giovedì 2 luglio 2015

Cose che avrei voluto sapere prima di andare in Sicilia

Quando, in primavera, raccontavamo a parenti e amici che a giugno avremmo passato una settimana in provincia di Trapani, precisamente a San Vito lo Capo, la reazione è stata unanime. Un coro di "Che meraviglia!" "Posti bellissimi, ci sono stato" "Andate anche a Erice, eh!" che, insomma, ci son rimasta un po' così. A quanto pare, tutti, ma proprio tutti ci erano stati e io mi son chiesta dov'eravamo rimasti noi in questi anni in cui parenti e amici avevano visitato a frotte la punta estrema della Sicilia che, per altro, non è che sia vicinissima da noi.
Comunque, come per ogni viaggio ci siamo documentati, abbiamo raccolto consigli e comprato la guida, la solita marca alla quale ci affidiamo soddisfatti in ogni occasione turistica.
Pronti via. Partiti. Tutto a posto?
Sì bè, il viaggio è andato bene, ci siamo riposati, divertiti, abbiamo visitato posti molto belli, però, ecco, ci sono stati degli intoppi che si sarebbero potuti evitare con un po' più di preparazione. La nostra guida, stavolta, è stata un po' lacunosa, e anche parenti&amici non ci hanno fornito informazioni che forse nemmeno loro avevano (magari son stati più fortunati di noi). Per cui ci sono tre o quattro cose che, se avessi potuto, avrei fatto diversamente.

-Andate a Erice! Ce l'hanno detto praticamente tutti. Nessuno però ci aveva avvisato che il comune di Erice è diviso in due entità. La prima, quella famosa, è sul cucuzzolo di una montagna, l'altra, quella più popolosa, confina con la periferia di Trapani in un continuum senza distinzioni. Ora, quando abbiamo impostato sul navigatore Erice, la macchinetta dove poteva portarci?
Già, nel paesone di periferia, che, insomma, contrastava con le descrizioni che ci avevano fornito e per di più non era in montagna, come ben sapevamo.
Rimediato all'errore con un po' di tempo perso, abbiamo finalmente imboccato il percorso giusto in una scena quasi dantesca. Per me che non amo le strade che si affacciano sul vuoto, inerpicarmi su quei tornanti non è stato il massimo, aggiungete una strana nube bianca (fumo? nebbia?, ci siamo chiesti) che a un certo punto si è addensata davanti a noi, ed ecco che immaginavo Virgilio sbucarne per venirmi a prendere nel mezzo del cammin della mia vita.

-Andate a Erice (2)! L'altra cosa di cui nessuno ci aveva avvisato è che a Erice fa un freddo cane. Nonostante fossimo meglio coperti dei turisti in maglietta e pantaloncini che si aggiravano per il borgo cercando riparo tra foulard e teli da bagno, i dieci gradi di quel pomeriggio mi hanno fatto sognare con cupidigia l'armadio di casa dove i cappotti riposano nella naftalina. Purtroppo il vento gelido ha limitato la nostra visita, costringendoci a rifugiarci prematuramente in un ristorante.
Abbiamo poi saputo che in effetti lì le temperature sono piuttosto basse, come la nube bianca che quotidianamente vedevamo avvolgere il monte Erice ci ha confermato. Trattasi, infine, non di fumo né di nebbia, ma di nuvole vere e proprie. Perché a Erice succede anche questo. Un attimo prima stai ammirando uno splendido panorama

un attimo dopo non vedi più niente perché il vento ti ha avvolto in una nuvola. Di pioggia.

-Last call Favignana. Siamo arrivati in una delle Egadi all'ora di pranzo, probabilmente impreparati, e dopo aver fatto un giro in paese, cosa che ha richiesto circa mezz'ora, abbiamo capito che impiegare il tempo fino all'aliscafo del pomeriggio sarebbe stata dura. Non che non ci sia niente di bello a Favignana, la costa offre molto (immagino), ma quel giorno il mare non era proprio da escursione in motoscafo e il trenino che fa il giro dell'isola partiva a ridosso dell'aliscafo. Alla fine abbiamo optato per il noleggio di una jeep (anche se ho notato che le mountain bike andavano per la maggiore), ma anche così non abbiamo avuto maggior fortuna. Il problema è stato orientarsi in un dedalo di strade che da asfaltate diventavano sterrate, per finire a volte nella sabbia. I cartelli c'erano, ma dopotutto siamo pur sempre in Italia e la segnaletica ti accompagna fino a un certo punto per poi abbandonarti...

-I Faraglioni di Scopello. Sappiatelo, se volete vederli vi tocca sborsare 3.50 a cranio. Poi mi raccomando, niente foto, niente video, no sdraio, pic nic o animali al seguito. Perché questo tratto di costa appartiene a privati (oh yes, gli euro li intascano loro) che, in barba a tutte le norme sul demanio, hanno ottenuto dal Tar di chiudere l'accesso al pubblico (non pagante) a questa caletta.
Se come noi non volete sottostare al prelievo, i Faraglioni si possono tranquillamente ammirare via mare con un motoscafo. Da lì si può vedere anche la vecchia tonnara, una delle più famose della Sicilia.


-Trapani. Ecco una meta che ci ha lasciati indecisi fino alla fine. Le descrizioni di parenti&amici erano state tiepidine, ma poi non ce la siamo sentita di tralasciare il capoluogo. E abbiamo fatto bene. Il giro in centro che ci siamo concessi, per quanto rallentato da sosta giostrine e sosta gelato, ci è piaciuto molto. I palazzi barocchi baciati dai riflessi del sole, lo struscio fra strade lastricate che si aprivano ai pedoni come un salotto a cielo aperto, le gelaterie strabordanti dei colori e dei profumi locali e il mare che occhieggiava dalle strade laterali del corso, sono stati una sorpresa piacevole e, anzi, ci sarebbe piaciuto trascorrere più tempo in questa città.

Ecco, questo è quello che avrei voluto sentire prima della partenza: i bello, bellissimo, stupendo mi hanno lì per lì fatto piacere, ma non sono stati sufficienti. A questo punto potrei pensare a una collana di guide turistiche "tip&tricks", della serie "quello che avresti voluto sapere ma che nessuno ti dirà mai". Se trovo un finanziatore magari le faccio in prima persona...

2 commenti:

  1. Oh, te lo avrei detto io, di Erice! Ci sono stata tantissimi anni fa, ma quello che mi ricordo è proprio la nebbia e il freddo!

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  2. Bè al prossimo viaggio ti chiederò una consulenza ;-)
    E dire che ho parlato con più di una persona, tutte mi hanno detto che non potevo assolutamente non vedere Erice, ma nessuna che mi abbia avvertita del clima. Forse son state più fortunate di noi.

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