tema perché non è a casa sua, Evaristo si prende una strigliata per non aver consegnato alcun compito e a nulla vale spiegare che è la mamma è sempre al lavoro perché, gli ricorda la maestra, "è una tua responsabilità ricordarle di caricare i compiti". Da quei visini incorniciati nei pochi centimetri quadrati dello smartphone emerge tutta l'assurdità di una situazione che, dopo tre mesi, definire emergenziale è ipocrita. Che dire poi della maestra che si arrabbia perché i suo alunni non ricordano i verbi? "Vi avevo detto di ripassarli - afferma irata - evidentemente non l'avete fatto". Anche la Lolla si prende la sua ramanzina e non è turbata. Non lo sono neppure io perché so che la bambina ha fatto ciò che la maestra ha chiesto e anche di più. Da settembre fino a oggi ha ripetuto i verbi ogni settimana, come a nove anni faceva suo fratello che infatti i verbi li ha sempre saputi. Certo ognuno ha capacità diverse, ma qui non si tratta di bravura. Ieie ha avuto qualcosa che sua sorella non avuto: ha frequentato la quarta elementare, e scusate se è poco.
Nella prima media di mio figlio non va meglio. Da quando i genitori son tornati a lavorare molti alunni saltano le poche ore di lezione on line.
Ludmilla sta dai nonni e non c'è collegamento, mi spiega Ieie, Tamara ha un pc vecchio che, come il nostro, si disconnette in continuazione, Eufrasia è stata sgridata dalla prof per aver spento la telecamera e il microfono, ma era in auto con la mamma e non sapeva come fare. Alcuni sono soli a casa e non si svegliano in tempo. 
La miseria di questo sistema si fa strada con l'impeto di una valanga. Il fatto poi che l'orario delle lezioni che ci hanno dato sia buono per foderarci la gabbia del canarino, visto che non viene mai rispettato, è un altro paio di maniche.
A quando?
Per favore, professori, non ci dite che siete stanchi e che lavorate più di prima. Queste frasi toccano a noi genitori che spieghiamo quel che assegnate senza spiegare (proprio adesso Ieie mi ha chiesto cosa sia la paratassi), che correggiamo i compiti che non vi fate inviare e che altrimenti rimarrebbero lì come i quiz della settimana enigmistica rimasti senza soluzione. Quelli stanchi siamo noi, che facciamo un mestiere per il quale non siamo preparati (o così, oppure dovremmo dire che chiunque può insegnare).
Non ci dite, come ho sentito da alcuni, che meritereste un aumento di stipendio, perché potremmo saltarvi al collo, specialmente dopo che qualche madre lavoratrice, chiedendo ai professori come mai i voti del figlio fossero crollati negli ultimi mesi, si è sentita rispondere che in questa fase tocca a noi genitori seguire i ragazzi nelle attività scolastiche.
"Mio figlio è stato abbandonato" mi ha detto questa mamma "io lavoro e comunque tante cose non me le ricordo, non sono in grado di aiutarlo".
Che vergogna per uno Stato che nella sua Costituzione proclama che l'istruzione è aperta a tutti. Che è gratuita e, teoricamente, obbligatoria.
Ecco, io ve lo dico senza peli sulla lingua cari professori. Ho tirato la carretta per tre mesi, ma d'ora in poi mi impongo di incrociare le braccia a costo di abbandonare i miei figli all'ignoranza alla quale li avete condannati. Siete vittime anche voi, lo so, ma non faccio che chiedermi se qualcosa in più non potevate farla (e per inciso, la risposta non mi serve che già ce l'ho).
E se per settembre non si muove nulla, mi riprometto di disconnettermi da qualsiasi rete Internet perché, come voi non avete l'obbligo di fare lezioni on line (cosa che molto gentilmente non avete smesso di ricordarci), noi non abbiamo quello di essere connessi, né tantomeno di far parte di un gruppo whatsapp. E allora che farete, ci manderete i carabinieri a casa per inosservanza degli obblighi scolastici? O farete come la scuola di Ieie, che, al 20 di maggio, ha pubblicato un avviso on line per dire che c'erano alunni che, dalla chiusura della scuola, non avevano partecipato ad alcuna lezione, consegnato neppure un compito, né fatto un accesso alla piattaforma, e che i genitori di detti alunni erano pregati di attivarsi per far avere ai figli almeno una valutazione?
Basta col tutti promossi, ci sono genitori a cui del pezzo di carta non gliene importa niente. Vogliono Istruzione. Se la scuola è in grado di farlo, che a settembre riapra. Altrimenti che rimanga chiusa fino a data da destinarsi, che è più dignitoso della farsa degli ultimi mesi.
E comunque a giugno il campionato riparte. Certo il calcio è un'industria che muove miliardi, la scuola...be' lasciamo perdere. Ma non sarà anche che il calcio è roba da uomini e la scuola è roba da bambini e donne? Pardon, non da donne, da mamme...

