lunedì 28 gennaio 2019

Il sacro fuoco

Da circa un mese Ieie ha iniziato il servizio di ministrante durante la Messa domenicale. E' un'attività che fa con  piacere, vorrei dire perché pervaso da un profondo sentimento religioso, ma devo ammettere che uno dei motivi principali è che gli piace essere al centro dell'attenzione. Non so, forse è una caratteristica normale nei bambini, ma noto che per Ieie quella di mettersi in mostra, essere il vincitore, è un'esigenza fondamentale, fomentata, suppongo, da una società dove esisti solo se appari e sto faticando non poco a fargli capire che la vittoria non è qualcosa che ti capita e con cui ti crogioli nel successo e negli elogi, ma è un mix tenace di talento e impegno. Impegno soprattutto.
Comunque, tornando al servizio di ministrante, essendo stato convocato per l'ultima Messa della mattina, ieri non ci siamo trovati ad assistere alla funzione come al solito. L'abbiamo lasciato in parrocchia mentre gli dicevano che avrebbe portato il cero, e sebbene la solita voce della mammina pedante mi sussurrasse all'orecchio che forse non era un compito adatto ad un bambino decisamente maldestro, la madre saggia ha avuto il sopravvento e ha deciso che avrei fatto meglio a dargli fiducia e chiudere il becco.
All'uscita.
"Be', com'è andata?".
"Mmh, bene".
"Sicuro?".
"...".
"Non mi racconti niente. Hai portato la candela?".
"Sì...ho bruciato un poco la cantoria".
"Come hai bruciato la cantoria???".
"Ma no, poco poco, è rimasto solo un segnetto".
"Ma com'è successo?".
"E' che don Piero parla, parla e io non mi sono accorto che la candela si era inclinata e stava toccando la cantoria".
"Che ti hanno detto?".
"Di non farlo più".
"...".
"Per fortuna che quelli del coro erano in piedi. Altrimenti a qualcuno avrei bruciato anche i capelli".

