mercoledì 22 maggio 2019

Se per essere "green" bisogna comprare

Da un po' di tempo c'è una nuova moda che riempie le stories di Instagram, i servizi televisivi e i blog di tutto il mondo. La potremmo chiamare green, o eco, e altro non è che quella tendenza con cui ci dicono che stiamo distruggendo il nostro pianeta e che dobbiamo cambiare "way of life" prima che i danni siano irreparabili.
Ora. Io non sono una terrapiattista né una no vax, se gli scienziati lanciano l'allarme sull'inquinamento e sul dilagare della plastica nel mare, mi fido di chi senza dubbio ha più titoli di me per dare informazioni. Quel che non condivido è un certo modo di porre la questione, con personaggi più o meno famosi dei social e dello spettacolo sempre pronti a farci (farmi) sentire in colpa.
Colpevole perché per i miei figli ho usato i pannolini usa e getta; colpevole perché mi mangio due fettine di carne alla settimana; colpevole financo perché a casa nostra ci laviamo i denti.
Se l'inquinamento mondiale rischia di raggiungere il punto di non ritorno è colpa nostra, ci dicono, e dobbiamo cambiare al più presto le nostre abitudini per evitare il peggio. Ecco, io questo atteggiamento lo ritengo un po' ipocrita, senza contare che scaricare tutte le responsabilità sui consumatori mi sembra esagerato. Esagerato, ma funzionale: se è colpa tua è giusto che sia tu a pagare il costo (monetario) del cambiamento. Ergo, sborsa un centesimo a busta ogni volta che acquisti frutta e verdura, busta, sia chiaro, che non potrai riutilizzare al prossimo acquisto. Che nesso ci sia tra questa tassa e la riduzione dell'inquinamento non ci è dato sapere (mangeremo meno frutta e verdura? ce le coltiveremo sul balcone?) ma intanto paghiamo.
In quest'ottica nazigreen la prima cosa da fare sarà dire addio a tutto quanto di usa e getta abbiamo in casa per sostituirlo con prodotti eco (e fin qui ci sta). Quindi benvenuti dischetti struccanti, scottex e pannolini riutilizzabili. Ora, non discuto l'innegabile svolta green, tuttavia tutta sta roba va lavata, il che comporta un ulteriore sbattimento. Quando son nata io esistevano ancora i pannolini lavabili, tali "ciripà". Lo so perché mia madre se li ricorda bene e me lo racconta come un incubo. Appena ha potuto passare a quelli usa e getta è rinata. E se ripenso al periodo in cui avevo due figli piccoli per casa, se avessi dovuto anche lavare i pannolini, penso che la Lolla non sarebbe mai nata.
Ma, si diceva, tocca a noi pagare il cambiamento. A caro prezzo. Perché tutti questi simpatici oggetti, molti dei quali in fibra di bambù che pare essere il materiale eco per eccellenza (fino a prova contraria), hanno costi più da boutique che da supermercato. E va bene che il riutilizzo ammortizza la spesa. Ma che vogliamo dire sulla carta igienica di bambù a 2,40€ al rotolo, vogliamo riutilizzare pure quella? E il dentifricio ecologico a 10€ la confezione? Come lo ammortizzo, scegliendo tra lavare i denti ai miei figli o mandarli all'università?
La vera rivoluzione non è bandire la carne per sostituirla con semi e radici (e comunque il ginecologo di una mia amica vegetariana si è rifiutato di seguirla durante la gravidanza se non avesse mangiato carne). La vera rivoluzione sarebbe evitare di mangiarne quotidianamente sotto varie forme, sarebbero supermercati che non strabordano di ogni ben di Dio, dove ogni giorno a qualunque ora puoi trovare di tutto, dalla porchetta di Ariccia ai pizzoccheri valtellinesi.
La vera rivoluzione non è la borraccetta d'acqua nello zaino dei bambini, pardon negli zaini: scuola, palestra, corso d'inglese (perché anche lì, dove trascorrono un'ora sola a settimana, pare che i piccoli soffrano di improvvise arsure). La vera rivoluzione è fare come ai nostri tempi, quando andavamo a scuola con un bicchiere richiudibile nello zaino da riempire con l'acqua di rubinetto. Soluzione che pare abbia funzionato benissimo visto che non si ricordano casi di disidratazione in aula.
La vera rivoluzione non sono i dischetti struccanti lavabili. La vera rivoluzione sarebbe truccarsi poco, in casi eccezionali. Così da ridurre il consumo di dischetti, ma anche di tanti altri cosmetici e struccanti e delle loro confezioni di plastica. Posto che però una soluzione del genere non può essere imposta, ma solo proposta, la verità è che nessuno la suggerirà mai. Specie sui social, dove chi un minuto prima ti ha consigliato caldamente di ridurre la plastica e di fare una svolta green passando ai dischetti lavabili, nella story successiva ti presenterà il nuovo lucidalabbra arrivato dall'azienda di turno nel suo bellissimo, quanto inutile, packaging tutto da smaltire.
La vera rivoluzione è ridurre i consumi di tutto ciò che, a conti fatti, è inutile. Ma nessuno si azzarda a dirlo perché la nostra società, a cominciare da chi dei social ne ha fatto una professione, sul consumo ci vive e non può permettersi il lusso di educare a consumare di meno. E questa è la prima ipocrisia che intravedo in tutto questo parlare "ecologico". Il secondo aspetto è che, mentre a noi poracci son richiesti cambiamenti e sacrifici, l'industria, sotto molti aspetti, va incomprensibilmente in tutt'altra direzione.
Così le caramelle che da bambina acquistavo in un tubicino di carta, adesso sono vendute in ingombranti scatole di plastica. Per non parlare, poi, della tecnologia. Una volta a settimana la mia compagnia telefonica mi propone l'acquisto di un nuovo smartphone a condizioni vantaggiose, peccato che il mio funzioni ancora, per cui non c'è necessità di buttarlo via. Ovviamente questo è solo un esempio di una società dove ognuno di noi è indotto a relativizzare il valore degli oggetti, per cui anche un divano ancora buono, può essere da rottamare se hai l'occasione di comprarne uno dalla linea più moderna a prezzi vantaggiosi.
Per poter campare, il nostro mondo globalizzato non può ridurre i consumi, anzi li deve incentivare, e là dove non arriva l'obsolescenza programmata, ci pensano gli Stati con nuovi standard che richiedono nuove apparecchiature.
Così tra il 2020 e il 2021, per una riorganizzazione delle frequenze, migliaia di apparecchi televisivi saranno rottamati. O così, o bisognerà dotarsi di altri decoder (ma se già si ha il decoder, bisognerà per forza cambiare televisore). L'idea è che questo passaggio, per quanto necessario, produrrà una nuova ecatombe di elettrodomestici funzionanti (e pensare che il bosco sopra il paesello era stato pulito proprio un anno fa dai televisori buttati lì da qualche mente illuminata), senza contare il peso economico sulle nostre tasche. A casa mia non si salverà nessuno dei due apparecchi, neanche quello più nuovo. Idem dai miei suoceri, dai miei genitori e dai miei cognati, tutti con televisori abbastanza recenti, ma non in linea coi nuovi standard. E' il progresso, bellezza.
Sì, ma, ditemi, voi che da mattina a sera mi fate sentire in colpa perché mi lavo i denti, perché uso il detersivo del discount e non quello ecologico fatto in casa, perché, addirittura, non me la sento di passare alla mooncup in quei giorni del mese che già così non sono piacevoli, dove siete voi quando gli Stati ti obbligano a rottamare migliaia di elettrodomestici funzionanti?

