E' stato un inverno lungo e faticoso, fatto di imprevisti e momenti down e poi telefoni che trillano e che comunicano qualche gatta da pelare, al punto che non sopportavo più il suono del cellulare. Poi ogni tanto le cose sembravano migliorare, tiravi il fiato, pensavi che il peggio era passato e che forse si poteva guardare avanti con serenità quando, driiin, squilla il telefono e arrivano altri casini da risolvere.
Niente di grave, per carità, è che però a un certo punto ti chiedi se sarà sempre così. Se la maturità comporta un affastellarsi di responsabilità e grane. Un addormentarsi con un milione di pensieri in testa e risvegliarsi facendo l'elenco delle matasse quotidiane da sbrogliare.
Poi finalmente arriva l'estate e torni qui, al paesino. Il luogo dove posso ricucire le trame della mia vita, quello che con la sua costante presenza, estate dopo estate, mi ricongiunge col passato e diventa scenario di nuovi ricordi. La casa del paesino è la casa dove mi sembra di rincontrare mia nonna, l'unico posto dove ho vissuto con lei sotto lo stesso tetto. Il piacere che provo è condiviso dai miei figli, Ieie in particolare, entusiasti, a loro volta, di passare le vacanze al mare con i nonni materni.
L'altra sera, per dire, davano alla radio l'Estate sta finendo, dei Righeira, e Ieie si è rattristato nel sentirla. "Mi sembra che uccida il paesino", ha detto.
E così siamo di nuovo qui. Queste estati tutte uguali, si fa per dire, possono sembrare noiose, ma a me e mio figlio, di indole conservatrice, piace così. Il paesino ha perso molto del suo fascino, complice un mega porto che se l'è sbranato sputando una carcassa che è solo il pallido fantasma di quel che era. Ma tant'è, io e i miei amici ci siamo affezionati e ci torniamo con piacere. Perché qui, in questo isolamento fuori dal mondo, tiriamo un po' il fiato dalle fatiche che, con carico minore o maggiore, tutti dobbiamo sopportare e riscopriamo la gioia delle lunghe estati insieme da ragazzi.
Quest'anno, poi, ricorrono trent'anni da quando conobbi le prime amiche. Fu il mio cane a fungere da "gancio". La più piccola di noi aveva appena sei anni, era in procinto di inizare le elementari e, sedute davanti a casa di sua nonna, in quei pomeriggi lontani nel tempo, le suggerivo parole bisillabiche che lei provava a scrivere in stampatello.
Eppure sembra ieri. Adesso, come trent'anni fa, è la Lolla che deve fare il suo ingresso alla primaria. Qualche sera fa la guardavo giocare con i figli di quelle mie amiche incontrate tramite un cane. Facevano i nostri stessi giochi, in quello stesso posto, lo spiazzo della locale Lega Navale, dove ci rincorrevamo noi.
Non mi sono comossa. Non ho pensato a niente. Li ho guardati giocare e poi sono tornata a parlare e mangiare con le vecchie amiche, come ho fatto in tutti questi anni. Forse è questa la continuità che dà un senso alla maturità.
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