venerdì 30 agosto 2019

Il labirinto degli spiriti


Alicia Gris è una donna bellissima quanto pericolosa, se ne accorgono tutti al primo sguardo. Creatura delle tenebre, dal sorriso incantevole e terribile.
Dotata di sangue freddo e di abilità camaleontiche, è  la persona giusta per scoprire che fine ha fatto il ministro della Cultura Mauricio Valls. La polizia, che indagava su alcune minacce che lo riguardavano, ne ha perso le tracce e per questo si affida a Leandro e alla sua squadra di professionisti. E Leandro pensa subito ad Alicia, la sua agente migliore, che però accetta solo con la promessa che questo sarà l'ultimo incarico affidatole.
Affiancata da un poliziotto di lungo corso, il capitano Vargas, Alicia trova un libro nascosto a casa del ministro ed è convinta che quello sia la chiave del mistero. Si tratta di un volume semisconosciuto, scritto da un certo Victor Mataix, romanziere vittima, come tanti, delle ritorsioni e delle faide lasciate aperte dalla fine della guerra civile, scomparso nel carcere di Montjuic di cui Valls, nel 1939, era direttore.
Alicia, che ha un fiuto infallibile per trovare elementi che ad altri sfuggono, fa ritorno nella sua Barcellona trascinando un riluttante Vargas, convinta che è da lì che bisogna partire per scoprire chi ha minacciato e probabilmente catturato Mauricio Valls. E anche stavolta Alicia dimostrerà di avere ragione, sebbene non ci sia nessuno disposto ad ascoltarla e abbia forse trascurato qualche particolare.
Se il Prigioniero del cielo si può considerare quasi un racconto di transizione, Il labirinto degli spiriti che, proprio come un dedalo, raccoglie più fili del narrare che si intrecciano per giungere tutti al nucleo centrale, è la degna conclusione del ciclo del Cimitero dei libri dimenticati.
Avevamo lasciato Daniel e la sua famiglia con tanti dubbi da chiarire, stavolta il racconto riprende da una figura nuova, Alicia (anche se all'inizio del romanzo scopriamo com'è che lei e Fermìn sono collegati), che indaga però su un personaggio, Valls, che nel Prigioniero del cielo impersonava il ruolo del perfido antagonista.
Romanzo denso che si avviluppa proprio come gli antri tortuosi del Cimitero dei libri, Il labirinto degli spiriti non deluderà chi ha amato la famiglia Sempere e la filosofica logorrea di Fermìn, imbastendo il racconto di nuovi personaggi e storie tutti collegati ai tragici episodi della guerra civile, le cui sorti sono molto più complesse di quanto i libri di storia ci raccontino.
Il libro si legge con piacere fino al disvelamento del mistero (o dei misteri), ma sul finale Zafòn la mena un po' per le lunghe, ché capiamo che dopo quattro libri voglia salutare degnamente i suoi personaggi, ma se pure l'avesse fatto utilizzando qualche capitolo in meno secondo me andava bene lo stesso (a me ha fatto un po' l'effetto di Guerra e pace che, proprio quando tutti i personaggi hanno trovato la loro degna conclusione, Tolstoj ci attacca un pippone conclusivo sul senso della Storia).
Resta, c'è da dire, un po' di amaro in bocca per la sorte di alcuni protagonisti, ai quali neanche la ritrovata libertà può dare la salvezza, una certa perplessità sulla storia della madre di Daniel (che forse se non lo sapevamo eravamo più felici) e l'intima convinzione che alla fine i cattivi se la cavino con poco.
Ma forse questo è il vero succo della storia, che ogni guerra si lascia uno strascico di orrori che non permette a nessuno di sentirsi in salvo. E che siccome in guerra la storia la fanno i vincitori, per le vittime, dirette o colpite di striscio, non c'è possibilità di riscatto.