domenica 20 gennaio 2019

Cuore e genio

In paese lo chiamavano cuore e genio. Genio per la sua bravura, o per meglio dire quell'estro che lo portò a rifiutare la media dell'8 datagli dagli insegnanti e con la quale avrebbe potuto evitare di sostenere gli esami di maturità. Troppo poco, secondo lui, meglio fare ricorso, dare gli esami e prendersi i meritati 10.
Cuore perché le ingiustizie non le sopportava. Studente universitario fuori sede, il padre non mandava i soldi a lui, così propenso a regalarli a chiunque ne avesse bisogno, ma a un conoscente incaricato di dargliene poco alla volta, secondo necessità. E dal profondo Sud, si aggirava a Roma senza cappotto. Non serviva, non sentiva freddo e quindi il suo lo aveva regalato a chi, invece, di freddo ne aveva.
Il povero padre, che con quel figlio doveva essersi scontrato più e più volte, non sapeva che pesci pigliare. Fa sempre come vuole lui, rispondeva a chi gliene chiedeva conto.
Gli studi da ingegnere, però, non li finì. Si dedicò al giornalismo, alla politica. E poi tornò nella sua terra dove iniziò a fare il segretario comunale. Sempre attento alle ingiustizie, però, che la povera gente faceva la fame anche, e soprattutto, nei paesi del Sud. Dava fastidio, pare, perché voleva controllare, metteva bocca su tutto, specie sulle requisizioni di grano, così odiose per lui, e allora i notabili del paese, il sindaco, fecero in modo di farlo richiamare dall'esercito.
Era il 1920 e il giovane sottotenente fu mandato in uno sperduto paesino lucano, Corleto Perticara, in quella zona oggi "benedetta" dalla scoperta di giacimenti di petrolio e ribattezzata Tempa Rossa.
In famiglia, poi, non se ne parlò più o, meglio, se ne parlò molto poco. Anche io la storia la conoscevo per sommi capi, quel poco che mi aveva raccontato mio padre che, pure, col nonno (il mio bisnonno) ha vissuto 14 anni.
Quel padre, di quel figlio, faticava a parlare, roso probabilmente dai sensi di colpa.
"Non vi maledico - pare dicesse un giorno ai generi intenti a litigare per questioni di eredità - perché ho maledetto mio figlio una volta, e ne ho avuto la morte".
Per il resto, dopo il 1920, la politica fu tenuta fuori da quella casa. A ogni elezione i cancelli venivano chiusi, segno che nessuno doveva venire a disturbare con appelli o promesse.
Quasi cent'anni di oblio e poi, due anni fa, una telefonata di un professore universitario, un antropologo lucano che, incuriosito da una lapide rinvenuta nel cimitero di Corleto Perticara, decide di fare una ricerca su un fatto di sangue del lontano luglio 1920.
Quello che all'inizio mio padre ha reputato uno scherzo, si è tramutato poi in un libro che di Luigi, il giovane sottotenente, ha restituito a noi, suoi lontani discendenti, un ritratto toccante destinato altrimenti a sbiadire del tutto.
In cerca di notizie non dico fresche, perché di testimoni che l'avessero conosciuto al paesello non ce n'erano più, ma quanto meno attendibili, abbiamo seguito le tracce che ancora portavano a lui. Dico abbiamo perché con l'aiuto di mia zia, la memoria storica della famiglia, ho cercato di fornire qualche risposta alle domande posteci dallo studioso.
E' così che Luigi, oggi, non è più un nome su una targa o un ricordo sfumato di un gesto coraggioso. Luigi ha una storia che la sua famiglia può raccontare.
Arrivato a Corleto scopre, ironia della sorte, di essere stato mandato a fare ciò che più detestava: la requisizione dei cereali. Attività deprecabile, in un Sud dove per la povera gente il grano non era solo cibo, ma moneta di scambio.
Ma la divisa, e probabilmente un innato senso del dovere, lo inducono a portare avanti il suo compito. A raccolto ultimato, quando i corletani scoprono finalmente cosa è venuto a fare quel sottotenente straniero, scoppia la rivolta.
Non mi soffermerò sul dipanarsi degli eventi, ma sulla conclusione e in particolare su quegli elementi che coincidono fra il racconto delle fonti dell'epoca e quello circolato per anni in famiglia.
Si sacrificò per un collega che aveva moglie e figli, mi hanno sempre detto davanti alla lapide nel cimitero.
Scoppiata la rivolta, dopo che il popolo si infiamma ancor di più contro le divise a causa di due carabinieri impauriti che, non autorizzati, hanno fatto fuoco sulla folla uccidendo una bambina, Luigi e i carabinieri sono costretti alla fuga. E' ormai in salvo quando si accorge che il maresciallo dei carabinieri è rimasto indietro, braccato dalla folla che ha iniziato il pestaggio. Ha tre figlie quell'uomo, di cui una appena nata. Al contrario dei carabinieri giovani, rei per altro di aver ucciso una bambina, Luigi torna indietro e chiede che liberino il maresciallo, che prendano lui piuttosto. Getta le armi, come richiesto dai rivoltosi, che per tutta risposta si abbandonano a uno spietato linciaggio contro Luigi e contro il maresciallo.
Fa male leggere cosa gli hanno fatto, il racconto è terribile e lo sarebbe anche senza pensare che quel ragazzo appena trentenne era uno di famiglia, un figlio per il mio bisnonno, un fratello per mio nonno. Chissà, magari un padre di cugini che non sono mai nati.
Posso solo immaginare lo strazio del padre, talmente fiaccato dal dolore da non riuscire ad andare in prima persona a Corleto a recuperare la salma.
Quali e quanti strascichi quella morte ebbe sulla famiglia non so, né è facile stabilire come abbia influito sul corso degli eventi, magari fino a noi. Mio nonno, che pure non era il più grande dei fratelli, fu l'unico a rimanere nella casa del padre, al paesello, e a continuarne l'attività. Qualche rapporto familiare, comunque, si guastò. Quel sindaco che aveva allontanato Luigi dal paesello era un fratello della sua mamma. Uno zio. Di certo non immaginava di mandarlo a morire, ma è un fatto che con quel ramo le relazioni non furono più le stesse e che anche il paesello qualche responsabilità gliela riconobbe.
Gli anni, il silenzio, in famiglia e nel paese, hanno sbiadito il ricordo, allentato i rancori e così lo scorso 4 novembre il professor Alliegro, l'autore della ricerca, ha raccontato le sue scoperte nel corso della commemorazione dei caduti.
Ad ascoltare di Luigi c'erano tre dei suoi nipoti e qualcuno dei suoi pronipoti. Solo qualcuno perché la discendenza, aveva ben nove tra fratelli e sorelle, è ormai sparsa un po' dovunque.
Il racconto della vicenda è contenuto in La lapide inquieta, un breve volume che essendo una ricerca universitaria circola solo tra addetti ai lavori.
Perché parlarne, allora? Perché vorrei che il ricordo di un giovane brillante quanto sfortunato non andasse perduto. Perché le buone azioni, ancorché inutili, vanno sempre portate ad esempio. Perché la memoria, se non consente sempre di riposizionare i tasselli nel giusto ordine, è di certo l'unico posto dove gli animi si placano e la riflessione porta frutto.

