Un bel po' di anni or sono il padre di un mio amico, all'epoca insegnante di scuola media, si trovò davanti alla difficile decisione di bocciare un alunno che meritava sì di essere fermato, ma che era figlio di un delinquente del paese. Bè diciamola, tutta, era proprio affiliato a una nota organizzazione malavitosa e, insomma, il padre del mio amico temeva che una bocciatura avrebbe potuto scatenare rappresaglie. Senonché, durante il colloquio scuola famiglia, il padre del ragazzo, comprendendo la scarsa propensione del figlio allo studio, invitò l'insegnante a non avere scrupoli e a bocciarlo. Narrano le cronache che il padre del mio amico seguì il consiglio del genitore e proseguì serenamente la sua carriera.
Altri tempi. Oggi basta un rimprovero e il povero insegnante se è fortunato deve pagarsi un avvocato, altrimenti, bé...almeno le cure in pronto soccorso sono gratuite.
Cos'è cambiato, cos'è che ha reso la scuola, e i professori, meno autorevoli?
Una dose di responsabilità ce la dobbiamo prendere noi genitori. A un certo punto della sua carriera di insegnate di scuola media, mia madre non vedeva l'ora di levare le tende, non tanto per gli alunni, quanto per i genitori, diceva.
Un tempo si affidavano i figli ai maestri con la grata certezza che li avrebbero formati col loro sapere. Oggi, diciamocelo, non è sempre così, e alzi la mano chi almeno una volta non ha dubitato delle scelte (e delle capacità) didattiche di un insegnante dei propri figli, quando non le ha addirittura criticate davanti a loro. Degli insegnanti si ha, per vari motivi, sempre meno rispetto, e questo aspetto si tramanda dai padri ai figli.
Ci sono, certo, le dovute differenze. Un'amica mi raccontava che quando lavorava a Verona, i genitori dei suoi alunni prendevano sul serio i richiami rivolti ai ragazzi, mentre da quando è tornata nella nostra provincia, gli alunni sono i primi che se la ridono se lei invia una nota scritta ai genitori e questi ultimi, sempre che si prendano la briga di andare a parlarle, sono sempre pronti a giustificare i figli. Probabilmente il fatto che prima insegnasse in una scuola della buona borghesia veronese e oggi in dei paesoni di periferia ha il suo peso, però, chissà.
C'è poi una perdita di autorevolezza che va imputata alla scuola stessa, rea di aver accorciato le distanze tra professori e alunni in maniera troppo disinvolta. Per carità, non rimpiango i maestri che infliggevano punizioni corporali o che semplicemente terrorizzavano gli scolari con uno sguardo, ma oggi si esagera in un buonismo senza senso, al punto che ho visto insegnanti tremare se venivano scoperte ad alzare un po' la voce con alunni terribilmente maleducati.
Oggi alle insegnanti si dà del tu, si risponde con ironia (se non con insolenza), si trattano come le amiche della mamma, dimenticando una cosa: che non sono zie affettuose, amiche, né tantomeno figure materne. Sono insegnanti.
Cosa dovrebbe fare la scuola per ristabilire i ruoli? Non lo so. A me sembra che i professori abbiano armi spuntate, se adesso anche bocciare è diventato tabù. Che poi qual è la ratio di questa scelta? Forse che non "costringendo" i ragazzi a studiare compiranno più volentieri il loro dovere? Sarebbe come dire che da domani aboliamo le contravvenzioni e i punti sulla patente, certi che questa botta di fiducia porterà i guidatori a essere più responsabili. Sì, certo, crediamoci.
Tra l'altro, io di insegnanti incattiviti che provano gusto a bocciare non ne ho mai conosciuti, anzi, ho sempre notato uno spirito opposto. La bocciatura è una scelta sofferta, fatta in casi estremi, quando non rimane altra scelta. Del resto, il diploma "d'ufficio", a che serve?
Cari ministri, ma voi vi fareste mai curare da un medico che all'università non era obbligato a studiare e che ha superato gli esami perché lo stabilisce la legge? Pensiamoci.