Il labirinto degli spiriti di Carlos Ruiz Zafòn, Mondadori, traduzione di Bruno Arpaia

Questo post partecipa al Venerdì del libro di HomeMadeMamma

mercoledì 28 agosto 2019

C'è turismo e turismo


Da quando il turismo di massa ha scoperto il Salento, assistiamo a un'invasione del paesino con una densità e una consistenza sconosciute in passato. Non che i turisti mancassero, solo arrivavano in forme e modi diversi e più contenuti.
Non posso affermare che la situazione sia analoga in tutti i paesi della provincia (anche se le cronache che giungono sono spesso poco lusinghiere), ma per quello che vediamo sciamare sotto i nostri occhi, il boom di questi anni si compone spesso (ma non sempre, per fortuna) di persone che probabilmente non hanno mai messo il naso fuori casa, o forse la mamma e papà non hanno spiegato loro come ci si comporta con gli estranei, fatto sta che si tratta di turisti di bassa, bassissima levatura e ancor più infima educazione.
Cominciamo col dire che qui prevale la cosiddetta formula mordi e fuggi: essendoci uno sproposito di noleggio barche e tour della costa, arrivano per fare un'escursione delle grotte e una nuotata, tuttalpiù una passeggiata sul lungomare, e poi vanno via. Ora, il turista di questa tipologia, a quanto pare, ha un unico obiettivo: non spendere un euro in più oltre al prezzo del biglietto del tour. Il che, capirete, ha diversi corollari, tutti empiricamente dimostrati da anni di osservazioni, che andrò adesso ad elencare.
1) Il turista di cui sopra mangia spesso sulle panchine del lungomare. Potete trovarlo di sera, ancora bagnato e in costume, che fagocita un panino mentre i figli si rincorrono urlanti facendo cadere pezzi di pane per ogni dove. I villeggianti li osserveranno basiti dalle finestre aperte, ma loro non faranno una piega, tuttalpiù si faranno una canna. Oppure, se siete fortunati, li troverete all'ora di pranzo mentre scaricano dalla station wagon un tavolino pieghevole e qualche sedia da disporre sul lungomare per gustare lo stanato di pasta al forno.
2) Il turista di cui sopra, sempre lui, cerca in tutti i modi di non pagare neppure il parcheggio. Sarà per questo che, se gli capita di trovarlo aperto, piazzerà la macchina nel cortile di casa vostra e sparirà, sprezzante del pericolo, per tre quattro ore a farsi il bagno. Ovviamente non l'avrà fatto apposta, è che, vi spiegherà quando alle tre del pomeriggio suonerà al vostro campanello chiedendo di farlo uscire, mica aveva notato che c'era una sbarra.
3) Il turista eccetera eccetera non conosce il significato di proprietà privata per cui, oltre a parcheggiare l'auto nei cortili di chiunque gli capiti sotto tiro, se trova una porta di casa aperta, o persino socchiusa, entra senza problemi chiedendo se la casa sia in affitto o dichiarando di averla scambiata per un locale aperto al pubblico. Non si farà remore a cambiarsi nel cortile di casa vostra (sempre quello), o a sostare lì nottetempo per chiacchierare ad alta voce e lasciare un cadeau di bottiglie vuote.
4) E qui veniamo alla perla delle perle. Il turista mordi e fuggi, quel disgraziato, manco i soldi di un caffé per usufruire del bagno del bar è disposto a pagare. Se proprio gli scappa un bisogno corporale, vedendo che il portone di casa vostra, che si apre per giunta su un cortile privato (sì sempre lo stesso!), è sufficientemente appartato e lontano da sguardi indiscreti, penserà sia meglio farvela sulla soglia di casa. Però, siccome la mamma e il papà gli hanno almeno insegnato a pulirsi, per regalo vi lascerà anche il fazzolettino sporco. Il che mi fa pensare che forse sono io la stupida che, ogni volta che siamo fuori e i miei bimbi hanno bisogno del bagno, pago una consumazione al bar. A saperlo che c'erano questi metodi alternativi...
E invece no, perché se c'è una cosa che ho imparato viaggiando, è il rispetto per il posto in cui mi trovo, perché quando sei a casa d'altri, devi trattarla anche meglio della tua. E rispettarne norme, usi e costumi.
Prima di uscire di casa, bisognerebbe introitare queste poche, semplici regole.
Altrimenti fatevi e fateci un piacere, statevene a casa vostra.