Luigi, in piedi davanti alla porta della casa paterna, con i genitori, i fratelli e le sorelle

venerdì 18 gennaio 2019

Nina sente

Claudia de Lillo, più nota  alla blogosfera con il nome di Elasti con cui da anni scrive il seguitissimo blog nonsolomamma, ha da poco pubblicato la sua nuova fatica, Nina sente. Trattasi, credo, del suo quinto libro, il primo a sfondo giallo e anche il primo con cui mi sia cimentata.
Nina è una trentacinquenne che cerca di rimettersi in piedi dopo un doloroso divorzio che ha messo in discussione le scelte fatte finora. Lei, che alla famiglia ha sacrificato aspirazioni e progetti, si ritrova a sbarcare il lunario con le sue sole forze, decidendo di prendere il posto del padre come conducente di auto a noleggio. Così, grazie anche all'amico Guido, investor relator di Banca Sempre, comincia a traghettare per Milano i dipendenti dell'istituto di credito, proprio nel momento in cui la società è oggetto di un'Opa ostile da parte della Liberty Bank of China.
Trattata come un'ospite invisibile, Nina ascolta i segreti professionali e lavorativi dei dipendenti della banca, fino a diventare, suo malgrado, parte di quel microcosmo che va ad arricchire una quotidianità fatta di un figlio tredicenne, vicine di casa-amiche, simpatici genitori di mezza età e di un fratello carabiniere.
C'è molto di Claudia in questo libro. C'è la sua capacità di mettere a fuoco persone, luoghi e sentimenti attraverso scelte linguistiche di una precisione chirurgica; c'è, e chi come me la legge da qualche anno lo noterà, un po' di lei anche in Nina, presente e affettuosa con il figlio, sollecita e legata al padre malato.
La trama è accattivante e, tra fondi neri e vicende personali, si dipana agile tra gli avvenimenti che portano al colpo di scena finale, ma attenzione, se vi aspettate un giallo tout court rimarrete delusi. L'incipit che presenta la scena del delitto, altro non è che un flash-forward su un avvenimento che "vedremo" solo verso la fine del libro. Saranno gli ultimi capitoli, perciò, a tingere di giallo una storia che scorre a cavallo tra il drama e la commedia.
Il giudizio finale è positivo, l'unico neo è che, arrivata alla fine, ho avuto la sensazione che mancasse qualcosa. Non so nemmeno io cosa.
I "conti tornano", la spiegazione c'è, eppure permane un senso di incompletezza che non mi so spiegare. Ecco, se qualche lettore del Venerdì del libro, al quale questo post partecipa, ha letto o ha intenzione di leggere questo romanzo, mi piacerebbe sapere cosa ne pensa.

Nina sente di Claudia de Lillo, Mondadori


venerdì 11 gennaio 2019

Tre libri per bambini curiosi

La Befana per me significa libri. E' una tradizione della quale un tempo beneficiavo io, e che adesso mi piace riproporre ai miei figli.
Già, ma che libro regalare a un bambino che non manifesta particolare interesse per la lettura?
Ieie è stato affascinato sin da subito dalle parole e la curiosità di capire "cosa c'è scritto" l'ha portato a imparare a leggere precocemente, da solo, e in maniera precisa e scorrevole, eppure, di leggere racconti o storie di qualsivoglia tipo, non se ne parla. Ho provato con romanzi per bambini sul calcio, con la mitologia, ma la narrativa non lo interessa. Ogni tanto, se proprio non può fare altro (leggi: giocare con i videogiochi o tirare calci al pallone), si butta sui fumetti, che a casa nostra non mancano mai, per il resto l'unico genere che riscuote successo con lui è quello divulgativo/didascalico. Curioso e avido di sapere com'è, ho capito che bisogna fare breccia su questi aspetti per fargli tenere un libro in mano.
Quest'anno, quindi, la selezione della Befana si è soffermata su tre titoli che scritti apposta bambini curiosi.
Le bandiere del mondo spiegate ai ragazzi (Sylvie Bednar, L'ippocampo ragazzi) è un manuale contenente le bandiere dei vari Stati suddivise per continenti.
Per ognuna c'è una piccola scheda con i dati salienti del Paese d'origine e poi una spiegazione, più lunga o più breve a seconda dei Paesi, con la storia e il significato della bandiera.

