venerdì 2 ottobre 2015

Weekend sul Pollino #2

Il giorno due del nostro weekend sul Pollino si è aperto con un'escursione nel Parco nazionale. Essendoci documentati, sapevamo che esistono decine di itinerari (tra le gole, lungo i torrenti, sulle cime più alte), ma ahimè molti non adatti ai bambini e anche a noi genitori, gente di pianura poco avvezza alla montagna. Alla fine, con la coda tra le gambe, abbiamo ripiegato sul più semplice, quello che parte dal rifugio De Gasperi in località Piano Ruggio.
Il punto di partenza della nostra escursione

Tra valli, boschi, valli e ancora boschi

siamo arrivati alla fine del percorso (quasi commossi per esserci riusciti) e lì, oltre ad ammirare il pino loricato, un albero secolare rarissimo in Italia ma presente nel Parco e del quale è simbolo, ci siamo concessi un pic nic.
Il pino loricato
L'itinerario, facilmente individuabile perché tracciato su sassi e tronchi, è stata abbastanza agevole, fatta eccezione per un punto in pendenza nel bosco dove devo ringraziare tronchi sottili e sconosciuti che mi hanno sostenuta, impedendomi di non scivolare sulle foglie bagnate e sui funghi.
Il tratto più arduo del percorso
Un altro ostacolo che ci ha tenuto in allerta, erano i mucchi di letame lasciati a valle dalle mandrie che pascolano nei dintorni e dai cavalli degli escursionisti. Eravamo terrorizzati che qualcuno dei nostri figli ci finisse dentro, ma per fortuna li abbiamo riportati a casa puliti e profumati.
Al ritorno abbiamo preso una scorciatoia che taglia l'itinerario e sbuca sulla strada asfaltata, ma nonostante l'éscamotage, alla fine abbiamo percorso oltre sette chilometri che tutti i bambini hanno fatto senza (quasi) lamentarsi.
Ora, sebbene io sia più un'amante dei viaggi nelle grandi città (mi piace bearmi dell'architettura di posti nuovi, visitare chiese, musei e gallerie d'arte, spiare la vita altrove, lo struscio nelle vie del centro, le vetrine di prodotti locali), e meno di quelli naturalistici (a meno che non si tratti di mare), questa esperienza non mi è dispiaciuta. La montagna in "verde" (che non conoscevo e desideravo far sperimentare ai bambini) ha il suo fascino, fatto di cieli sconfinati racchiusi fra vette e cime,
di silenzi ricamati dai ronzii degli insetti,
di momenti di tensione, quando nel buio imperlato dei boschi ti chiedi se sbucherà un lupo o un cinghiale (e va bé, siamo gente di pianura). 

Quello che manca, per i miei gusti, è la storia, storia nel senso di avvenimenti umani che abbiano lasciato una traccia, un segno, un cambiamento visibile nel tempo, ma insomma, questo snaturerebbe l'elemento naturalistico, nonché toglierebbe senso al viaggio in sé.
La giornata ha infine riservato una sorpresa assai gradita ai bambini. Mentre eravamo nel museo di Rotonda per vedere i resti di un elefante del Pleistocene, siamo stati intercettati da un signore gentile (probabilmente contattato dalle addette del museo quando hanno visto arrivare i piccoli) che ci ha invitato a salire con lui al piano di sopra.

Abbiamo così scoperto che il museo custodisce un enorme plastico di una stazione ferroviaria, arrivato fin lì per alterne vicende e rimontato e manutenuto dal gentile signore. Oltre a raccontarci la storia della stazione in mignatura, ne ha illustrato il funzionamento ai bambini, ma soprattutto ha dato loro palette e cappelli da capostazione e...li ha fatti giocare con i trenini. Sì, hanno fatto partire i convogli, li hanno fermati, hanno manovrato da soli la pulsantiera e questa cosa li ha ovviamente elettrizzati. In più, nonostante fossero cinque piccole pesti smaniose di controllare i treni, sono riusciti a non litigare perché ognuno ha avuto il suo tempo a disposizione. Ho trovato l'idea molto carina e intelligente, un modo per avvicinare anche dei bambini piccoli come loro (dai tre ai quasi sette anni), a un ambiente che di solito non si ritiene adatto a loro.
Immagino che dopo questa esperienza, i miei figli saranno entusiasti di andare al museo. Spero solo di poterne approfittare quanto prima!


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