martedì 31 gennaio 2017

La settimana corta

Da un paio di anni a questa parte le scuole di ogni ordine e grado della mia provincia stanno passando alla settimana corta. Si tratta, nella maggioranza dei casi, di strizzare in cinque giorni le ore scolastiche prima dislocate in sei, con orario di ingresso e di uscita, a seconda del tipo di scuola, compreso tra le otto del mattino e le 13.30/14.30 del pomeriggio, senza mensa perché la gran parte delle strutture non dispone dei locali (e poi, chi paga?). La scelta pare sia nata in primis su richiesta dei Comuni, non lo dico io ma l'ho sentito dire da una dirigente scolastica, per tagliare le spese, poi il Miur ha avallato con linee guida ad hoc e com'è come non è, spesso a volentieri è stata imposta senza neanche ascoltare il parere dei genitori al riguardo.
Sul perché dell'accorciamento della settimana ne ho sentite di ogni. La vogliono le insegnanti perché così hanno il week end lungo; la vogliono i genitori perché così possono viaggiare nel fine settimana (però, le voglio conoscere queste famiglie con la valigia sempre pronta sotto al letto); le vogliono i Comuni per le ragioni di cui sopra.
Siccome, a ben vedere, nessuno di questi motivi pare lontanamente valido, ieri la dirigente del nostro Ic ha incontrato noi genitori per spiegarci perché anche noi, dal prossimo anno, passeremo alla settimana corta (e ancora non si sa se con orario di cinque ore e mezzo ogni giorno o di cinque ore al giorno più un rientro pomeridiano che prevede che noi si riprenda i bambini, li si nutra per poi riportarli a scuola).
Ecco quanto ci è stato detto.
"Se le insegnanti hanno optato per questa scelta - (a noi genitori ovviamente non è stato chiesto nessun parere in merito) - è perché ci sono ragioni legate alla didattica, loro sanno che questa è l'opzione migliore".
"La scuola è cambiata, non si lavora come ai vostri tempi".
"Lo studio non è più per nozioni ma per competenze".
"La bravura di un'insegnante non dipende da quante poesie ha fatto imparare a memoria".
"Adesso i bambini che escono dalla primaria non sono come un tempo - (a ridaie) - sanno leggere un grafico, hanno nozioni di statistica e di finanza" (be' speriamo che oltre a saper leggere il Sole 24 Ore, i nuovi decenni siano anche in grado di distinguere la è verbo dalla e congiunzione, perché in giro vedo tanta confusione al riguardo).
"Dimenticatevi le lezioni frontali di una volta, adesso la lezione è aperta, multidisciplinare, per questo è necessario la presenza di tutti gli insegnanti tutti i giorni" (cioè lei mi sta dicendo che ogni insegnate sarà presente a scuola cinque ore e mezza ogni giorno?).
"Così il sabato i ragazzi potranno stare in famiglia".
"Del resto mi rendo conto che per alcuni genitori che lavorano di sabato potrebbe essere un problema - (ma come, e la storia dello stare in famiglia?) -, ma comunque gli orari del lavoro sono cambiati, non è più come un tempo che nel primo pomeriggio tutti rientravano a casa. Anche per il sabato si troveranno quelle soluzioni già praticate durante la settimana" (anche detto: pagatevi un doposcuola o una baby sitter).
"E del resto la funzione della scuola non è quella di preoccuparsi delle esigenze lavorative dei genitori" (no di certo, ma manco ignorarle completamente però).
Insomma, sono uscita dalla riunione frastornata e delusa. Non che mi aspettassi chissà che, ma la verità è che nessuno di questi motivi mi ha convinta. Mi aspettavo che mi si dicesse in quali termini la didattica, l'insegnamento e i bambini beneficeranno di questo cambiamento. I bambini, soprattutto, che sono coloro sui quali e per i quali la scuola dovrebbe essere cucita.
Nessuno mi ha spiegato perché per dei piccoli di età compresa tra 5 e 11 anni stare seduti composti e zitti per cinque ore e mezza ad ascoltare un'insegnate (nella scuola dei miei figli l'intervallo dura dieci minuti e si svolge rigorosamente seduti in classe) dovrebbe essere un vantaggio. Nessuno mi ha spiegato cosa capiranno quei bambini arrivati alle ultime ore di lezione e con quale entusiasmo potranno, una volta a casa, accostarsi ai compiti.
Tutto sommato il motivo dei viaggi ogni week end (per chi potrà permetterseli) rimane quello più sensato. Dal canto mio, se avessi disponibilità per partire ogni settimana, le investirei piuttosto in una una scuola privata di valore, perché quella pubblica mi pare incamminata su una china pericolosa.

2 commenti:

  1. Da me la settimana corta c'è da sempre, alle elementari e alle medie non si va di sabato e francamente l'ho sempre trovata una buona cosa. Forse perché sono abituata così, e non lavoro nel week end, non so. Le maestre delle elementari organizzano le ore in modo da tenere la didattica vera e propria nelle ore mattutine, e dedicarsi a musica, arte e attività più ludiche nelle ore pomeridiane, sicuramente meno produttive. I bambini escono alle 16.30 e si, metterli a fare i compiti alle 17.30 francamente non è bello. Però è questione di necessità, anche: quasi nessuno riuscirebbe a gestire figlioli che escono da scuola a mezzogiorno, o anche alle 14.

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    1. Guarda, così la capisco di più. Ma nella gran parte delle scuole della mia zona si parla di strizzare le 27 ore settimanali (perché l'orario più esteso non è contemplato) in cinque giorni, quindi ridistribuendo le quattro ore e mezzo del sabato dal lunedì al venerdì. Di uscire alle 16 proprio non se ne parla, mancano le mense e il personale, e del resto se i Comuni hanno chiuso le scuole al sabato per risparmiare, è difficile che si possa pensare a creare le mense.
      Del resto le ore dedicate alle materie leggere sono troppo poche per poterle garantire sempre alle ultime ore. Quello che io contesto è che la settimana corta così strutturata (8-13.30 o 8.15-13.15 con un rientro pomeridiano che prevede che noi li riprendiamo e poi li riportiamo a scuola) non avvantaggia le famiglie e tanto meno i bambini che da una certa ora in poi faticheranno a seguire la maestra, la mattina si alzeranno prima, torneranno dopo a casa e avranno più compiti. Quindi, a conti fatti, a che serve?

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