Perfetto per quei bambini che, come Ieie, amano incasellare informazioni nei cassetti della memoria e che tempestano i genitori di domande sulle bandiere di ogni Stato.
Il secondo titolo Quando non c'era come si faceva (Giuliana Rotondi, illustrazioni Andrea Chronopoulos, Nord-Sud Edizionimi ha colp ha colpito la Befana perché sia Ieie che la Lolla credono che io sia cresciuta nel paleolitico, che i nonni andassero in giro in carrozza  e vivessero senza elettricità e che quand'ero bambina il mondo fosse in bianco e nero. Ergo, si sentono giustificati a chiedermi come si faceva in passato. Siccome son più giovane di quel che credono, non lo so come si faceva, ma a rispondere ci pensa questo libro che racconta la nascita di un bel po' di invenzioni (dalla lavatrice alla carta igienica, dal calcio all'anestesia) spiegando come si faceva prima del loro arrivo. Tra le tante curiosità, anche la risposta alla domanda che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, si è fatto: quando è nata la scuola?
Io l'ho trovato carinissimo e tra l'altro mi sono riproposta di leggerlo perché molti dei come si faceva incuriosiscono anche me.
Last but not least un bel manuale di anatomia. Ieie possiede già un libro pop-up sul corpo umano che lui e la sorella hanno messo a dura prova. Anatomia sezioni e animazioni per osservare il corpo da vicino (Hélène Druvert e Jean-Claude Druvert, L'ippocampo ragazzi) ha un approccio più approfondito e bellissime tavole illustrate tra cui alcune pagine che fanno il corpo "a fette" e messe insieme, regalano un pregevole effetto 3D.
Per ora il libro più azzeccato sembra quello sulle bandiere, che Ieie spulcia di tanto in tanto portandolo in giro per casa. Io però sono fiduciosa anche per gli altri titoli. E intanto cerco nuove letture per bambini curiosi.

Questo post partecipa al Venerdì del libro di HomeMadeMamma

lunedì 7 gennaio 2019

Friends will be friends

Prima della fine delle vacanze siamo riusciti a vedere il film sulla storia di Freddie Mercury, Bohemian Rapsody e già questo è un fatto notevole poiché non ricordo più quando è stata l'ultima volta che sono andata al cinema a vedere qualcosa che non fosse un cartone animato.
Sul film si è detto molto, che la storia sia stata modificata, edulcorata, semplificata, resa più celebrativa, ma non entrerò nel merito delle polemiche, anche perché delle vicende della band, svoltesi prevalentemente quando ero bambina, non so molto, né mi metterò a fare valutazioni sulla persona di Freddie Mercury.
Quel che mi è rimasto, dopo il film, e dei Queen in generale, sono due aspetti e riguardano la loro musica.
La prima è una considerazione che scaturisce proprio dalla nascita della canzone che dà il nome alla pellicola. Bohemian Rapsody fu osteggiata dai produttori, che non volevano farne un singolo per la sua eccessiva lunghezza, e stroncata dalla critica che la ritenne un pastiche ampolloso e di una verbosità senza senso. Non sapevo nulla di tutto questo, ma ne sono rimasta colpita perché l'ho sempre trovata molto bella e infatti il successo fra il pubblico fu immediato e senza tempo.
E' vero, non ho idea di cosa parli, ma la bellezza della canzone sta nel fatto di commuovere nel senso originario del termine, mettere in moto, agitare, ovvero smuovere qualcosa nell'animo dell'ascoltatore, che è poi quello che dovrebbe fare qualsiasi prodotto artistico: suscitare un'emozione. E Bohemian Rapsody, così come molte canzoni del repertorio dei Queen, ci riescono benissimo. Se qualcosa posso dire di Freddie Mercury e della band, è che furono grandi performer, peccato non averli potuti ammirare dal vivo.
L'altro aspetto del film è che ha messo in moto la mia macchina dei ricordi. Come detto ero una bambina quando il successo dei Queen esplose. Ricordo bene solo l'uscita del loro ultimo album. Era l'estate del 1991 e la Lega Navale del paesino aveva installato un calciobalilla e un juke box. Fu grazie a quell'apparecchio, e ad alcuni amici con una cultura musicale superiore alla mia di neoquattordicenne, che Innuendo divenne la colonna sonora delle nostre partite e io feci il mio incontro con i Queen.
Non ricordo niente neppure della fine di Freddie Mercury, ma poco dopo il mercato fu inondato dai  Greatest Hits ed è allora, sempre grazie agli amici del paesino, che della mia adolescenza sono stati i mentori musicali, che ho conosciuto davvero i Queen e la loro musica. Ricordo un'estate passata a dibattere se la canzone dicesse Friends will be friends o Friends to be friends, con il gruppo a dividersi in due opposte fazioni (allora non c'era Internet a fugare tempestivamente ogni dubbio).
Friends will be friends è rimasta nel mio cuore perché di quegli amici è il simbolo, di quegli amici che ancora oggi fanno parte della mia vita, che mi hanno fatto conoscere quello che sarebbe diventato mio marito e ai quali, anche io, ho presentato qualche futuro coniuge.
Ecco, i Queen sono stati la colonna sonora di una parte della mia adolescenza, pur non esistendo quasi più come band. Ai posteri il compito di giudicare se fu vera gloria, io posso solo ringraziarli per i bei momenti e i ricordi che mi hanno regalato.