6 commenti:

  1. Sono d'accordo, come al solito mettono l'attenzione sulle minuzie, che per carità, la loro importanza ce l'hanno non dico di no, però magari sono altre le cose che vengono prima e avrebbero un impatto maggiore e più duraturo.
    Giusto l'altro giorno guardavo che due rotoli di carta igienica non trattata e in una plastica che poi si scioglie nell'acqua, costa come prezzo come 10 o 15 rotoli di carta normali. Ma io dico, non dovrebbero essere i produttori che producono oggetti più inquinanti a pagare di più? O produci cose meno inquinanti o paghi, non l'incontrario.
    I discorsi da fare comunque sarebbero infiniti ma sono d'accordo decisamente sul consumare di meno. E ovviamento il consumo maggiore o minore è la chiave del problema.

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    1. È vero, il discorso è talmente ampio che non si finirebbe più. E pur capendo i problemi dei costi per le aziende, mi chiedo se i loro margini di profitto non consentano di investire su prodotti meno inquinanti senza scaricarne il costo sul consumatore. Però educarci a ridurre i consumi è la chiave, anche se mi sa che è più un'utopia. Basti pensare che in un Paese come il nostro, che ha una natalità in calo, solo per mantenere inalterato il livello dei consumi è necessario che ognuno di noi consumi ancora di più...

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  2. Mi ero persa questo post.
    Per fortuna l'ho beccato.
    Proprio qualche giorno fa dicevo a mia madre che forse dovrei provare la "coppetta".
    Eppure, avendo un flusso molto abbondante, mi dà un po' ansia l'idea di doverla lavare continuamente, manco fosse un semplice paio di occhiali.
    Quindi credo che continuerò ad utilizzare i miei assorbenti usa e getta, perché i pannoloni lavabili li lascio ai grandi illuminati che ce li hanno consigliati a fronte del rifiuto di diminuire l'IVA su questi prodotti.
    E qui ritorna il fattore economico di cui parlavi.
    Ah, anch'io non uso detersivi biologici e lavo i denti frequentemente.
    Sono proprio una cattiva persona! ;)

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    1. Ho le tue stesse perplessità sulla coppetta, tra l'altro dovermi sentire in colpa per l'uso degli assorbenti mi sembra quantomeno ironico. Forse chi parla di questi argomenti senza esserci "passato" (a proposito, mi ero persa la querelle su Iva&pannoloni, ho dovuto andare a vedere di che si trattava e sono rimasta basita) farebbe meglio a scegliere un dignitoso silenzio.
      Per il resto, credo che ci siano tante persone disposte a fare di più per l'ambiente, certo se questo significa dentifrici da 10€ (et similia) ogni buon proposito si scontra con oggettive difficoltà di budget.

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  3. Il discorso e' ampio, hai ragione, e da qualche parte bisognera' pure partire. Ma anche io come te non condivido lo scaricabarile sul consumatore. Due notizie di questa settimana: gli assorbenti che inquinano, e il buco dell'ozono creato dai fumi industriali cinesi. Con le dovute proporzioni...

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    1. Come dicevo a Claudia, io credo che ci siano tante persone di buona volontà disposte a fare qualche sacrificio in più per l'ambiente. Abbiamo imparato a fare la raccolta differenziata e a portarci appresso i sacchetti riciclabili per la spesa, segno che le abitudini si possono cambiare, sicuramente si può fare altro, ma le politiche per ridurre l'inquinamento non possono passare solo dai consumatori finali.
      Sulla questione degli assorbenti ripeto un commento letto in rete: ne faremo a meno, dopo che saranno stati eliminati anche tutti gli altri prodotti usa e getta inquinanti.

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