sabato 14 novembre 2015

Momenti

Quell'11 settembre di quattordici anni fa ero una neolaureata. Sedevo al computer della mia cameretta stilando curriculum e pensando al test del giorno successivo, quando la radio raccontò di un aereo, anzi due, che si infilavano nelle Torri gemelle. Corsi a svegliare mia madre. Poi accesi il telegiornale.
Per molto tempo un sogno ricorrente turbò le mie notti. Ero al paesello, mi tuffavo nelle acque cristalline del mio mare che rivelavano tutto lo splendore dei fondali prima che il porto ne facesse scempio. Ridevo e scherzavo con gli amici di una vita quando un aereo, enorme, improvviso, si schiantava nell'acqua trasparente. E io correvo tra gli scogli cercando di lasciare più spazio possibile tra me e quel mostro.
In quel periodo la sorella seienne di una mia amica, pur non capendo esattamente cosa fosse successo, scoppiava a piangere ogni volta che la tv riproponeva l'immagine di Bin Laden.

Stavo facendo colazione prima di prepararmi per il lavoro, rincantucciata sulla sedia, la schiena poggiata al muro e una tazza in mano, quando quell'11 marzo il quattordici pollici a tubo catodico della cucina di Roma mi rovesciò addosso le immagini della stazione di Atocha. Patricia tenia 6 meses, un cartello vibrante di indignazione che ricordava la vittima più piccola dell'attentato, s'incuneò nei miei ricordi con uno strascico di dolore indicibile.

Un anno dopo ero appena entrata in ufficio e cercavo affannosamente di reperire notizie sulle bombe scoppiate a Londra da un pc capriccioso che faceva le bizze per accendersi. Dovevo essere già un po' assuefatta a tutto quell'orrore, perché ben poco, a quel punto, si tatuò nella mia mente.

Ieri sera stavo guardando un film su Marylin Monroe, stupita di scoprire che la diva tramandata ai posteri come bella e bionda, nonostante le sue fragilità fosse anche frizzante e simpatica. E intelligente. E' stato allora che un'edizione del Tg ha interrotto la trasmissione e ho sperato che non fosse per qualcosa di tragico. Fai che abbiano catturato un superlatitante, che abbiano liberato un prigioniero. Va bene anche un crollo generalizzato delle borse o la caduta del Governo e lo scioglimento concomitante del Parlamento, ho pensato.
Ci sono momenti della vita che rimangono impressi per sempre. Anche da vecchia, la fotografia perfetta di quell'istante si riproporrà davanti ai tuoi occhi in tutti i suoi minimi particolari. Che tu sia stata in ciabatte o elegante e ben vestita, nolente o volente quel momento entrerà così com'è nel bagagliaio della memoria.
Ma la verità è che vorresti ricordarti di quando hai guardato per la prima volta i tuoi figli negli occhi. Di quando un'amica ti ha confidato emozionata di portare in grembo un bambino tanto atteso. Di una cena organizzata per annunciare un matrimonio. Vorrai ricordarti della laurea di tuo figlio. Di tua figlia che ti racconterà, emozionata, che stai per diventare nonna. E sarai pronta a portarti addosso la memoria di una tromba d'aria che ti ha messo paura, di nubi umide che si addensano su di te prima di un temporale, di un'alba dal tetto di casa dopo una notte di bagordi o di lacrime irrefrenabili versate a letto per un amore finito. 
Sono stanca di fermare nei ricordi istanti banali della mia vita, promossi al rango di immortalità solo perché squarciati da notizie di bombe, attentati e carneficine. Non è questo che voglio portare con me nell'età matura.

Ero in ferie al paesello quando un maledetto commando prese in ostaggio dei bambini nel loro primo giorno di scuola, a Beslan, una cittadina sconosciuta dell'Ossezia del Nord. Ero già al lavoro quando, tre giorni dopo, i giornali riportavano l'esito del blitz ordinato da Mosca per liberare i prigionieri. Il gigante e Aliona. Una foto con la sua didascalia si depositò tra gli altri ricordi di quel massacro. Un militare enorme che usciva dalla scuola portando in braccio una bambina di circa un anno. Una bimba dal viso angelico, bellissima. E viva.
Chissà se almeno Aliona, che era così piccola e che di quei giorni avrà capito ben poco, è stata preservata dalla dittatura dei ricordi.

Nessun commento:

Posta un commento