P. S.
Per la redazione di questo post, i cui esempi sono tratti da fatti realmente accaduti, nessun turista è stato maltrattato, semmai è il turista che ci ha maltrattato. 

venerdì 23 agosto 2019

Il prigioniero del cielo

A poco più di un anno dalla fine de L'ombra del vento, ritroviamo Daniel Sempere nella libreria di famiglia, sempre coadiuvato dal fedele Fermìn. Sposato con Bea e padre di un figlio, la sua vita sembra incanalata lungo un binario tranquillo quando due eventi lo porteranno nuovamente a percorrere le strade di Barcellona in cerca di risposte e di indizi.
Il primo campanello d'allarme arriva da una lettera con cui l'ex fidanzato di Bea cerca di riallacciare un relazione con la donna, lettera che Daniel trova per puro caso e che lo lascia nel dubbio sulle intenzioni della moglie; la seconda minaccia ha le fattezze di un brutto ceffo che acquista un romanzo nella libreria Sempere con la richiesta di consegnarlo a Fermìn, con tanto di misteriosa dedica.
Da questo episodio scaturirà un avventuroso flashback, con cui Fermìn che, per dirla alla Montalbano, sul suo passato aveva raccontato solo una mezza messa, ci porterà nientemeno che nella fortezza del Montjuic negli anni della guerra civile. Il racconto della prigionia di Fermìn è in realtà il filo che riannoda tutti e quattro i volumi della serie del Cimitero dei libri dimenticati, perché proprio in quel carcere Fermìn, anni prima, aveva incontrato David Martìn, il protagonista de Il gioco dell'angelo, e sempre da lì era stato gettato il seme della sua futura amicizia con Daniel.
Di più non si può raccontare, perché se L'ombra del vento aveva le fattezze di un romanzo concluso in cui ogni personaggio trovava un degno finale (e addirittura venivano anticipati fatti che sarebbero stati sviluppati nei libri successivi), Il prigioniero del cielo, pur risolvendo i due misteri di cui sopra, sembra più un racconto che getta un ponte verso l'ultimo capitolo della serie, aprendo molti interrogativi e lasciando intendere che ogni personaggio, anche quelli secondari, ha una sua storia che da un momento all'altro potrebbe balzare in primo piano.
Rispetto a L'ombra del vento, Il prigioniero del cielo è sicuramente meno "gotico" e anche l'elemento del mistero è più annacquato, non fosse altro perché la storia di Fermìn già sappiamo come andrà a finire (ve l'ho detto, L'ombra del vento anticipava tanti dettagli sul futuro dei nostri protagonisti). Qui è la componente avventurosa a farla da padrona, e in effetti i rimandi al Conte di Montecristo sono più che azzeccati, ma non solo. Man mano che ci si addentra nella storia, che i fatti apparentemente disgiunti appaiono collegati e Zafòn getta semi di interrogativi pronti a sbocciare da un momento all'altro, il lettore intuisce che il terreno è pronto per qualcosa di più grande, per un'altra indagine come quella su Carax, ma stavolta definitiva. E' Il labirinto degli spiriti, il capitolo finale che si prospetta foriero più che di risposte, di colpi di scena.
Anche su aspetti su cui, fino a questo momento, il lettore non ha prestato granché attenzione.

Il prigioniero del cielo di Carlos Ruiz Zafòn, Mondadori, traduzione di Bruno Arpaia

Questo post partecipa al Venerdì del libro di HomeMadeMamma

martedì 20 agosto 2019

Il giro di boa

Il giro di boa dell'estate si misura con luci ed ombre, col caldo e col fresco.
Il giro di boa dell'estate è il lungomare che fino a una settimana prima alle sette di sera era impraticabile per il sole e l'afa e che adesso alle sette e mezza è quasi al buio.
Il giro di boa dell'estate è l'ombra in giardino che fa un percorso più breve e arriva in anticipo.
Il giro di boa dell'estate sono i teli mare lasciati ad asciugare sulla ringhiera, ancora umidi a fine giornata.
Il giro di boa dell'estate è il sole che si avvicina alla superficie del mare, per preparare i ricami luminosi di settembre.
Il giro di boa dell'estate sono i colori conquistati dai miei bambini: la pelle imbrunita dal sole, i capelli dalle cangianti sfumature platinate.
Il giro di boa dell'estate è già arrivato.


mercoledì 14 agosto 2019

On parle pas francais?