venerdì 22 maggio 2020

Perfect

In fuga per sfuggire al capo della Gilda Bosco Crevan, Celestine  North comprende che l'unico modo per salvare se stessa e porre fine al sistema iniquo dei flawed, i fallati, costretti a pagare per tutta la vita con l'apartheid e l'ignominia un unico errore morale commesso, è recuperare il filmato che incastra Crevan e dimostra che anche lui è fallato, avendo sottoposto Celestine a una pena non autorizzata dalla Gilda.
Mr Berry, il suo avvocato, le ha fatto sapere di averle già consegnato il filmato, ma Celestine non ha la minima idea di dove sia, tanto più che Mr Berry sembra sparito nel nulla e con lui i pochi testimoni del gesto criminale di Crevan.
L'unico scampato è Carrick, un ragazzo che Celestine ha conosciuto durante i suoi giorni di prigionia sotto la Gilda, che come lei è stato giudicato fallato e ha assistito al gesto di Crevan. Aveva giurato che l'avrebbe trovata ed è proprio lui ad accompagnarla in questa fuga rocambolesca che li vede passare da un sito di ricerca allo studio di un originale avvocato, da una sorta di prigione-ospedale alla casa di un whistleblower, le guardie dei fallati, fino al lussuoso appartamento di uno dei membri della Gilda. Scenari dall'aspetto spesso misterioso e surreale, sfondi perfetti per il continuo capovolgimento di fronti con cui Celestine è costretta a confrontarsi. Fino alla conclusione che metterà sotto gli occhi di tutti, perfetti compresi, la bugia del sistema politico sostenuto fino ad allora che, come spesso accade, ha come fine il mero potere.
Degna continuazione del libro precedente, Perfect riprende la narrazione proprio dove si era interrotto Flawed, ma a differenza di quest'ultimo lo fa con un ritmo incalzante che, come promette la copertina, trascina il lettore dall'inizio alla fine. Si fugge insieme a Celestine e Carrick, alla ricerca della prova che potrà liberare non solo la protagonista, ma tutti coloro che, come lei, sono vittime del sistema.
Rispetto al primo capitolo, troviamo una Celestine più matura, la ragazzina indottrinata di Flawed lascia il posto a una giovane donna in grado di guardare al mondo con disincanto, ma senza perdere l'umanità e il coraggio che la contraddistinguono. In più Perfect ha il pregio di catturare il lettore sin da subito, perché lo stesso sistema della Gilda, che come avevo sottolineato nella prima recensione mi appariva un po' roba da sognatori, nello sviluppo della storia acquista spessore e credibilità, se non altro perché dimostra che cercare di moralizzare la società può rivelarsi pericoloso e dar vita inoltre a enormi ingiustizie.