giovedì 3 gennaio 2019

Tag: i miei film di Natale preferiti

E così ce l'ho fatta (non pensavo a dire il vero) e mi unisco anche io al Tag ideato da Mariella di Doremifa-sol, libri e caffè sui film di Natale preferiti di sempre.
Il Tag prevede due categorie, classici/romantici e comici, con cinque titoli per ognuna. Una volta stilata e pubblicata la propria lista, basta lasciare un commento sul blog di Mariella per avvisarla e, per finire, taggare almeno altri tre blogger.
Ringrazio Maris del blog Cara Lilli per avermi taggata e le chiedo scusa per non essere riuscita a partecipare prima, ma dopotutto la Befana non è ancora arrivata per cui, tecnicamente, le feste natalizie non sono finite!
Ma ora andiamo a cominciare.

COMICI

Ecco adesso, come già avevo spiegato a Maris, devo fare ammenda e rivelare che io, la maggior parte delle commedie classiche natalizie, non le ho mai viste! Non parlatemi di Mamma ho perso l'aereo, Una poltrona per due et similibus, perché nonostante ogni anno li ripropongano in televisione non ho mai sentito l'esigenza né la voglia di vederli. Non chiedetemi il perché, semplicemente non mi va.
Ho visto, ahimé, qualche cinepattone (perlopiù trascinata al cinema da altri) e qualche altra commedia natalizia che però non mi ha fatto impazzire. Saranno stati questi a disaffezionarmi al genere?
Comunque un minimo di background ce l'ho pure io e allora ecco qui la mia personalissima top five.

5) Tutti insieme inevitabilmente. Reese Witherspoon e Vince Vaughn sono una coppia che vorrebbe trascorrere le feste lontano dalle rispettive famiglie. Scelgono la tranquillità di una meta esotica, ma il maltempo sconvolge i loro piani e, complice un servizio televisivo inopportuno, li porta proprio là dove non avrebbero voluto andare. L'ho visto solo una volta qualche anno fa, ma devo dire che non mi era dispiaciuto.

4) Capodanno a New York è un film corale, rallegrato da un cast di tutto rispetto. E' un genere che mi piace molto, ogni personaggio ha una sua vicenda che si svolge la sera del 31 dicembre e che, man mano che la storia si dipana, va a intrecciarsi con quella di un altro personaggio del film finché si crea una vera e propria catena che unisce tutte le singole storie. E poi a fare da sfondo c'è pure New York, cosa volere di più?

