Era andato tutto bene. I bambini avevano cantato con brio e immedesimazione, la Lolla aveva fatto la prima donna ancheggiando sul palco neanche fosse Shakira, nessuno aveva sbagliato la battuta e, come da copione, qualche lacrimuccia aveva superato lo sbarramento delle palpebre materne.
E quando tutto sembrava finito, che ti combinano le maestre? Luci soffuse, silenzio, bimbi che si girano a guardare il muro ed ecco che ti parte un filmato con tutte le foto fatte durante questi tre anni. Le gite, le attività in aula, il teatro, A modo tuo di Elisa in sottofondo e le didascalie a commentare. Poi, per darci il colpo di grazia, gli scatti fatti a ognuno di loro, mammamunito, quel primissimo giorno di quel primo anno. Ci sono tutti, e i bambini si divertono a pronunciare i nomi in coro man mano che le foto scorrono sul muro. C'è anche una minuscola Lolla di due anni e mezzo, la faccia spaurita sotto un caschetto cortissimo, quasi maschile, in braccio a me abbronzatissima e felice (e vai, anche questa va a scuola!).
E lì il pianto, a dirotto, è quasi d'obbligo. Se poi ci metti il carico da 90 di una bellissima filastrocca che parla di bimbi che vanno a esplorare il mondo e la dedica delle maestre, poi ti spieghi tutte quelle mani smaltate che si strofinano gli occhi con nonchalance.
Oggi la Lolla e i suoi compagni hanno presentato il loro spettacolino di fine anno. E' stato quel che si dice un tuffo al cuore: ognuno di loro aveva una maglietta col proprio autoritratto e il nome scritto da loro. Ci hanno cantato le vocali, l'alfabeto e i numeri, perché in questi ultimi mesi le maestre sono riuscite a produrre, anche in bambini come la Lolla che non sapevano distinguere una A da una Z, una conoscenza (per me) insperata delle lettere.
A loro, alla maestra con gli occhiali e a quella senza occhiali, come le chiamano affettuosamente i bambini, va tutta la mia riconoscenza per il meraviglioso lavoro svolto in questi anni. E anche se la scuola non è ancora finita già mi mancano, perché è stato bello, ogni giorno per tre anni, sapere di lasciare mia figlia in un posto dove era felice di stare.