Perfect di Cecelia Ahern, Harper Collins

Questo post partecipa al Venerdì del libro di HomeMadeMamma

venerdì 15 maggio 2020

Dalla parte dei bambini

Non possono protestare.
Non pagano le tasse.
Non votano. 
Sarà per questo che in oltre due mesi sono stati gli ultimi tra gli ultimi. 
Si sono previste misure per tutti (financo i detenuti in 41 bis hanno avuto un occhio di riguardo!), tranne che per loro, convinti che siano quelli meno danneggiati, perché a loro basta l'amore di mamma e papà e poco altro.
Sono loro che hanno perso tutto. Come quegli imprenditori che non sanno se riapriranno. Privati della scuola, delle attività sportive e ricreative, degli amici, dei nonni, di tutto ciò che componeva la loro quotidianità. Privati di una quotidianità.
In questi due mesi nessuno (a parte qualche mamma) si è interrogato su come le misure stringenti della quarantena abbiano impattato sulla vita dei bambini. Noi adulti siamo usciti per lavorare, per fare la spesa, per fare jogging pure, mentre loro languivano tra quattro mura, confortati da uno schermo e da programmi ad hoc sulle reti nazionali, in barba a tutti gli studi che consigliano di ridurre l'esposizione dei bambini agli schermi di Tv e tablet.
Anche il tema della scuola è stato trattato sinora in un'ottica adultocentrica. Riaprire le scuole perché i genitori devono lavorare (problema sacrosanto, per carità, e nessuno più di me, incatenata a casa da due mesi, lo può capire), riaprire le scuole garantendo la sicurezza della classe insegnante che è per lo più agée. Vero, certo, ma ricordiamoci anche che la scuola non è solo un diritto costituzionalmente garantito, se il costituzionalmente, in questi mesi, ha ancora un significato, è soprattutto la palestra dei nostri figli, quel luogo dove dovrebbero imparare ad affrontare la vita, a costruire relazioni, a formare la propria personalità. E uno schermo e dei compiti non sono per nulla la stessa cosa.
I bambini hanno uno spasmodico bisogno di confrontarsi con i loro coetanei in un posto che non sia il confortante nido di casa. Ci sono migliaia di figli unici costretti a frequentare ormai solo adulti, ci sono bambini che si intristiscono guardando i compagni di asilo da uno schermo, che possono incontrare i nonni restando a distanza e senza abbracciarli.
Cosa è rimasto a questi bambini della loro quotidianità a parte l'abbraccio di mamma e papà? Li abbiamo privati di tutto e ancora non sappiamo quando potranno recuperare un briciolo di normalità. Trattati come piccoli untori, quando invece sono solo vittime degli errori dei grandi.
Vorrei che uno dei tanti esperti avesse visto oggi mia figlia dopo mezz'ora di incontro virtuale con la classe. Come le brillavano gli occhi per quei pochi minuti trascorsi assieme, sebbene non avesse potuto chiacchierare con i compagni, né scambiarsi uno sguardo d'intesa con l'amica del cuore. Tutto il suo mondo ridotto nel francobollo dello schermo di un cellulare.
Ma ecco che ormai la scuola si avvia al termine e si appresta un'estate piena di incognite, in cui non sappiamo se potremo portare i bambini in spiaggia e a quali condizioni. Se potranno tuffarsi in acqua o se dovranno limitarsi a salutare da lontano l'amico che non vedono da un anno.
Per poi tornare a un nuovo anno scolastico ancor più carico di punti interrogativi.
Fate qualcosa per i nostri ragazzi, per carità. Qualcosa che vada al di là dei battibecchi ministero-sindacati che ho ascoltato sinora. Ricordatevi che i bambini e i ragazzi sono PERSONE, che la scuola non è solo un importantissimo diritto (che la Dad per altro non ha garantito), ma è anche una maestra di vita. E imparare a vivere chiusi tra le quattro mura di casa, spiando il mondo da uno schermo, è un po' difficile.