3) Tre uomini e una gamba. Ora lo so che col Natale non c'azzecca, ma il film uscì al cinema proprio in quel periodo. Fu uno degli ultimi proiettato nel cinema nel centro della mia città, un antesignano dei multisala con due sale dai nomi diversi ma con un'unica cassa, e che oggi è diventato una sala giochi. Ricordo bene la sera in cui andai, con mia cugina e il suo fidanzato dell'epoca (che poi era, ed è, un mio amico). Come si usava allora le poltrone non erano numerate e, dato l'enorme successo del film, il pubblico era stipato dietro le porte della sala, pronto a sgomitare per accaparrarsi il posto migliore. Fu una vera e propria corsa ad ostacoli tra le poltroncine, ma quanto ridemmo (anche per il film, eh)!

2) Il diario di Bridget Jones. E' una pellicola da divano, plaid e pop corn, perfetta per i lunghi e freddi pomeriggi di questa stagione e poi i maglioni natalizi di Darcy mi sono rimasti così impressi che ogni volta che nelle vetrine vedo qualcosa di simile mi tengo ben volentieri alla larga.

1) Parenti serpenti. Anche questo l'ho visto una sola volta, per cui non ho ricordi nitidissimi (a parte il finale, come dimenticarlo?), ma mi piacque molto. Mario Monicelli mette in scena l'altra faccia della famiglia, quella più gretta ed egoista, ma la sua comicità al vetriolo è impareggiabile. L'unico personaggio che si salva, in questa brigata di fratelli e sorelle terrorizzati dall'idea di doversi prendere cura dei genitori, è il nipotino. Il suo sguardo innocente e di amore sincero per i nonni restituisce un po' di umanità al concetto di famiglia.

CLASSICI/ROMANTICI
5) Canto di Natale di Topolino. E' attraverso questo breve cartone che ho conosciuto il Canto di Natale di Dickens. Ho anche una versione a libro di quand'ero piccola (con protagonista Paperino, però) e, come allora, la storia dei tre Natali che vanno a risvegliare il gelido cuore di Scrooge mi incanta. E poi la lacrimuccia finale è d'obbligo.

4) Piccole donne. Sia la versione con Elizabeth Taylor che quella con Winona Ryder. A dire il vero un po' le confondo, d'altronde la storia è la stessa, ma sono un classico senza tempo. Merito della storia, non c'è dubbio, e di un personaggio, Jo, che ha incantato molte donne e scrittrici (come non citare Simone de Beauvoir o Marcela Serrano?). E' attraverso la versione del 1994, poi, che ho conosciuto un altro classico, ma delle canzoni natalizie Deck the Halls, meglio nota come Sha la la la la la la la la che le ragazze March cantano intorno al pianoforte.

3) The family man. Ecco, questo è uno di quei titoli che non mi stanco mai di rivedere. La vita com'è e come sarebbe potuta essere. Anche se alla fine, quando Jack torna nel suo presente, provo sempre un moto di tristezza perché mi chiedo (un po' scettica) se riuscirà davvero a costruirsi quella famiglia che dopotutto è solo un sogno.

2) Mary Poppins. Da quando ce l'ho in Dvd lo vediamo quando ci va. C'è stato un periodo, come sempre accade con i bambini, in cui andava a loop ogni sera, ma anche allora non mi ha mai stancato. E come potrebbe farlo, la bambinaia perfetta sotto ogni aspetto?
Nell'era pre-Dvd non mancavo mai una replica in televisione (di solito proprio sotto il periodo di Natale) e al liceo ci ho scritto pure un tema.
Non ho avuto il coraggio di vedere il sequel, però, sono troppo affezionata alla storia e temo il confronto.

1) Il film Disney di Natale. Quale? direte, ma tutti. La tradizione di vedere il cartone Disney sotto le feste è antica e irrinunciabile. Mi ricorda la mia infanzia, mi ricorda la mia adolescenza quando con le mie amiche si andava a vedere il cartone di Natale (che fosse il Re Leone, La Bella e la Bestia, Aladdin o Il Gobbo di Notre Dame poco importa) dopo aver letto il rispettivo fumetto sulle pagine di Topolino (eh lo so, non tutti sanno di cosa parlo). Dopo qualche anno di sospensione forzata, ho ripreso questa abitudine con i miei figli. Adesso la scelta è molto più vasta rispetto alla mia giovinezza, perché i cartoni natalizi si sprecano, ma quelli Disney per me sono un must. Noi quest'anno abbiamo optato per Ralph spacca Internet e voi?

E ora, siccome le feste sono agli sgoccioli, mi scuso con Mariella se non taggo tre nomi, ma lascio la possibilità a chiunque passi di qui e ne abbia voglia, di partecipare al Tag con la sua classifica.