mercoledì 16 dicembre 2015

Allarme nel presepio

Avere figli è come fare continui viaggi nel passato riassaporando memorie e sensazioni perdute. E' successo ieri, quando Ieie ha scandito il titolo della lettura assegnata per i compiti a casa. "Allarme nel presepio", ha detto, e una fioca luce si è accesa nel mio cervello, stile madeleine di Proust, e ho iniziato a pensare che quel titolo mi ricordava qualcosa, qualcosa che anch'io avevo letto nella mia infanzia.
Ora, in altri tempi per soddisfare tale curiosità avrei dovuto recarmi a casa dei miei e spulciare libri di scuola e non. Mi ci sarebbero volute settimane. Ieri, invece, sono andata di Google e ho avuto subito la risposta. "Allarme nel presepio" è un racconto aperto di Gianni Rodari. Ecco che la memoria, ripartita come un vecchio pc, mi è venuta in aiuto: si tratta di uno dei brani contenuti in "Tante storie per giocare", uno di quei libri che, nella mia infanzia, ho letto e riletto fino alla consunzione. Chissà perché, poi, a dieci anni uno ha questa strana abitudine di rileggere le stesse cose. Forse perché ti sembra di avere tutto il tempo del mondo a disposizione, o forse perché a quell'età la ripetizione ha un potere mistico e niente a che vedere con la noia.
Fatto sta che quel libro conteneva racconti con tre finali così che il lettore potesse scegliere il più gradito. Quando Ieie ha tirato fuori la fotocopia contenente la lettura (Ecco, qui devo aprire una parentesi. Perché alle elementari, pardon primaria, di oggi si fa quest'uso smodato delle fotocopie? I libri, pochi e sottili, sembrano sempre inadeguati alle esigenze didattiche. La classe di Ieie, ad esempio, non ha un testo per la grammatica e gli esercizi avvengono tramite fotocopie che quello smandrappato di mio figlio tira fuori dallo zaino, sempre che arrivino a casa, tutte sgualcite. Non sarebbe più ecologico adottare dei libri? E poi, mi viene in mente una domanda maligna. Non è che quando i testi non saranno più a carico della scuola, ma di noi genitori, improvvisa riemergerà la necessità di dotarsi di decine di volumi? Chiusa parentesi), tirata fuori la fotocopia, dicevo, ho notato che il racconto proposto era un sunto estremo dell'originale, peraltro privo di finali.
Google mi ha dato una mano ancora una volta e ho letto a mio figlio l'intera storia. A poco a poco l'immagine che un tempo mi ero fatta del racconto è ritornata nella mia mente come una foto sottratta alla polvere. La chitarrista hippy, uno degli intrusi messi dal bambino nel presepe, è riemersa col suo caschetto giallo e, prima ancora di leggerlo, mi sono ricordata che era un pupazzetto trovato in un fustino di detersivo per lavatrice (il fustino, che oggetto vintage!). Ma quel che mi ha colpito di più sono stati i finali.
All'epoca i tre finali delle storie mi sembravano tutti simpatici, sì qualcuno più bello degli altri, ma non avevo mai notato o, non so, forse non ricordavo, che invece dei tre, due erano proprio da pollice verso. Mi spiego. Nel primo finale gli intrusi, un aviatore, una chitarrista e un pellerossa, poiché non graditi agli ospiti tradizionali del presepe, decidono di andarsene. Nel secondo, per farsi accettare, cambiano e si omologano a pastori &C. Nel terzo, il re magio Gaspare riesce a riportare l'armonia facendo notare che Lui è nato per tutti gli uomini di buona volontà, senza distinzione di razza, usi e costumi.
La prima sensazione è stata di vergogna, perché quel racconto, così attuale, mi ha fatto riflettere su come spesso ci dimentichiamo di questa semplice verità. La seconda, è stata di ulteriore vergogna. E se il fatto che da bambina trovassi tutti i finali simpatici, anche i primi due, così scorretti, fosse dovuto alla mancanza di pregiudizi dell'infanzia? Se l'uguaglianza fosse stata così scontata, da trovare semplicemente buffe la fuga e il cambiamento degli intrusi?
Come si dice, Omnia munda mundis...

2 commenti:

  1. Che bello! Mi sembra impossibile non aver letto anche io fino alla consunzione questo librino, perché adoravo Gianni Rodari, lo ricercherò subito (e cavoli, quanto mi dispiace non poterlo leggere con la purezza degli otto anni, quando avrei avuto dei dubbi tra i finali!). A me manca molto rileggere all'infinito i librini, come facevo da bambina, quando ne citavo tratti a memoria!

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    1. È vero, anche per me le citazioni a memoria risalgono a letture e studi dell'infanzia e dell'adolescenza. È come se allora fossimo pozzi profondi da riempire.
      Se hai figli, però, hai l'enorme privilegio di metterti al loro livello per leggere un libro con i loro occhi. Non sarà come leggere Rodari a otto anni ma si avvicinerà molto.

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