giovedì 7 maggio 2020

Nella didattica a distanza la grande assente è la didattica

Giorni fa è arrivata la valutazione della Lolla che dovrebbe sostituire il colloquio scuola-famiglia di metà quadrimestre. Da quanto inviato leggo che l'alunna partecipa assiduamente alle attività, collabora con le insegnanti, consegna  puntualmente i compiti assegnati, mostra capacità di problem solving e curiosità per le attività svolte.
Sarebbe interessante capire come hanno dedotto tutto questo giacché, (fatta eccezione per un breve incontro on line allo scopo di augurarsi buone "vacanze" di Pasqua), le maestre non vedono e non sentono la bambina da due mesi e immaginare che abbiano tratto tante belle considerazioni dai pochi compiti che, a partire solo da una ventina di giorni, le è stato chiesto di consegnare (e che IO allego con puntualità sulla piattaforma, per cui, sì, lo so che consegna con puntualità) ha quasi del miracoloso.
So bene che ci sono tante insegnanti e tante scuole impegnate nelle lezioni on line, ma ogni volta che sento la ministra dai variopinti rossetti snocciolare le sue percentuali da plebiscito sui ragazzi raggiunti dalla didattica a distanza, mi viene l'ulcera a pensare che su due figli, in due scuole di ordine, grado e comune diversi (uno in prima media, l'altra in quarta elementare), manco uno rientra nelle sue percentuali fantasmagoriche.
Da due mesi a questa parte la scuola si è trasformata in un compitificio: svanita la vita di e in classe, le insegnanti e gli amici, quello che è rimasto ai miei figli è la parte più noiosa e pesante della scuola. Compiti appiccicati a un registro virtuale sul quale le insegnanti appuntano pedissequamente gli argomenti trattati dei quali, però, nessuno ha mai veramente parlato al ragazzo, postando video di You tube per spiegare la nascita della borghesia o cosa sono gli organismi unicellulari. E ci va ancora di lusso, perché in altri casi vengono postati solo i numeri delle pagine da studiare, lasciando alla volontà degli alunni l'onere della comprensione (e alla buona volontà dei genitori disponibili quello della spiegazione). Ho trovato Ieie in video chiamata con l'insegnante del corso di musica che frequentava prima della fine della "vita reale" (come dice lui), per chiederle di insegnarli a suonare alcune note del flauto che l'insegnante di scuola gli aveva assegnato lasciandogli come guida il solo libro di testo. E di esempi simili ne ho tanti, roba da far pensare che a insegnare così siamo capaci tutti.
Questo per quanto riguarda Ieie che comunque, seppur con estrema lentezza, sta andando avanti col programma e che, dopo l'insistenza di alcuni genitori (me compresa) presso una riottosa preside, usufruisce di una barra due ore al giorno di lezioni on line su Skype, purché, ha stabilito la preside nei numerosi paletti che ha posto concedendoci questo privilegio, queste ore non si usassero per fare lezione (ma sì, che si raccontassero barzellette piuttosto) e i genitori non assistessero alle lezioni garantendo però il corretto comportamento dei figli durante lo svolgimento (ma come, con la forza del pensiero?). Per la Lolla le cose sono addirittura peggiori.
Arresesi all'impossibilità di spiegare qualcosa di nuovo in mancanza di interazione (le lezioni on line non si possono fare per non meglio definiti problemi organizzativi di insegnanti e alunni), le maestre hanno quasi del tutto abbandonato il povero programma ministeriale, fatta eccezione per radi, improvvisi guizzi in cui pare si tenti di far fare qualcosa di nuovo ai bambini, salvo pentirsi e ritornare sulle rodate strade del già fatto.
"Mamma basta con le divisioni, che la maestra ci dia qualcosa di nuovo!", ha sbottato l'altro giorno mia figlia e stava quasi per propormi una diserzione, quando le ho detto che stavolta le divisioni andavano consegnate. Sì perché, solo una parte dei compiti assegnati va restituita alle maestre (e anche qui ci va di lusso, perché per il primo mese la politica adottata era stata quella di non chiedere i compiti indietro, ma di inviarci le "soluzioni" lasciando l'onere della correzione a noi genitori), l'altra ce la possiamo tenere nel cassetto, come mero esercizio di stile. Il risultato di queste scelte è che mia figlia, quella stessa bambina che si sedeva da sola dopo pranzo a fare i compiti con rapidità ed efficienza (asserendo puntigliosa, davanti a qualche mio dubbio, che la maestra aveva spiegato di fare così), adesso langue svogliata su pagine di cui le sfugge l'utilità perché, come mi ha detto sfiduciata "tanto la maestra neanche li corregge".
Purtroppo per noi la didattica a distanza si è rivelata un fallimento su tutta la linea. Ai ragazzi si chiede un senso di responsabilità al di là delle loro capacità. Da questo momento tutto sarebbe dipeso da loro, ha detto il prof di inglese di Ieie alla chiusura della scuola trattando i suoi alunni come studenti universitari. Peccato che se all'università ci si va a 19 anni ci sarà un motivo. Perché sforzarsi a studiare storia se al posto dell'interrogazione verrà fornito un questionario da fare a casa (magari col libro aperto davanti) da restituire con comodo in una settimana? Qualunque ragazzo, anche lo studente universitario, sarà tentato dal non studiare.
Come madre, ciò che mi ha deluso di più è stato constatare come la maggior parte dei genitori non sia minimamente turbata dalla situazione. Ci ha visto giusto la summenzionata ministra quando ha per prima cosa rassicurato gli insegnanti sulla tutela dei loro stipendi e i genitori sul superamento assicurato dell'anno scolastico, ha dato al suo pubblico ciò che stava più a cuore, "panem et circensem". Perché a molti genitori non importa il diritto all'istruzione dei figli, ma il pezzo di carta, e vuoi mettere quanti sbattimenti in meno nel sapere che a prescindere da impegno e rendimento, l'anno sarà comunque assicurato? Bisognerebbe essere pazzi a richiedere verifiche serie e proseguimento del programma.
E così l'anno scolastico scivola verso la fine con questa irrecuperabile zoppia, tutti felici per lo scampato pericolo e senza certezze per il prossimo. Anzi, con un sinistro presagio, di arrivare a settembre ancora in attesa di capire dove  e come studieranno i nostri figli, quando finalmente, alla vigilia del nuovo anno scolastico, una conferenza stampa dell'ultimo minuto ci svelerà l'arcano. O ci assesterà l'ennesima mazzata.

