Ho iniziato la lettura dell'Idiota con l'acquolina in bocca: il pasto sarebbe stato impegnativo, lo sapevo, perché ci sono cibi che richiedono palati allenati ai sapori più insoliti, ma il risultato finale mi avrebbe più che soddisfatto, almeno leggendo i pareri di chi questo romanzo lo aveva affrontato prima di me.
Dostoevskij non è facile, e questo è noto, può risultare a tratti pesante da mandare giù, ma la spesa vale sempre l'impresa e così anche quando le prime difficoltà mi hanno fatto vacillare ho tirato dritto, certa che ne sarei stata ripagata da quel pensiero denso e ricco che vale la scalata.
Devo ammettere, però, che sono arrivata alla fine delusa e stremata, trascinata solo dall'orgoglio e da una forza di volontà messa a dura prova. Da questa storia del principe Myškin, tornato in Russia dopo un periodo in Svizzera per curare la sua epilessia, da qui l'epiteto idiota che più di uno gli affibbia, non sono riuscita a cavare un senso.
Nel viaggio in treno che lo riporta a Pietroburgo, il principe fa la conoscenza del passionale e inquietante Rogožin che ha perso la testa per Nastas'ja Filippovna, giovane bella e perduta di cui il principe si innamora al solo vederne il ritratto.
Arrivato in città ramingo e senza un soldo, Myškin va a trovare il generale Epančin, che ha sposato una sua lontana parente. Sebbene non si siano mai visti prima, il principe col suo bel parlare e con l'animo buono, ispira subito simpatia alla generalessa e alle sue tre figlie che, nonostante ribadiscano sempre e comunque che si tratti di un idiota, decidono di accordargli la loro amicizia e protezione.
Sarà comunque un'eredità da un parente lontano e quasi sconosciuto (di quelle che succedono solo nei romanzi, ma mai nella vita vera), a dare stabilità economica al principe che, per una serie di eventi, cercherà di sposare Nastas'ja per salvarla dalla perdizione. Da qui la narrazione si sposta nel tempo e nello spazio, per portarci a Pavlovsk, una località di villeggiatura dove Myškin ha affittato una dacia vicino agli Epančin. Sappiamo che Nastas'ja ha rifiutato di sposarlo, è andata da Rogožin, poi è tornata dal principe, poi di nuovo da Rogožin promettendo di sposarlo nonostante sia consapevole che quell'uomo sarà causa della sua rovina. Nel frattempo il principe si innamora di una delle figlie degli Epančin, la bella e capricciosa Aglaja e tra bigliettini e lettere, false richieste di risarcimento e tisici melodrammatici arriviamo, forse, al fidanzamento tra i due. Sembra quasi fatta, quando Aglaja decide per un chiarimento con Nastas'ja, che nel frattempo l'ha scongiurata di sposare il principe.
E qui, attenzione allo spoiler, succede la frittata, perché il principe, che pare ami entrambe, alla fine decide di salvare Nastas'ja sposandola. Aglaja fugge oltraggiata, Nastas'ja trionfa lieta sulla rivale e Rogožin sparisce, salvo tornare per il gran finale. Il matrimonio, poi, non ci sarà, e almeno questa sorpresa la risparmio a chi vorrà leggere il libro, e tutti i protagonisti, Aglaja compresa, saranno destinati a una conclusione che definire triste è un eufemismo.
Raccontato così, l'Idiota sembra quasi movimentato, ma in realtà la trama è lentissima, inframmezzata da episodi che non fanno che rallentarla e contribuire a confondere un lettore che già è sufficientemente confuso sul senso dell'intera storia. Ho chiuso le pagine continuando a lambiccarmi il cervello sul significato profondo della trama (perché quello superficiale già sfugge alla logica umana). Ovunque si vada a cercare, i paragoni tra il principe Myškin e Cristo la fanno da padroni. Il principe è il paradigma dell'uomo buono, dell'uomo che porta dentro di sé lo splendore di una bellezza che "attira e respinge allo stesso tempo".
Neanche le recensioni e le critiche più autorevoli sono riuscite tuttavia a chiarirmi il senso del libro, né tanto meno a restituirgli, ai miei occhi, quella bellezza di cui tanti parlano. Un po' me ne dispiaccio, mi sembra di aver perso un'occasione, di non aver centrato il bersaglio, d'altro canto non so davvero di cosa accusarmi, se non di non arrivare a comprendere quello che invece per altri pare sia lampante.
Se tuttavia qualche lettore che ha letto e capito il libro volesse condividere con me il suo parere, ne sarò ben lieta. Magari darò così un senso a qualcosa che per ora, per me, "un senso non ce l'ha".
L'idiota, di Fëdor Dostoevskij, Newton Compton Editori, traduzione di Federigo Verdinois
Questo post partecipa al Venerdì del libro di HomeMadeMamma