Alicia Gris è una donna bellissima quanto pericolosa, se ne accorgono tutti al primo sguardo. Creatura delle tenebre, dal sorriso incantevole e terribile.
Dotata di sangue freddo e di abilità camaleontiche, è la persona giusta per scoprire che fine ha fatto il ministro della Cultura Mauricio Valls. La polizia, che indagava su alcune minacce che lo riguardavano, ne ha perso le tracce e per questo si affida a Leandro e alla sua squadra di professionisti. E Leandro pensa subito ad Alicia, la sua agente migliore, che però accetta solo con la promessa che questo sarà l'ultimo incarico affidatole.
Affiancata da un poliziotto di lungo corso, il capitano Vargas, Alicia trova un libro nascosto a casa del ministro ed è convinta che quello sia la chiave del mistero. Si tratta di un volume semisconosciuto, scritto da un certo Victor Mataix, romanziere vittima, come tanti, delle ritorsioni e delle faide lasciate aperte dalla fine della guerra civile, scomparso nel carcere di Montjuic di cui Valls, nel 1939, era direttore.
Alicia, che ha un fiuto infallibile per trovare elementi che ad altri sfuggono, fa ritorno nella sua Barcellona trascinando un riluttante Vargas, convinta che è da lì che bisogna partire per scoprire chi ha minacciato e probabilmente catturato Mauricio Valls. E anche stavolta Alicia dimostrerà di avere ragione, sebbene non ci sia nessuno disposto ad ascoltarla e abbia forse trascurato qualche particolare.
Se il Prigioniero del cielo si può considerare quasi un racconto di transizione, Il labirinto degli spiriti che, proprio come un dedalo, raccoglie più fili del narrare che si intrecciano per giungere tutti al nucleo centrale, è la degna conclusione del ciclo del Cimitero dei libri dimenticati.
Avevamo lasciato Daniel e la sua famiglia con tanti dubbi da chiarire, stavolta il racconto riprende da una figura nuova, Alicia (anche se all'inizio del romanzo scopriamo com'è che lei e Fermìn sono collegati), che indaga però su un personaggio, Valls, che nel Prigioniero del cielo impersonava il ruolo del perfido antagonista.
Romanzo denso che si avviluppa proprio come gli antri tortuosi del Cimitero dei libri, Il labirinto degli spiriti non deluderà chi ha amato la famiglia Sempere e la filosofica logorrea di Fermìn, imbastendo il racconto di nuovi personaggi e storie tutti collegati ai tragici episodi della guerra civile, le cui sorti sono molto più complesse di quanto i libri di storia ci raccontino.
Il libro si legge con piacere fino al disvelamento del mistero (o dei misteri), ma sul finale Zafòn la mena un po' per le lunghe, ché capiamo che dopo quattro libri voglia salutare degnamente i suoi personaggi, ma se pure l'avesse fatto utilizzando qualche capitolo in meno secondo me andava bene lo stesso (a me ha fatto un po' l'effetto di Guerra e pace che, proprio quando tutti i personaggi hanno trovato la loro degna conclusione, Tolstoj ci attacca un pippone conclusivo sul senso della Storia).
Resta, c'è da dire, un po' di amaro in bocca per la sorte di alcuni protagonisti, ai quali neanche la ritrovata libertà può dare la salvezza, una certa perplessità sulla storia della madre di Daniel (che forse se non lo sapevamo eravamo più felici) e l'intima convinzione che alla fine i cattivi se la cavino con poco.
Ma forse questo è il vero succo della storia, che ogni guerra si lascia uno strascico di orrori che non permette a nessuno di sentirsi in salvo. E che siccome in guerra la storia la fanno i vincitori, per le vittime, dirette o colpite di striscio, non c'è possibilità di riscatto.
Il labirinto degli spiriti di Carlos Ruiz Zafòn, Mondadori, traduzione di Bruno Arpaia
Questo post partecipa al Venerdì del libro di HomeMadeMamma
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