venerdì 5 maggio 2017

Niente e così sia

Non si viene al mondo per morire a vent'anni alla guerra.

E' un libro di filosofia Niente e così sia, il diario sulla guerra che Oriana Fallaci scrisse durante la sua esperienza in Vietnam a cavallo tra il 1967 e il 1968. E' un libro di filosofia perché, nel tentativo di rispondere alla domanda che l'aveva portata al fronte (perché gli uomini facciano una cosa così stupida come la guerra, perché si uccidano e a cosa pensino quando sono lì), partendo da Saigon e spostandosi tra foreste di palme, piantagioni di caffé, colline e trincee del Vietnam del Sud, la Fallaci scopre verità immutabili e incontrovertibili sulla condizione umana.

Sono qui per spiegare quanto è ipocrita il mondo quando si esalta per un chirurgo che sostituisce un cuore; e poi accetta che migliaia di creature tutte giovani, col cuore a posto, vadano a morire come vacche al macello per la bandiera.

Il conflitto del Vietnam fu un tritacarne nel vero senso della parola, l'abbiamo imparato da una filmografia impressionante e, dopo aver visto il Cacciatore, pensavo che non si potessero aggiungere altri tasselli di atrocità a questa vicenda. Invece il libro della Fallaci conferma e amplifica tutto questo, la guerra viene vista proprio da dentro la trincea, da sotto un cielo da cui piovono bombe, in mezzo ai soldati e, in questa apoteosi del male, riusciamo a capire come i fatti, dal di dentro, assumano contorni e colori diversi. Guardiamo l'Uomo e riflettiamo con Oriana sull'assurdità del male, sulla storia che non aiuta ad evitare errori uguali ai precedenti.

La morte, sa, ha un valore relativo. Quando è poca, conta. Quando è molta, non conta più.

L'orrore della Shoa era proprio dietro l'angolo, ancora indelebile, eppure gli uomini sembravano aver già dimenticato.
Nel suo libro, forse un po' lungo, perché 400 pagine di guerra son dure da mandar giù, Oriana ascoltò tutte le voci, generali e umili soldati, americani, vietcong, nordvietnamiti e sudvietnamiti spettatori del conflitto, per fornire al lettore, e a se stessa, un quadro completo. Impressionante è come emerga, da ambo le parti, la paura e la stanchezza dei poveri soldati, mandati a morire senza un perché da uomini più potenti e grandi di loro che, però, stanno al sicuro, e a morire ci mandano gli altri.
A fare da sfondo alla bruttezza creata dall'uomo, un Paese che appare invece di una bellezza fiabesca, con i suoi fiumi, le foreste e le colline di un verde esotico e per noi sconosciuto, martoriati da un martellare di fuoco, bombe, bengala e da una quantità di armi che nemmeno immaginavamo esistessero. Proprio sulle armi, sul piccolo proiettile dell'M16, c'è una delle riflessioni più belle della Fallaci, e solo per questa bisognerebbe leggere il libro. Per chiederci, tutti, quanto siamo innocenti. Per imparare qualcosa sul concetto di responsabilità.
In conclusione la Fallaci risponde alle domande che l'avevano portata al fronte e, soprattutto, alla domanda postale dalla sorellina prima della partenza, che è l'anima del libro "La vita cos'è?". La risposta Oriana ce la dà sul finale quando, tornata dal Vietnam e in missione in Messico, rischiò la vita durante una manifestazione studentesca. Io ovviamente non la anticipo, vale la pena andare al fronte con Oriana per capire la vita cos'è.

P.S.
Ho poi scoperto che anni dopo Oriana Fallaci tornò in Vietnam, non tra le truppe americane, ma tra quelle nordvietnamite, per vedere la guerra dal fronte opposto. Gli articoli frutto di quell'esperienza sono ora raccolti nel volume Saigon e così sia

Niente e così sia, di Oriana Fallaci, Best Bur

Questo post partecipa al Venerdì del libro di HomeMadeMamma

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