Un pomeriggio come tanti al paesino, ora del tramonto. I bambini giocano sulla spianata di cemento, i maschi a calcio, le femmine sulle giostre.
Io e la mia amica sostiamo là davanti con i rispettivi cani al guinzaglio.
Si avvicina una ragazza, non avrà nemmeno 20 anni, e, indicando la cagnolina della mia amica, le rivolge una domanda.
"Come?" risponde lei.
Di nuovo, la ragazza chiede in una lingua che nessuna di noi afferra.
"Scusa, non ho capito" dice la mia amica.
"On parle pas francais?" ci chiede, e stavolta capiamo.
"No" diciamo in coro, gentile lei, incredula io.
La ragazza ci osserva perplessa, il suo stupore che si riflette su di noi e le torna amplificato per due.
"Ah" dice e va via. 
E in quei pochi secondi di silenzio imbarazzato una vocina perfida che ogni tanto aleggia nella mia mente, ma alla quale tendo a non dare ascolto, mi sussurra "But we can speak english if you want!".
Ma è solo un sussurro che come sempre rimarrà inascoltato. Anche se a dirla, quella frase, secondo me sarebbe stato divertente.

lunedì 12 agosto 2019

Call center

Ed ecco un altro numero che si aggiunge alla lista nera. No, non è una carta dei tarocchi, ma una funzione salvavita del mio cellulare che da un mese a questa parte, da quando ogni giorno vengo subissata da telefonate dei call center, mi permette di bloccare i numeri (e le chiamate) indesiderate.
Che poi mi chiedo perché continuino a insistere, ormai non rispondo neanche più. Cerco il numero su Internet e appurato che si tratta di un call center lo blocco subito.
Ma loro continuano imperterriti per tre volte al giorno o più, nonostante la chiamata venga bloccata sul nascere.
E' un mercato ben strano quello dei call center. In un'economia che non tira, mi chiedo quanto si possa pagare una persona per continuare a fare telefonate infruttuose. Forse non viene pagata affatto e allora c'è da chiedersi perché accettare un compito così ingrato. Che io,  incapace di essere scortese, quelle poche volte che rispondo ingannata da un numero mobile, ormai mi diverto a precedere le loro offerte e a stroncarle sul nascere.
Come con la solita storia che mi chiamano per conto del mio operatore telefonico per avvertirmi dell'aumento in bolletta dovuto alla fine della promozione. All'ultimo che ha provato  rifilarmi questa truffa, perché di truffa si tratta, non l'ho fatto neanche parlare e gli ho detto subito che non avendo nessuna promozione attiva, non mi potevano togliere nulla. Il tipo si è inalberato, "Come non ha nessuna promozione?" diceva indignato (lui!), però dopo mi ha chiesto "Ma lei ce l'ha la linea fissa?". Forse anziché zittirlo avrei dovuto spiegargli che era il quindicesimo operatore che in quattro mesi mi propinava questa storia.
Che poi mi chiedo com'è che ci finiamo in questo girone dantesco dei call center. Che giri hanno fatto i nostri numeri per finire periodicamente in questa folle lotteria dove vinciamo sempre e comunque valanghe di telefonate indesiderate?
E' lecito tormentare la gente, spingerla in tutti i modi, e quando dico tutti intendo specialmente quelli truffaldini, a cambiare operatore telefonico, gestore di luce e gas, attivare un abbonamento Tv,  senza che abbiano mai manifestato interesse a farlo?
Per non parlare di quelli che parlando un italiano stentato su una linea che frigge come un uovo al tegamino, per prima cosa, nel presentarsi, si premurano di dirti che chiamano dell'Italia. Ma che credibilità hai, dico io? Come pensi che io possa fidarmi della tua offerta di trading on line? Che, insomma, se proprio avessi del denaro da investire, non è che lo affiderei al primo sconosciuto che mi chiama. Eppure, incredibile ma vero, per quanto siano falsi come una banconota da un euro, son riusciti a truffare tante persone. Sarà anche perché quando dici che non sei interessato cominciano a farti sentire uno sciocco che non capisce niente.
Mi chiedo spesso se questo sia un male solo italiano o se il tormento quotidiano dei call center sia merce comune anche all'estero. Perché a pensarci bene, un Paese dove sono accettate forme di mercato di questo tipo, è un Paese malato, senza regole e senza istituzioni capaci.
E allora poi ti spieghi perché uno vada a lavorare in un call center.