Eppure anche loro hanno un bambino poco più piccolo della Lolla, pensi mentre, dal basso verso l'alto, osservi, quasi annusi, la loro terrazza. Che qui in mezzo non si può non notare quella casa di un bianco senza ombre e sfumature. Che non risente del connubio umidità&salmastro, la coppia più letale per le abitazioni che si affacciano sul mare del paesino (ne sanno qualcosa i bambolotti parlanti della Lolla, tutti quelli che son venuti qui in villeggiatura, ne sono ritornati irrimediabilmente afoni).
Mentre le altre son rabberciate da pezze a contrasto e vistose cicatrici si aprono sugli intonaci, quella sfida gli inverni e si ripresenta con volto liscio come il culetto di un bambino. L'intonaco non sfarina e non crolla corroso dall'umidità, l'antenna tv non si piega e non si spezza sotto i colpi dello scirocco, le luci e i ventilatori non si ossidano e non anneriscono rosicchiati dal salmastro.
Mentre le altre son rabberciate da pezze a contrasto e vistose cicatrici si aprono sugli intonaci, quella sfida gli inverni e si ripresenta con volto liscio come il culetto di un bambino. L'intonaco non sfarina e non crolla corroso dall'umidità, l'antenna tv non si piega e non si spezza sotto i colpi dello scirocco, le luci e i ventilatori non si ossidano e non anneriscono rosicchiati dal salmastro.
E' una casa di una settantina d'anni, non antica, ma neanche nuova, sebbene una ventina d'anni fa un intenso restyling le abbia donato un look da rivista patinata. Noi lo possiamo solo intuire, immaginare, da quelle finestre aperte che lasciano intravedere scorci di divani e soppalchi di legno; da quella terrazza che ci sovrasta e che, più che una terrazza, sembra un patio di una villa caraibica, con quella tettoia di legno (bianca, ca va sans dire), quei ventilatori a soffitto che vengono accessi con l'arrivo dei proprietari e si spengono solo a fine stagione, quei divanetti in muratura con i cuscini profilati di bianco, immacolati, tesi e sprimacciati come fossero usciti or ora dalla tappezzeria (ma perché i nostri, a pochi metri di distanza, sono un patchwork di macchie varie?). E poi bianche persiane scorrevoli, petunie sulle balaustre dei balconi, tripudi di abat jour dai larghi cappelli e lampadari che, sapientemente mixati, donano luci glamour e soffuse, mai volgari, mai accecanti. Come quella piccola, posta in cima al portone principale, ché quando lo aprono tu ti immagini meraviglie là dentro, o quella colorata, che ammicca dal finestrino sopra il portone, quello con la forma strana e la cornice di carparo.
Tu la guardi, questa casa, e ti chiedi che ci fa là, in mezzo alle altre corrose dal salmastro. Come fa, soprattutto, a resistere. La guardi, ma il tuo vero dubbio è un altro. E ti sovviene ogni volta che, alzando lo sguardo dalla tua, di terrazza, osservi il parapetto di quella che è tutto un susseguirsi di decorazioni. Vasi di vetro trasparente abitati da candele, una piccola serra, sempre di vetro, dalla funzione sconosciuta e una pianta grassa, finta, dato il verde acceso e piatto, probabilmente di ceramica o di carta pesta. E pensi al bambino che abita là, e non fai che chiedertelo, soprattutto dopo che tua madre ha rinunciato a comprare una ciotolina per mettere la citronella sul balcone.
Sì, ti chiedi qual è il segreto dei tuoi vicini. E il tarlo del dubbio ti tormenta.
Ma come avranno fatto in tutti questi anni a tenere delle fragili decorazioni sull'orlo del baratro, ché se le avessi messe tu, tempo tre secondi e i tuoi figli le avrebbero sfracellate sulla testa di qualche malcapitato passante?
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