venerdì 11 ottobre 2019

L'Idiota

Ho iniziato la lettura dell'Idiota con l'acquolina in bocca: il pasto sarebbe stato impegnativo, lo sapevo, perché ci sono cibi che richiedono palati allenati ai sapori più insoliti, ma il risultato finale mi avrebbe più che soddisfatto, almeno leggendo i pareri di chi questo romanzo lo aveva affrontato prima di me.
Dostoevskij non è facile, e questo è noto, può risultare a tratti pesante da mandare giù, ma la spesa vale sempre l'impresa e così anche quando le prime difficoltà mi hanno fatto vacillare ho tirato dritto, certa che ne sarei stata ripagata da quel pensiero denso e ricco che vale la scalata.
Devo ammettere, però, che sono arrivata alla fine delusa e stremata, trascinata solo dall'orgoglio e da una forza di volontà messa a dura prova. Da questa storia del principe Myškin, tornato in Russia dopo un periodo in Svizzera per curare la sua epilessia, da qui l'epiteto idiota che più di uno gli affibbia, non sono riuscita a cavare un senso.
Nel viaggio in treno che lo riporta a Pietroburgo, il principe fa la conoscenza del passionale e inquietante Rogožin che ha perso la testa per Nastas'ja Filippovna, giovane bella e perduta di cui il principe si innamora al solo vederne il ritratto.
Arrivato in città ramingo e senza un soldo, Myškin va a trovare il generale Epančin, che ha sposato una sua lontana parente. Sebbene non si siano mai visti prima, il principe col suo bel parlare e con l'animo buono, ispira subito simpatia alla generalessa e alle sue tre figlie che, nonostante ribadiscano sempre e comunque che si tratti di un idiota, decidono di accordargli la loro amicizia e protezione.
Sarà comunque un'eredità da un parente lontano e quasi sconosciuto (di quelle che succedono solo nei romanzi, ma mai nella vita vera), a dare stabilità economica al principe che, per una serie di eventi, cercherà di sposare Nastas'ja per salvarla dalla perdizione. Da qui la narrazione si sposta nel tempo e nello spazio, per portarci a Pavlovsk, una località di villeggiatura dove Myškin  ha affittato una dacia vicino agli Epančin. Sappiamo che Nastas'ja ha rifiutato di sposarlo, è andata da Rogožin, poi è tornata dal principe, poi di nuovo da Rogožin promettendo di sposarlo nonostante sia consapevole che quell'uomo sarà causa della sua rovina. Nel frattempo il principe si innamora di una delle figlie degli Epančin, la bella e capricciosa Aglaja e tra bigliettini e lettere, false richieste di risarcimento e tisici melodrammatici arriviamo, forse, al fidanzamento tra i due. Sembra quasi fatta, quando Aglaja decide per un chiarimento con Nastas'ja, che nel frattempo l'ha scongiurata di sposare il principe.
E qui, attenzione allo spoiler, succede la frittata, perché il principe, che pare ami entrambe, alla fine decide di salvare Nastas'ja sposandola. Aglaja fugge oltraggiata, Nastas'ja trionfa lieta sulla rivale e Rogožin sparisce, salvo tornare per il gran finale. Il matrimonio, poi, non ci sarà, e almeno questa sorpresa la risparmio a chi vorrà leggere il libro, e tutti i protagonisti, Aglaja compresa, saranno destinati a una conclusione che definire triste è un eufemismo.
Raccontato così, l'Idiota sembra quasi movimentato, ma in realtà la trama è lentissima, inframmezzata da episodi che non fanno che rallentarla e contribuire a confondere un lettore che già è sufficientemente confuso sul senso dell'intera storia. Ho chiuso le pagine continuando a lambiccarmi il cervello sul significato profondo della trama (perché quello superficiale già sfugge alla logica umana). Ovunque si vada a cercare, i paragoni tra il principe Myškin  e Cristo la fanno da padroni. Il principe è il paradigma dell'uomo buono, dell'uomo che porta dentro di sé lo splendore di una bellezza che "attira e respinge allo stesso tempo".
Neanche le recensioni e le critiche più autorevoli sono riuscite tuttavia a chiarirmi il senso del libro, né tanto meno a restituirgli, ai miei occhi, quella bellezza di cui tanti parlano. Un po' me ne dispiaccio, mi sembra di aver perso un'occasione, di non aver centrato il bersaglio, d'altro canto non so davvero di cosa accusarmi, se non di non arrivare a comprendere quello che invece per altri pare sia lampante.
Se tuttavia qualche lettore che ha letto e capito il libro volesse condividere con me il suo parere, ne sarò ben lieta. Magari darò così un senso a qualcosa che per ora, per me, "un senso non ce l'ha".

L'idiota, di Fëdor Dostoevskij, Newton Compton Editori, traduzione di Federigo Verdinois

Questo post partecipa al Venerdì del libro di HomeMadeMamma