Quando ho scoperto che dai racconti di Philip K. Dick sono stati tratti alcuni film di fantascienza come Blade Runner (che mannaggia non sono ancora riuscita a vedere, ma ne ho sentito parlare così tanto che prima o poi dovrò rimediare) o Minority Report, ho deciso che valeva la pena buttarsi in questa lettura.
Non sono un'amante della fantascienza in generale, mi piacciono opere come 1984 di Orwell o Il mondo nuovo di Huxley che, più che astronavi e alieni, cercano di immaginare dove approderanno le nostre società malate, con lo scopo, magari, di darci anche una sveglia, e ho pensato che Dick facesse al caso mio.
Ho scelto il terzo volume della raccolta dei suoi racconti, quello che va dal 1955 al 1963, per il semplice fatto che è anche quello che contiene Rapporto di minoranza (per scoprire che il film da lì ha preso l'idea di fondo, per poi deviare in molti punti) e devo dire che sono stata accontentata, ma non in tutto.
Dick ha un'incredibile capacità immaginifica e una scrittura che definirei visiva, te ne accorgi dalla prima storia, Veterano di guerra, una delle più belle, che è come se ti catapultasse davanti a uno schermo cinematografico, però i suoi racconti risentono molto del clima della guerra fredda che si respirava in quegli anni.
La minaccia nucleare, i mutanti, la guerra, gli uomini costretti a vivere in colonie nel sottosuolo, lo spazio divenuto meta di conquiste, sono temi ricorrentissimi. Al punto che al quinto racconto in cui la terra è ridotta a un cumulo di cenere a causa della bomba H (il futuro immaginato è spesso il nostro passato degli anni '80) un po' ti viene da ridere, un po' pensi "Aridaje".
Ho trovato più belli e interessanti, invece, i racconti misteriosi e inquietanti come Umano è, Modello Due, Tornando a casa che ricordano lo stile de La bottega del mistero di Buzzati. O, ancora, quelli a metà tra il noir e il thriller, che sembrano una sceneggiatura pronta per Hollywood, vedi il già citato Veterano di guerra o La macchina.
Il meglio di sé, però, Dick lo dà quando riesce a cogliere e ad anticipare, con la sua vena visionaria e grottesca, i mali (questi sì) del nostro tempo.
Ecco allora che quando si interroga sulle conseguenze di un eccessivo affidamento alle macchine (Nanny, Autofac, Al servizio del padrone), della pubblicità e dei consumi indotti, Foster, sei morto, della comunicazione di massa, (lo stupendo Yancy) Dick ci costringe a fermarci a riflettere.
Se sulla guerra nucleare (almeno per ora), non ci ha visto giusto, si è dimostrato molto più lungimirante sugli aspetti psicologici e comportamentali della nostra generazione, delineando, soprattutto nelle ultime storie della raccolta, un mondo dove gli uomini hanno rinunciato a impegnarsi per la società, preferendo il comfort e la tranquillità delle mura domestiche e delegando il potere a élite dagli scopi ambigui.
Si nota soprattutto negli ultimi racconti, quelli più recenti in ordine temporale, dimostrando che nel tempo c'è stata una evoluzione del Dick-pensiero e che, quindi, col passare degli anni l'autore ha individuato nuovi spunti di riflessione.
Personalmente sono curiosa di sapere di cosa trattano, allora, i racconti redatti tra il 1964 e il 1981, raccolti nel volume successivo. Chissà che il futuro descritto da Dick non si sia già avverato.
Tutti i racconti 1955-1963, Philip K. Dick, Fanucci editore, traduzioni di Vittorio Curtoni, Maurizio Nati, Sandro Pergameno, Paolo Prezzavento, Delio Zinoni.
Questo post partecipa al Venerdì del libro di HomeMadeMamma
Il meglio di sé, però, Dick lo dà quando riesce a cogliere e ad anticipare, con la sua vena visionaria e grottesca, i mali (questi sì) del nostro tempo.
Ecco allora che quando si interroga sulle conseguenze di un eccessivo affidamento alle macchine (Nanny, Autofac, Al servizio del padrone), della pubblicità e dei consumi indotti, Foster, sei morto, della comunicazione di massa, (lo stupendo Yancy) Dick ci costringe a fermarci a riflettere.
Se sulla guerra nucleare (almeno per ora), non ci ha visto giusto, si è dimostrato molto più lungimirante sugli aspetti psicologici e comportamentali della nostra generazione, delineando, soprattutto nelle ultime storie della raccolta, un mondo dove gli uomini hanno rinunciato a impegnarsi per la società, preferendo il comfort e la tranquillità delle mura domestiche e delegando il potere a élite dagli scopi ambigui.
Si nota soprattutto negli ultimi racconti, quelli più recenti in ordine temporale, dimostrando che nel tempo c'è stata una evoluzione del Dick-pensiero e che, quindi, col passare degli anni l'autore ha individuato nuovi spunti di riflessione.
Personalmente sono curiosa di sapere di cosa trattano, allora, i racconti redatti tra il 1964 e il 1981, raccolti nel volume successivo. Chissà che il futuro descritto da Dick non si sia già avverato.
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