giovedì 8 ottobre 2015

L'uomo primitivo

La mia amica Mary li chiama gli angeli custodi. Sono quelle persone sconosciute che, in un momento di sconforto, inaspettatamente ti danno una mano per poi scomparire e non farsi rivedere mai più. Lei vanta un paio di casi simili, a me è capitato poco tempo fa, quando un signore di mezza età barbuto e gentile, ha intrattenuto i miei figli e quelli di alcuni amici mentre attendevamo di visitare la grotta del Romito, un sito archeologico dove sono state rinvenute sepolture umane risalenti a quasi 20mila anni fa.
C'era un bel sole e un albero carico di noci. Io, di umor nero per un problema che mi porto dietro da mesi, acuito da una notte insonne a causa dei terrori di Ieie, non avevo alcuna voglia di accontentare i bambini che mi chiedevano di raccoglierle. Questo signore, invece, si è seduto sotto le fronde dell'albero a sgusciare noci e spiegare loro cos'è il mallo e come va aperto.
Non so se fosse un angelo, aveva pure una moglie, gli angeli ne sono provvisti? Ma nel mentre che i piccoli mangiavano e io venivo presa dal rimorso, perché perfino uno sconosciuto sapeva essere più gentile di me con i miei figli, il signore ha raccontato loro la storia di uno degli scheletri ritrovati nella grotta, seppellito, come tutti gli altri, in coppia. Parlava ai bambini, ma ho il sospetto che mirasse anche a noi adulti, perché mi ha fatto molto riflettere.
Si tratta di uno scheletro particolare, di un uomo affetto da una disabilità agli arti inferiori che gli impediva di camminare, un problema non da poco in una società che viveva di caccia. "Il gruppo, però - spiegava il gentile signore - non lo abbandonò e gli trovò un'altra occupazione. Sapete da cosa si capisce?".
...
"Dai denti. Esaminando la sua dentatura consumata, gli studiosi hanno scoperto che quest'uomo aveva il compito di lavorare con la bocca le pelli degli animali cacciati. Questo dimostra che pur essendo uomini primitivi, avevano già un senso profondo della comunità. Nessuno veniva abbandonato".
Ecco.
E adesso chi lo dice alla mia amica che da questa estate lotta perché il figlio abbia l'insegnate di sostegno che per diritto gli spetterebbe?
Chi glielo dice che,  persino nelle comunità di 16mila anni fa, una persona in difficoltà non veniva abbandonata, mentre oggi la mamma di un seienne si deve sentir dire dalla preside "signora deve andare a fare pressioni in provveditorato" come un don chisciotte armato solo della disperazione?
Com'è che gli uomini "primitivi" sapevano cogliere le capacità del singolo, mentre adesso un bimbo con problemi di apprendimento, che pure se seguito è in grado di fare le cose come e meglio degli altri, viene considerato un peso? Perché la sua mamma deve arrivare a perorare il suo "non essere pazza" di fronte ai moniti della preside a darsi una calmata?
Ecco, io penso al Romito che, incapace di muoversi, si sentì comunque parte integrante e utile (e amata) della comunità. E mi chiedo: chi sono i veri primitivi?

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